Manifattura e cyber resilience: costruire una cultura della sicurezza a prova di futuro

Con la crescente digitalizzazione dei processi produttivi e delle supply chain, il settore manifatturiero è diventato uno degli obiettivi principali dei cybercriminali. Per il terzo anno consecutivo, rappresenta il comparto più colpito a livello globale, con il 25,7% degli attacchi e una netta prevalenza di ransomware, coinvolti nel 71% dei casi. Una violazione può bloccare completamente la produzione e innescare un effetto domino lungo l’intera catena del valore. In questo scenario, costruire una cultura della cyber resilience — che integri tecnologie avanzate, consapevolezza diffusa e un approccio prevention-first — è oggi una priorità strategica.

Comprendere la vulnerabilità del settore

La digitalizzazione ha connesso strettamente le tecnologie operative (OT) con le infrastrutture IT, ampliando la superficie esposta agli attacchi. Un punto critico è rappresentato dai sistemi legacy ancora operativi in molte aziende, spesso basati su software non più supportati come Windows XP. Questi sistemi, pur essendo centrali per le attività produttive, non possono essere aggiornati facilmente senza interrompere la produzione, con conseguenti perdite economiche e rallentamenti operativi. Questo frena molti investimenti in sicurezza, rendendo le aziende bersagli ideali.

A questo si aggiunge l’interconnessione estesa con fornitori, distributori e terze parti. La natura collaborativa del settore amplifica il rischio: una singola violazione può estendersi rapidamente e compromettere interi processi produttivi o relazioni commerciali. Rafforzare la cyber resilience significa quindi proteggere non solo sé stessi, ma anche l’ecosistema di cui si fa parte.

La leadership al centro della sicurezza

La cyber resilience si fonda su tre pilastri: preparazione, risposta e recupero, con un’attenzione costante alla continuità. Affinché funzioni, è necessario il coinvolgimento diretto del top management. Non basta delegare la sicurezza al reparto IT: serve una strategia aziendale chiara, con risorse dedicate e obiettivi condivisi.

I leader devono promuovere una cultura in cui la sicurezza è responsabilità di tutti. È fondamentale riconoscere e incentivare i comportamenti virtuosi, diffondere le policy in modo chiaro e coerente, e fare in modo che la cybersecurity sia parte integrante della quotidianità aziendale.

Tecnologia e fattore umano: una sinergia essenziale

Strumenti come endpoint security, monitoraggio continuo della rete e piattaforme basate sull’intelligenza artificiale consentono di rilevare comportamenti anomali e reagire rapidamente agli attacchi. Ma la tecnologia, da sola, non è sufficiente.

I criminali informatici colpiscono spesso sfruttando la componente umana, attraverso tecniche di social engineering come il phishing. Per questo, è essenziale attivare programmi di formazione continui, che includano la gestione delle password, l’identificazione delle minacce e l’uso sicuro delle risorse aziendali. È altrettanto importante favorire un ambiente in cui i dipendenti possano segnalare attività sospette senza temere conseguenze, contribuendo così attivamente alla sicurezza collettiva.

Quando tecnologia e consapevolezza lavorano insieme, è possibile costruire una cultura orientata alla prevention-first, capace di anticipare le minacce e agire in modo proattivo, non solo reattivo.

Un framework di riferimento: il NIST CSF

Un valido supporto alla cyber resilience è offerto dal NIST Cybersecurity Framework (CSF), che fornisce un approccio strutturato alla gestione del rischio. La nuova versione 2.0 introduce sei funzioni chiave: Identify, Protect, Detect, Respond, Recover e la più recente Govern. Queste aiutano le aziende a valutare i propri livelli di protezione e colmare eventuali lacune.

Oltre a migliorare la postura di sicurezza, l’adozione di framework riconosciuti consente un allineamento efficace con fornitori e partner. Anche la Direttiva NIS2, applicabile ai settori critici come la manifattura, impone l’adozione di pratiche robuste di gestione del rischio e controlli tecnici obbligatori. Aderire a questi standard non solo protegge da attacchi, ma aiuta a evitare cause legali, sanzioni, danni reputazionali o rifiuti nelle coperture assicurative.

Sistemi legacy: strategie concrete di protezione

Molti produttori si trovano a dover proteggere sistemi obsoleti ma ancora essenziali. In questi casi, misure come l’air gapping — che isola fisicamente i sistemi critici dalla rete — e la segmentazione della rete — che suddivide l’infrastruttura in zone più sicure — possono ridurre drasticamente l’impatto di un attacco. Sebbene l’air gapping non sia sempre sostenibile in ambienti OT moderni, resta una componente utile se integrata in una strategia più ampia.

Anche strumenti di monitoraggio e protezione degli endpoint possono contribuire a mitigare i rischi sui sistemi legacy, garantendo visibilità e risposta tempestiva in caso di incidenti.

La resilienza è un investimento, non un costo

In un contesto in cui ogni interruzione può generare impatti significativi, la cyber resilience non è più un’opzione, ma una condizione essenziale per restare competitivi. Promuovere una cultura della sicurezza diffusa, integrare tecnologie intelligenti, adottare un approccio prevention-first e allinearsi a standard riconosciuti consente di affrontare con consapevolezza le minacce attuali e future.

Resilienza significa tutelare l’operatività, la reputazione e la fiducia dei clienti. Significa costruire un sistema industriale capace di adattarsi e resistere, anche nei momenti più critici. E soprattutto, significa trasformare la cybersecurity in un vantaggio competitivo duraturo.

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