L’Italia si conferma uno dei paesi europei con la più alta concentrazione di lavoratori autonomi. Secondo i dati ISTAT di febbraio 2025[1], su un totale di 24 milioni e 332 mila occupati, ben 5 milioni e 170 mila sono lavoratori indipendenti: 141 mila in più rispetto all’anno precedente, con una crescita annua del 2,8%. Un dato, secondo Eurostat[2], che colloca l’Italia al 23,1% di lavoratori autonomi sul totale degli occupati, seconda solo a Grecia e Bulgaria in Europa, e ben al di sopra della media europea del 14,3%.
Figure come video maker, influencer, content creator, sviluppatori, social media manager, grafici digitali e consulenti di marketing rappresentano ormai una fetta consistente di questo universo professionale. Non è un caso: secondo i dati più recenti, le professioni creative e digitali si confermano tra le più richieste nel Paese. Come evidenzia il portale Indeed[3], l’attenzione si concentra in particolare sulle competenze legate al marketing digitale, alla visibilità online e allo sviluppo tecnologico. Questi professionisti operano spesso in autonomia, scegliendo i propri clienti e stabilendo tariffe in base al valore dei progetti. È una flessibilità che si traduce anche in opportunità economiche: le analisi di mercato indicano che i freelance possono arrivare a guadagnare in media fino al 45% in più rispetto ai lavoratori dipendenti[4]. Un vantaggio che riflette la crescente domanda di competenze digitali avanzate e la possibilità di selezionare incarichi strategici.
Tuttavia, il quadro non è privo di contraddizioni. L’Italia, infatti, è tra i Paesi europei con il più alto numero di lavoratori autonomi, ma il confronto con l’estero mette in luce alcune fragilità. Secondo Jooble[5], lo stipendio medio annuo dei freelance italiani si aggira intorno ai 43.000 euro, con una media mensile di circa 3.500 euro. Un dato che sembra incoraggiante, ma che nasconde profonde disuguaglianze: il reddito varia in maniera significativa a seconda del settore, della specializzazione e della continuità dei progetti, lasciando molti professionisti in una condizione di instabilità economica. Nei Paesi del Nord Europa, sistemi di welfare più solidi e politiche di protezione del lavoro autonomo contribuiscono invece a rendere il reddito dei freelance più stabile e prevedibile.
Un’altra convinzione diffusa è che il freelance goda di più tempo libero rispetto al dipendente. I numeri raccontano però una storia diversa. Secondo Eurostat[6], i lavoratori autonomi italiani si collocano al quinto posto in Europa per ore settimanali lavorate: chi gestisce collaboratori o dipendenti arriva in media a 46 ore settimanali, ben oltre la classica settimana lavorativa “da ufficio”. Ne emerge un quotidiano fatto di carichi intensi, disponibilità estesa anche nei weekend e una forte capacità organizzativa.
Ma non sono solo i guadagni e i ritmi di lavoro a definire la vita dei freelance digitali. Ci sono anche rischi professionali che possono mettere in discussione i progetti e, in alcuni casi, il patrimonio personale. Un video maker che produce contenuti per un brand può trovarsi coinvolto in una controversia per violazione dei diritti d’immagine. Un social media manager può pubblicare involontariamente contenuti che ledono la reputazione di terzi. Un’agenzia digitale può subire una violazione dei dati dei clienti. Uno sviluppatore può consegnare un software che, per un errore di codice, causa perdite economiche al committente.
Questi scenari, tutt’altro che remoti, evidenziano come la responsabilità civile professionale sia diventata una necessità imprescindibile. Eppure, la consapevolezza del rischio tra i freelance italiani rimane ancora limitata: molti professionisti operano senza alcuna copertura assicurativa, esponendosi a richieste di risarcimento che potrebbero azzerare anni di lavoro. In un mercato sempre più competitivo e interconnesso, dove una consulenza sbagliata, un refuso o un malinteso possono trasformarsi in un contenzioso, tutelarsi da conseguenze legali ed economiche è una scelta strategica, oltre che prudente. Non si tratta solo di un obbligo previsto per alcune categorie regolamentate, ma di una forma di responsabilità verso sé stessi e i propri clienti, utile a costruire fiducia, reputazione e sostenibilità nel tempo.
A questa dimensione di rischio professionale si aggiunge la crescente minaccia cyber. Nel 2024-2025, la cybersecurity è diventata una priorità per tutti i professionisti digitali. Attacchi ransomware, furti di dati, violazioni della privacy dei clienti, phishing e truffe online rappresentano minacce concrete per chi lavora nel settore media. Un singolo attacco informatico può compromettere non solo i propri sistemi, ma anche quelli dei clienti, generando responsabilità legali e danni reputazionali devastanti. Le micro-agenzie e i freelance che gestiscono dati sensibili di terzi, come agenzie di influencer marketing, web agency o software house, sono particolarmente esposti: spesso non dispongono di infrastrutture di sicurezza paragonabili a quelle delle grandi aziende, ma gestiscono informazioni altrettanto delicate. La protezione cyber non è più un’opzione, ma una necessità operativa fondamentale per chiunque operi nel digitale.
Un altro timore diffuso riguarda la mancanza di protezioni sociali, soprattutto in caso di malattia o infortunio. In Italia, mentre i lavoratori dipendenti sono obbligatoriamente iscritti all’INAIL, per i liberi professionisti non è prevista una copertura obbligatoria, salvo alcune categorie specifiche come artigiani e coltivatori diretti. In questo contesto, assume un ruolo cruciale l’assicurazione infortuni offerta dalle compagnie assicurative private. I dati ANIA[7] confermano un crescente interesse verso queste soluzioni: le polizze infortuni hanno registrato una raccolta premi pari a 4,162 miliardi di euro nel 2024, con un aumento del 2,8% rispetto all’anno precedente. Un segnale chiaro di una maggiore consapevolezza da parte dei lavoratori autonomi rispetto alla necessità di proteggersi da imprevisti che possono compromettere la continuità del reddito.
Alle vulnerabilità legate alla salute e alla sicurezza si sommano le problematiche tecniche. La protezione assicurativa deve infatti estendersi anche a danni a strumentazione professionale come attrezzature fotografiche, video, computer e software, perdita di dati e contenuti creativi, interruzione dell’attività per cause tecniche e infortuni durante le attività di produzione sul campo.
Inoltre, per le libere professioniste, va ricordato che quelle iscritte alla Gestione Separata dell’INPS hanno diritto a un’indennità di maternità pari all’80% del reddito medio percepito nei 12 mesi precedenti, per una durata complessiva di cinque mesi, con possibilità di proroga in situazioni particolari. Tuttavia, le tutele pubbliche rimangono frammentate, rendendo ancora più importante l’integrazione con soluzioni assicurative private che possano coprire i periodi di maternità che impediscono l’attività lavorativa.
Di fronte a questo scenario complesso, l’industria assicurativa ha sviluppato soluzioni sempre più specifiche per i professionisti e le piccole agenzie indipendenti del settore media e digitale. Le coperture moderne non sono più prodotti standardizzati, ma strumenti flessibili e modulari pensati per rispondere alle esigenze reali di chi lavora nell’economia digitale. Anche i massimali possono essere calibrati in base al tipo di attività e al volume d’affari. La flessibilità è fondamentale: un influencer avrà esigenze diverse da una software house, e le polizze moderne permettono di personalizzare la copertura in base alle specificità del proprio lavoro.
Con una crescita del lavoro freelance, questa evoluzione richiede un cambio di paradigma anche nella percezione del rischio e nella cultura della protezione. Troppo spesso i freelance, concentrati sulla crescita del proprio business, trascurano gli aspetti di tutela fino a quando non è troppo tardi. Un singolo incidente, una controversia, un attacco informatico possono vanificare anni di sacrifici. La prevenzione, attraverso coperture assicurative adeguate, non è un costo ma un investimento nella sostenibilità della propria attività professionale. Solo così i freelance potranno continuare a essere motore di innovazione e creatività per l’economia italiana, con maggiore sicurezza e serenità.
[1] https://www.istat.it/wp-
[2] https://ec.europa.eu/eurostat/
[3] https://it.indeed.com/guida-
[4] https://www.zirtual.com/blog/
[5] https://it.jooble.org/salary/
[6]https://ec.europa.eu/
[7] https://www.ania.it/documents/

CEO di Lokky
