Unimpresa: Manovra, da stanziamento 3,5 miliardi per imprese, fino a 8,5 miliardi tra investimenti e produzione

Lo stanziamento aggiuntivo da 3,5 miliardi previsto in Manovra per Transizione 5.0, Zes Unica e fondo caro materiali in edilizia potrebbe generare un effetto moltiplicatore sull’economia compreso tra 6 e 8,5 miliardi di euro nel giro di 12–24 mesi, tra nuovi investimenti privati e produzione salvaguardata.

È quanto emerge da una stima del Centro studi di Unimpresa basata sui meccanismi delle tre misure e sulla domanda già esistente nel sistema produttivo. La quota destinata a Transizione 5.0, pari a circa 1,7–1,8 miliardi, consentirebbe di sbloccare la lista d’attesa delle imprese rimaste senza copertura, traducendosi in investimenti complessivi stimati tra 4 e 6 miliardi, grazie al ruolo di leva esercitato dal credito d’imposta. Un impatto rafforzato dal miglioramento dell’efficienza energetica e della produttività delle aziende beneficiarie.

I circa 1,3 miliardi destinati alla Zes Unica del Sud servirebbero invece a evitare il taglio di quasi il 40% ai crediti d’imposta già prenotati, preservando investimenti programmati e generando ricadute economiche stimate tra 2 e 2,6 miliardi, con effetti positivi su occupazione e filiere territoriali. Il rifinanziamento del fondo per il caro materiali in edilizia avrebbe infine un ruolo di stabilizzazione, permettendo di evitare rallentamenti e blocchi dei cantieri e tutelando diversi miliardi di produzione nel comparto delle costruzioni e nelle attività collegate.

Nel complesso, a fronte di 3,5 miliardi di risorse pubbliche, l’impatto potenziale sull’economia reale risulta più che proporzionale, a condizione che le misure vengano attuate rapidamente e con regole chiare, così da trasformare lo stanziamento in investimenti, cantieri e crescita effettiva.

«È un segnale importante di attenzione verso il sistema produttivo, in particolare verso quelle imprese che avevano già programmato investimenti e rischiavano di restare bloccate per insufficienza di risorse. La priorità è evitare che strumenti nati per accompagnare la modernizzazione e il riequilibrio territoriale si trasformino in fattori di incertezza. La lista d’attesa su Transizione 5.0 e il rischio di un taglio quasi del 40% ai crediti d’imposta Zes avrebbero prodotto un grave effetto di sfiducia, inducendo molte aziende a rinviare o cancellare investimenti già avviati. La scelta di intervenire anche sul caro materiali in edilizia va nella direzione giusta, perché tutela la continuità dei cantieri e la sostenibilità economica dei contratti, soprattutto in una fase in cui i margini delle imprese sono già compressi dall’aumento dei costi e dall’accesso al credito più oneroso» afferma il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi.

Secondo il Centro studi di Unimpresa, lo stanziamento aggiuntivo da 3,5 miliardi previsto in Manovra può essere letto come un intervento con un impatto potenziale ben più ampio rispetto alla dimensione puramente contabile delle risorse pubbliche impegnate. La combinazione di Transizione 5.0, Zes Unica e fondo caro materiali agisce infatti su tre leve diverse ma complementari: innovazione produttiva, riequilibrio territoriale e continuità dei cantieri. È proprio questa articolazione a rafforzare l’effetto espansivo complessivo, stimabile tra 6 e 8,5 miliardi di euro di investimenti e produzione attivata o salvaguardata nel giro di 12–24 mesi.

Nel caso di Transizione 5.0, il rifinanziamento serve innanzitutto a sbloccare una domanda già esistente. La presenza di una lista d’attesa significativa dimostra che molte imprese avevano già deciso di investire, ma erano rimaste sospese per insufficienza di risorse. In questo contesto, l’effetto moltiplicatore è particolarmente elevato perché l’incentivo pubblico non crea artificialmente la domanda, ma la rende realizzabile. Con circa 1,7–1,8 miliardi destinati a coprire le richieste inevase, si può stimare un volume di investimenti privati compreso tra 4 e 6 miliardi, considerando che il credito d’imposta copre solo una quota dell’investimento complessivo. A questo si aggiunge un beneficio strutturale, meno immediato ma rilevante: l’adozione di tecnologie più efficienti e processi a minore intensità energetica tende a ridurre i costi operativi nel tempo, migliorando la competitività delle imprese e la loro capacità di stare sui mercati internazionali. In altre parole, l’impatto non si esaurisce nel ciclo di spesa iniziale, ma si riflette sulla produttività futura.

La componente Zes Unica del Sud, con circa 1,3 miliardi, ha una natura in parte diversa ma un potenziale moltiplicativo altrettanto significativo. Qui l’intervento pubblico non punta tanto a stimolare nuova domanda quanto a evitare un effetto recessivo certo: il taglio di quasi il 40% dei crediti d’imposta già prenotati avrebbe messo in discussione investimenti pianificati, con un danno diretto alla credibilità dello strumento e alla fiducia delle imprese. Il rifinanziamento consente invece di confermare programmi di spesa già decisi, con un impatto stimabile tra 2 e 2,6 miliardi di investimenti complessivi, considerando un moltiplicatore territoriale compreso tra 1,5 e 2. In questo caso il beneficio va oltre il singolo progetto: la stabilità degli incentivi è un fattore chiave per attrarre capitali nelle aree più fragili del Paese, dove il rischio percepito è più alto e la leva pubblica è spesso decisiva per orientare le scelte localizzative.

Il fondo per il caro materiali in edilizia completa il quadro, agendo su una logica difensiva ma non per questo meno rilevante. Le risorse destinate a compensare l’aumento dei costi non generano necessariamente nuovi cantieri, ma evitano che quelli in corso vengano rallentati o sospesi. In un settore caratterizzato da filiere lunghe e da un forte effetto di trascinamento sull’economia reale, la continuità dei lavori equivale a preservare valore economico e occupazionale. Anche una dotazione più contenuta, nell’ordine di alcune centinaia di milioni, può tradursi in diversi miliardi di produzione “salvata”, soprattutto se consente di rispettare tempi e contratti già sottoscritti, riducendo il rischio di contenziosi e fallimenti d’impresa.

Nel complesso, il profilo macroeconomico dell’intervento appare coerente: a fronte di 3,5 miliardi di risorse pubbliche, l’economia può beneficiare di un impatto che raddoppia o addirittura triplica lo sforzo iniziale, tra investimenti aggiuntivi e valore produttivo tutelato. Tuttavia, la reale efficacia di questo moltiplicatore dipenderà da fattori non secondari: rapidità di attuazione, chiarezza delle regole, certezza dei tempi di rimborso e capacità amministrativa di gestire le misure senza colli di bottiglia. In assenza di questi elementi, anche uno stanziamento rilevante rischia di produrre effetti inferiori alle potenzialità. Se ben implementato, invece, il pacchetto può rappresentare un tassello importante di una politica economica orientata non solo alla gestione dell’emergenza, ma al rafforzamento strutturale del sistema produttivo. La vera sfida sarà trasformare l’effetto moltiplicatore stimato in crescita reale, diffusa e duratura, soprattutto per quelle piccole e medie imprese che restano il cuore dell’economia italiana.

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