Finanza sostenibile per le PMI: due strumenti, una transizione possibile

La transizione sostenibile passa anche – e soprattutto – per le PMI, ma per accedere a finanziamenti e dialogare efficacemente con il sistema bancario servono strumenti chiari, proporzionati e utilizzabili. Su questo fronte, si segnalano due iniziative chiave: a livello europeo, lo “SME Sustainable Finance Standard” della Piattaforma UE per la Finanza Sostenibile (marzo 2025), e in Italia, il “Dialogo di sostenibilità tra PMI e banche (dicembre 2024) promosso dal MEF in collaborazione con EFRAG e altri stakeholder. Entrambi volontari, mirano a facilitare lo scambio di informazioni ESG tra PMI e finanziatori, ma con approcci e finalità differenti.

Lo standard UE: focus su clima e finanza sostenibile

Il “SME Sustainable Finance Standard” nasce dall’esigenza di rendere accessibile la finanza sostenibile anche alle piccole imprese, oggi spesso escluse per via della complessità normativa e dei costi informativi. Elaborato dalla Platform on Sustainable Finance (PSF), il documento propone uno schema volontario semplificato per classificare i finanziamenti delle PMI come “sostenibili” o “di transizione”.

Il focus iniziale è sul clima: mitigazione e adattamento. Le PMI possono indicare, su base volontaria, il fatturato e gli investimenti green, le emissioni evitate o altri indicatori chiave. L’obiettivo è fornire alle banche dati comparabili, in modo da facilitare l’offerta di green loans, evitando i carichi burocratici della Tassonomia UE. È previsto anche uno strumento online (“Sustainability Checker”) per assistere le imprese nella compilazione.

In sintesi, lo standard UE rappresenta una sorta di ponte operativo tra obiettivi ambientali e accesso al credito, con un linguaggio snello e orientato ai risultati.

Il Dialogo MEF-EFRAG: una guida completa per il dialogo con le banche

Ben più strutturato è invece il “Dialogo di sostenibilità tra PMI e banche”, un documento di stampo nazionale nato per armonizzare le richieste ESG delle banche nei confronti delle PMI. Elaborato dal Tavolo per la Finanza Sostenibile del MEF con il supporto della Commissione Europea, il documento propone un set di 40 indicatori ESG organizzati in 4 aree: cambiamento climatico, ambiente, sociale, governance.

Ogni indicatore è corredato da una guida metodologica, unità di misura, priorità (1 o 2), e corrispondenza con lo standard europeo volontario EFRAG VSME. L’obiettivo è duplice: facilitare lo scambio di informazioni tra banche e PMI e preparare le imprese non quotate ad affrontare un futuro sempre più orientato alla rendicontazione ESG, anche in vista delle pressioni di filiera e delle normative indirette (es. CSRD).

Il documento prevede un approccio proporzionale: le micro-imprese possono limitarsi agli indicatori prioritari (20 su 40), con la possibilità di ricorrere a stime dove i dati non siano immediatamente disponibili.

Complementari, non alternativi

Il confronto tra i due strumenti fa emergere una complementarità naturale: lo standard UE, di respiro europeo rivolto anche a fondi e investitori, definisce quando un finanziamento può essere considerato sostenibile; il documento MEF, di stampo nazionale e focalizzato sul rapporto banca-impresa, indica come raccogliere e comunicare i dati ESG alle banche.

Pur coprendo aree in parte sovrapposte (soprattutto clima e ambiente), i due strumenti operano su livelli diversi: il primo, più mirato e snello per i pochi KPI e la compilazione semplificata, risulta maggiormente accessibile alle PMI che muovono i primi passi, anche grazie all’utilizzo di strumenti digitali, e rappresenta un’etichetta finanziaria utile a facilitare l’accesso alla finanza verde; il secondo, invece, è una griglia di raccolta dati modulare e più completa, che affronta l’intero spettro delle questioni ESG per promuovere standardizzazione e trasparenza, ma che può rivelarsi più onerosa per le PMI meno strutturate, almeno nella fase iniziale.

In altre parole, entrambi gli strumenti condividono l’obiettivo di generare valore attraverso l’informazione ESG, ma il primo abilita le PMI a essere bancabili nella transizione sostenibile, il secondo le forma alla cultura ESG. Insieme, possono offrire un percorso coerente, evitando duplicazioni se ben integrati, riconosciuti e adottati; la loro effettiva utilità dipenderà da quanto il mercato saprà premiare le PMI che li utilizzano e da quanto gli istituti li integreranno nei propri modelli di valutazione ESG.

Criticità dal punto di vista delle PMI

Dal punto di vista delle imprese, emergono alcune criticità comuni:

  • La natura volontaria di entrambi può limitarne la diffusione, se non accompagnata da incentivi o obblighi indiretti.
  • La raccolta dei dati ESG – anche con strumenti proporzionati – può essere onerosa per micro e piccole imprese prive di personale dedicato.
  • La frammentazione normativa e la possibile proliferazione di standard (EFRAG, PSF, MEF, richieste di filiera) possono creare confusione e duplicazioni.
  • I benefici concreti (accesso a credito migliore, nuovi clienti, rating ESG più alti) devono diventare visibili per stimolare l’adozione.

In conclusione, il “Dialogo di sostenibilità tra PMI e banche” e lo “SME Sustainable Finance Standard” rappresentano due tasselli fondamentali di un ecosistema più favorevole alla transizione sostenibile delle PMI. Il primo educa e struttura; il secondo facilita e incentiva. Entrambi vanno integrati, promossi e allineati, affinché le PMI italiane possano affrontare con fiducia la sfida ESG, cogliendone opportunità e benefici.

Immagine di freepik

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