Unimpresa: occupazione in salita, ma aumentano i contratti precari

Crescita debole, consumi stagnanti, lancio in frenata, ma potere d’acquisto ancora lontano dai livelli pre-crisi. Il 2025 dell’economia italiana si apre all’insegna di una ripresa troppo lenta per essere sostenibile. E il mercato del lavoro, pur in miglioramento quantitativo, continua a mostrare segnali di fragilità strutturale». È quanto emerge da un’analisi del Centro Studi di Unimpresa, secondo cui il prodotto interno lordo italiano crescerà nel 2025 in un range compreso tra lo 0,7% e lo 0,9%, confermando il rallentamento della domanda interna e il venir meno dell’effetto trainante del Pnrr. La spesa per consumo delle famiglie resta debole, mentre gli investimenti fissi lordi sono in calo, penalizzati da condizioni finanziarie ancora restrittive: i tassi d’interesse elevati continuano a frenare l’accesso al credito, in particolare per le piccole e medie imprese. «I dati mostrano un’Italia che cresce, ma troppo lentamente, con un mercato del lavoro polarizzato tra occupazione stabile e segmenti ad alta rotazione, e con forti squilibri territoriali e demografici. Servire un intervento strutturale per rafforzare la produttività, sostenere gli investimenti, e legare in modo sistemico la crescita occupazionale alla qualità del lavoro e alla formazione professionale. Senza una vera strategia nazionale di rilancio, il rischio è che il Paese si adagi su una stagnazione prolungata, mascherata da indicatori di superficie positivi ma incapaci di produrre sviluppo reale e duraturo» commenta il direttore generale di Unimpresa, Mariagrazia Lupo Albore.

Secondo il Centro studi di Unimpresa, il dato sull’inflazione, stimato all’ 1,3% su base annua, rappresenta una discesa significativa rispetto ai picchi del 2022-2023, ma non è ancora sufficiente a restituire pienamente il potere d’acquisto eroso nell’ultimo biennio. Gli orari salariali contrattuali cresceranno nei media del 3,1%, ma rimane uno scarto di circa 11,7 punti percentuali rispetto all’acquisto cumulato precedente, rendendo la ripresa salariale solo parziale. Il mercato del lavoro mostra una crescita dell’occupazione dell’1,5% nel 2024, con oltre 24 milioni di occupati e un tasso di occupazione al 62,2%. Tuttavia, il precariato resta diffuso: l’ 84% delle nuove attivazioni nel 2024 riguarda contratti a tempo determinato e 1 contratto su 3 ha una durata inferiore ai 30 giorni. Il tasso di inattività rimane elevato, soprattutto tra le donne (42,4%) e nel Mezzogiorno (43,9%), confermando le difficoltà di inclusione di ampie fasce della popolazione attiva. Allarmante anche il dato sulla cassa integrazione guadagni, che nel 2024 ha raggiunto 9,5 ore ogni mille ore lavorate, in aumento rispetto alle 7,7 ore del 2023 , segnale di una produttività discontinua e di un sistema industriale ancora vulnerabile agli shock. Sul fronte della produttività, infatti, il rapporto segnala una flessione del 2,5% nel 2023, cui fa seguito una sostanziale stagnazione nel 2024, a causa dell’aumento delle ore lavorate (+2,7%) non accompagnato da un corrispondente aumento del valore aggiunto (+0,2%).

Nel 2025 l’economia italiana si muove lungo un sentiero stretto, fatto di segnali moderatamente positivi sul fronte occupazionale e allo stesso tempo di profonda fragilità strutturale. L’inflazione, in rallentamento, si attesterà attorno all’1,3%, un dato che consente una parziale ricostruzione del potere d’acquisto eroso nel biennio 2022-2023, ma che non basta a stimolare i consumi interni, ancora deboli. Gli investimenti fissi lordi rallentano, anche per il venir meno dell’effetto propulsivo del Pnrr e per condizioni finanziarie ancora rigide a causa dei tassi d’interesse elevati, che limitano l’accesso al credito, soprattutto per le piccole e medie imprese. Sul fronte del lavoro, l’occupazione aumenta, superando i 24 milioni di occupati, con una crescita dell’1,5% nel 2024 e un tasso complessivo di occupazione che vendita al 62,2%, ma questa tendenza positiva è controbilanciata da un utilizzo ancora eccessivo di forme contrattuali precarie: l’84% delle nuove attivazioni resta a termine e un contratto su tre dura meno di un mese. L’inattività rimane molto alta, soprattutto tra le donne e nel Mezzogiorno, a dimostrazione che le barriere strutturali all’accesso al lavoro restano irrisolte. A livello salariale, si registra un aumento del 3,1% dei minimi contrattuali orari, superiore all’ attesa in attesa, ma insufficiente a colmare il gap accumulato negli anni precedenti, quantificabile in oltre 11 punti percentuali. Il mercato del lavoro, insomma, cresce in quantità ma non in qualità: il ricorso alla cassa integrazione guadagni aumenta, toccando quota 9,5 ore ogni mille ore lavorate, a conferma di una struttura produttiva ancora fragile e discontinua. Le incertezze internazionali, le tensioni geopolitiche, la volatilità dei costi energetici e il calo demografico rappresentano fattori di rischio che continuano a pesare sul quadro prospettico del Paese.

«La ripresa è troppo debole per affrontare le sfide del futuro. È necessario rilanciare la produttività attraverso politiche industriali incisive, sostenere gli investimenti innovativi, rafforzare la contrattazione collettiva di qualità, integrare in modo strutturale le politiche attive del lavoro e avviare una riforma fiscale e previdenziale in grado di contrastare l’invecchiamento della popolazione e rilanciare la partecipazione al mercato del lavoro. Senza un cambio di passo deciso, l’Italia rischia di restare intrappolata in una stagnazione protratta, con impatti negativi su occupazione, salari, consumi e finanza pubblica» spiega il direttore generale di Unimpresa.

Immagine di pch.vector su Freepik

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