Le piccole e medie imprese italiane si trovano oggi davanti a un bivio. Da una parte, le istituzioni moltiplicano strumenti e incentivi per sostenerle – dal Patent Box alla Nuova Sabatini, dai Fondi di Garanzia ai Voucher per l’Innovation Manager – con l’obiettivo dichiarato di accelerare digitalizzazione e produttività. Dall’altra, l’incertezza economica e il ritmo frenetico del cambiamento lasciano molti imprenditori con la sensazione di dover costantemente rincorrere.
Il peso delle PMI nel nostro Paese è enorme: secondo l’ISTAT, nel 2024 erano attive 5.083.500 imprese, di cui oltre 4,9 milioni rientrano nella categoria delle piccole e medie. Un patrimonio che costituisce l’ossatura dell’economia italiana, ma che spesso si trova a competere con strumenti impari rispetto alle grandi aziende, dotate di interi team finanziari e risorse per adottare le tecnologie più avanzate.
Per le PMI, la gestione della finanza diventa così un compito in più nella lista delle urgenze quotidiane, quando invece dovrebbe essere un driver di crescita.
Gli imprenditori italiani sono abituati a indossare molti “cappelli”: amministratori, venditori, responsabili finanziari, ma anche tecnici e marketer. Con questo carico di ruoli, ogni nuovo adempimento normativo rischia di trasformarsi in una zavorra.
Eppure, proprio gli obblighi di legge – dalla fatturazione elettronica alla conservazione digitale dei documenti – possono diventare occasioni per modernizzare la gestione aziendale. La tecnologia, se ben utilizzata, consente di ridurre il lavoro manuale, aumentare la visibilità e rendere più snelli i processi.
E i numeri confermano la direzione: secondo l’Osservatorio Startup Thinking, nel 2025 la spesa ICT in Italia crescerà dell’1,5%. A trainare questo incremento non saranno solo le grandi imprese, ma soprattutto le PMI, con un aumento vicino al 4%. Un segnale incoraggiante, che dimostra la volontà di puntare sulla trasformazione digitale.
Automatizzare significa liberare energie. Approvazioni digitali, dati in tempo reale, budget predefiniti permettono alle PMI di non scegliere più tra velocità e controllo, ma di ottenere entrambi. Invece di rincorrere ricevute o riconciliare fogli Excel, gli imprenditori possono tornare a concentrarsi su ciò che conta davvero: strategie e previsioni di crescita. La finanza smette così di essere un’attività reattiva e diventa uno strumento di insight, capace di guidare scelte e investimenti.
Ma attenzione: non basta la tecnologia. La vera sfida è saperla usare. Le competenze sono oggi la chiave per lo sviluppo delle PMI. Se in passato la formazione era legata soprattutto all’adempimento di obblighi o all’acquisizione di capacità tecniche specifiche, oggi deve diventare un investimento strategico. Perché la capacità di adattarsi e innovare dipende da personale aggiornato, pronto ad affrontare cambiamenti di mercato e trasformazioni digitali. In questo scenario, la formazione continua non è più un costo, ma un asset: serve a sostenere la competitività e garantire lo sviluppo organizzativo di lungo termine.
Le PMI devono decidere oggi se inseguire o anticipare. Chi sceglie sistemi digitali integrati e investe nelle competenze non solo resterà competitivo, ma potrà affrontare con resilienza i costi crescenti, le nuove normative e gli shock futuri.
La sfida, quindi, non è rispettare l’ennesima scadenza burocratica. È ripensare la finanza come leva strategica di crescita. E questo significa anche dotarsi di strumenti digitali capaci di centralizzare e automatizzare la gestione delle spese: meno burocrazia, più controllo, più tempo per crescere. Se ben strutturata, la funzione finanziaria smette di essere un peso e diventa il motore del futuro delle imprese italiane.

Chief Marketing Officer di Soldo