Cos’è la Digital Disruption, un cambiamento radicale per le pmi

 Cos’è la Digital Disruption, un cambiamento radicale per le pmi

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#DigitalTalk con Fabio Parolini, (@FParolini) Communication Manager e Digital Strategist dalla “penna” facile.

Digital Disruption è un neologismo che ci perseguita da qualche anno, ma non è una parolaccia!
Si tratta del cambiamento che avviene nel momento in cui le nuove tecnologie digitali e i modelli di business sviluppati con esse, influenzano il valore aggiunto, la value proposition di prodotti o servizi esistenti.
La rapida ascesa nell’utilizzo dei dispositivi mobili per uso personale e lavorativo, ha aumentato il potenziale della Digital Disruption per molti settori. Un esempio concreto sono Amazon o Sky Online, che hanno cambiato radicalmente i settori dell’intrattenimento e della comunicazione, modificando le metodologie di accesso ai contenuti, e la monetizzazione della pubblicità. Persino la televisione, è oggi costretta ad adottare un approccio multi-canale per ottenere profitti dai propri prodotti.
Come può influire questo cambiamento sulle pmi italiane?

«2015. Ci troviamo oggi ad affrontare un cambiamento notevole. Cambiamento che ci vede protagonisti day-by-day. Ci siamo dentro: non possiamo certamente negare o ignorare questo ‘passaggio’ che vede ogni persona al centro. Possiamo tradurre il termine Digital Disruption in sconvolgimento digitale. Uno sconvolgimento che non cancella bensì si ‘prende cura’ della semplificazione dei processi, metodi, flussi lavorati ed utilizzati fino ad oggi semplificando la vita degli utenti, delle persone. La Digital Disruption chiama in gioco la psicologia del nostro ‘IO’ aiutando / chiedendo al nostro cervello di produrre in ogni istante nuove idee, sviluppando nuovi prodotti con un costo inferiore e con tempi di sviluppo più brevi. Cambia il concetto di consumatore. Sono le Risorse Umane ad avere la meglio in questo cambiamento: è da loro che partono i nuovi concetti di organizzazione, collaborazione, importanza del dipendente.
Dalla Rivoluzione Industriale alla Rivoluzione Digitale. 200 anni c.a. Anni di cambiamenti e di cambiamento. Due concetti differenti e distinti che hanno portato modifiche non indifferenti. La Rivoluzione Digitale sta, oggi, cambiando completamente lo status quo delle aziende. C’è un solo modo per ‘vivere’ e non ‘subire’ il cambiamento: affrontare il digitale monitorando costantemente la rete con grande attenzione creando network e facendo engaging con persone e contenuti. Vita digitale e vita reale non sono più da considerarsi due entità distinte: viaggiano in parallelo.
Le pmi, a differenza dei grandi colossi, hanno sempre lavorato e sviluppato il proprio business con cura ed attenzione coltivando – il più delle volte – il proprio ‘orto’ perché reduci di un’educazione ed una formazione / insegnamento che, fino a qualche anno fa, era perfettamente in linea con il periodo in cui ci trovavamo a vivere. Ora non è più possibile aggrapparsi al concetto ‘abbiamo sempre fatto così’ perché il rischio è quello di – come abbiamo visto in questi anni – cadere, chiudere: quello che chiameremmo disastro imputando la colpa solamente a coloro che governano il nostro paese. L’impegno è di tutti! Da chi governa all’imprenditore che deve prendere tra le mani la situazione e farla ‘propria’ pensando all’innovazione, alla modalità con cui valorizzare il proprio personale, alla semplificazione dei processi. E allora bisogna cambiare il modo di fare impresa. Le pmi hanno, per differenti fattori, paura. Paure in linea con quanto ci troviamo quotidianamente a combattere. Paura degli investimenti. Paura della formazione. Paura della collaborazione con gli altri. Paure comuni anche ai grandi colossi che, invece, vivono questo timore con il ‘cambio’ del modello organizzativo interno: non è più ammesso lavorare in Business Unit, in silos: ogni azienda deve investire nella creazione di un hub per produrre sinergia tra i settori che compongono l’azienda. Comunicazione, Collaborazione, Condivisione: le 3C del nuovo modello di Marketing che portano oggi valori e fatturato in azienda. Con la Digital Disruption, le pmi devono imparare a snellire lavoro, processi …».

Ma un imprenditore, che oggi si trova a “combattere” contro la globalizzazione, a  cercare di “dribblare” questa crisi, come può fare i conti anche con questo cambiamento? Da dove bisogna partire?
Hai parlato di educazione, di formazione per le imprese. Sono convinto che sia proprio da qui che bisogna partire, cercando di colmare il gap che le aziende italiane hanno nei confronti del digitale. Il Digital Divide, un’altra parolaccia? Già da qualche anno questo concetto è associato alla banda larga, ma come possiamo offrire strumenti potenti alle aziende, se manca la cultura del digitale?
A mio parere la Digital Disruption non dovrebbe influenzare solo prodotti e servizi, ma gli imprenditori stessi. Se c’è una cosa molto chiara che traspare dall’utilizzo dei social media, è che le aziende sono fatte di persone, oltre che di prodotti. Forse qualcuno se lo era dimenticato.

«L’imprenditore – oggi – deve tracciare, mappare cosa fino ad ora è successo alla / nella propria azienda e analizzare, studiare ‘cosa vuole fare da grande’. Uno step importante che ogni imprenditore è chiamato a fare: prestare attenzione. Un attenzione particolare perché sono gli obiettivi a dar vita a questo grande cambiamento. L’obiettivo è possibile ‘vederlo’ sotto due aspetti differenti: quotidiano e futuro. Dice Andrea Angiolini presidente della Commissione Digitale il futuro non si può immaginare e nessuno sa cosa può succedere da qui a due o tre anni; occorre individuare la prossima mossa ragionevole, che non deve essere necessariamente rivoluzionaria ….

Si, ho fatto accenno a due termini che mi stanno molto a cuore quando parlo di Digitale e cambio di Strategia Aziendale: Educazione e Formazione. Le imprese hanno bisogno di affiancamento. E’ un passaggio importante. Le imprese, gli Imprenditori non hanno bisogno solamente di nozioni ma di qualcuno che accompagni loro a fare ‘i primi passi’ proprio come l’adulto lo fa nei confronti dei propri figli quando cominciano ad aggrapparsi a ‘oggetti’ e … muovere i piedini. Non si può – inoltre – pensare che i primi passi, siano sempre i migliori e quelli che ci permettono di esser stabili … perché è l’esperienza che ti fa correre e ti crea ‘campione’.

Il Digitale è arrivato alla velocità della luce: se torniamo indietro di qualche anno nel campo del Mobile (per esempio) siamo partiti con le vendite dei cellulari: evoluzione durata anni … fino a quando il mercato ha cominciato a proporre ai suoi consumatori lo smartphone – sono passati diversi anni; al contrario, invece, (in un tempo ristretto) siamo passati dallo smartphone all’Internet of Things (intesa come l’evoluzione degli strumenti e quindi si parla di smart cities, smart building, …) parte dell’Internet of Everythings (intesa come l’evoluzione digitale dell’intera società e quindi … scuole, città, imprese …), alla Wearables Technology trovandoci oggi a combattere e vivere con i Big Data, gli Analytics, etc … non si smette mai di imparare e mi piace ricordare una frase che nel quotidiano contribuisce alla mia crescita Chi si ferma, è perduto!

Esiste, quindi, un gap formativo e mentale nelle aziende italiane: spesso si vive talmente bene nel nostro habitat che non ci preoccupiamo di quello che ci sta intorno e guardiamo all’esterno solamente quando siamo obbligati: il giusto comportamento non è quello di chiudersi mai tra le quattro pareti del proprio ufficio ma di vivere all’interno di ‘open-space’ perché il giusto atteggiamento per apprendere e imparare, è quello di collaborare e scambiare le idee e quando una persona impara, la cosa più bella è il ‘contagiare’ gli altri. Nessuno deve sentirsi escluso e nemmeno inappropriato in questo passaggio. Il Digitale si apprende; si impara. Bisogna aprire la mente e spalancare gli occhi! Mettersi a disposizione.

Lo Stato e i grandi colossi, stanno facendo dei grandi passi con la Collaborazione così da dare opportunità ad aziende e privati di approcciare al mondo del Digitale con minor fatica e massima resa, massima produttività. Penso alle attività di Telecom Italia, alla formazione che CISCO sta portando all’interno delle scuole, alla creazione di spazi Co-Working, al lavoro di Innext e Google nelle piattaforme di Collaborazione e di Enterprise Social Network per aziende pubbliche e private, alla banda larga e ai nuovi contratti Mobile … e a tanti altri che si trovano a combattere mettendo sempre al primo posto bisogno e necessità delle persone: tutto questo è poco? Siamo un Paese ‘arrivo tardi’ al Digitale e non possiamo certamente negarlo ma stiamo trottando: tra poco, anche noi galopperemo pagando – di sicuro – questo distacco ma sono convinto che questa non sia una gara quanto raggiungere l’obiettivo finale di un approccio corretto.

Hai certamente ragione! Il core delle aziende si è spostato dai prodotti e servizi, alle persone. Ma perché? Il concetto è molto semplice: nel momento in cui una persona si sente a casa, considerata, capita, valorizzata … e vive il proprio posto di lavoro non come ‘impegno e/o obbligo’ ma come parte della propria vita, della propria giornata allora la produzione si alza e di conseguenza la chargeability, la produttività, fino a contribuire all’aumento del fatturato, del capitale aziendale. Siamo quindi passati da un concetto di B2B a H2H: la persona al centro di ogni cambiamento!

È per questo che dobbiamo tenere monitorati 3 fenomeni importanti:

  1. Il mondo Digitale e il mondo reale – vita lavorativa e vita privata – viaggiano sempre più sulla stessa linea e in modo parallelo integrando i ‘processi di vita’ e di acquisto con l’utilizzo dei Mobile devices;

  2. Aiutare il cliente – customer experience – ad aumentare la propria ‘esprienza’ di acquisto

  3. Big Data: acquisire, gestire, monitorare, organizzare, elaborare, interpretare le enormi quantità di Dati Digitali che ogni azienda possiede così da rendere il tutto disponibile alle persone».

Se volessimo riassumere il tutto in un tweet, potremmo dire così: “Non servono #rivoluzioni per correre nel #digitale, ma uscire dalla #comfortzone a piccoli passi: questo un primo segnale di #cambiamento”.
Credo che in questo noi professionisti abbiamo l’obbligo di aiutare gli imprenditori ad intraprendere questi primi, piccoli passi, possibilmente cercando di essere un po’ più concreti e meno faraginosi nei concetti.

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