I lavoratori italiani affrontano una situazione complessa: se da un lato mostrano entusiasmo verso il lavoro, dall’altro registrano una diffusa preoccupazione per il futuro professionale, accompagnata da maggiore affaticamento e scarsa motivazione rispetto ai colleghi europei e globali. È quanto emerge dalla nuova edizione dell’indagine “PwC Global Workforce Hopes and Fears 2025”, condotta su circa 50.000 lavoratori in 48 paesi, di cui 1.675 in Italia.
Il peso della fatica quotidiana
I numeri fotografano un paese stanco. Il 54% dei lavoratori italiani dichiara di sentirsi affaticato, con quasi un terzo che esprime sentimenti di frustrazione, noia e senso di sopraffazione. La situazione peggiora guardando alle nuove generazioni: tra i giovani lavoratori entry-level, due terzi si sentono stanchi e uno su tre è arrabbiato o annoiato.
Il dato più preoccupante riguarda la motivazione: solo il 46% degli italiani si dice motivato ad andare al lavoro almeno una volta a settimana, una quota inferiore rispetto al 64% globale e al 61% europeo. A pesare c’è anche la questione economica, con il 14% che affronta difficoltà finanziarie significative, con problematiche nel pagamento delle bollette.
L’intelligenza artificiale: una risorsa per chi la conosce
Il rapporto con la tecnologia divide. Il 44% dei lavoratori italiani prevede un impatto significativo della tecnologia sul proprio lavoro nei prossimi anni, con un’adozione dell’IA che riguarda il 41%. Ma chi ha superato le resistenze iniziali ne raccoglie i frutti: gli utilizzatori di IA segnalano un aumento della produttività (57%), creatività (58%) e qualità del lavoro (64%).
Ancora più significativi i dati su chi usa quotidianamente strumenti avanzati come la GenAI: circa l’80% di questi utenti afferma di aver sperimentato miglioramenti in produttività, creatività e qualità del lavoro. E non è solo questione di efficienza: il 56% di chi impiega strumenti di IA dichiara di non vedere l’ora di lavorare almeno una volta a settimana, a fronte del 38% tra i non utenti.
La crisi di fiducia verso la leadership
Il rapporto con i vertici aziendali resta problematico. Solo il 46% degli italiani si fida dei dirigenti aziendali, mentre il 53% mostra maggiore fiducia nei propri manager diretti. Eppure la sicurezza psicologica fa la differenza: chi si sente sicuro di sperimentare nuovi approcci registra un aumento del 72% nella motivazione.
Preoccupa anche il tema delle competenze: il 27% teme che almeno metà delle proprie skills possa diventare irrilevante entro tre anni, percentuale che sale al 37% tra gli entry-level. Nonostante ciò, solo il 47% conferma di aver acquisito nuove competenze utili negli ultimi tempi.
“Le imprese dovranno supportare nel tempo il cambiamento tecnologico, valorizzando il capitale umano, per assicurare una crescita sostenibile”, commenta Alessandro Grandinetti, Partner PwC Italia e Clients & Markets Leader, sottolineando la necessità di accompagnare la trasformazione digitale con investimenti nello sviluppo delle competenze e una strategia chiara per mitigare i rischi etici dell’intelligenza artificiale.
