Negli ultimi anni l’Italia è stata colpita da terremoti, alluvioni, frane e altri eventi estremi che hanno causato perdite miliardarie per il tessuto produttivo. Un’analisi dell’istituto mUp Research riferita all’autunno 2024 ha rilevato che più di 278 mila imprese hanno subìto danni legati a calamità naturali nell’anno precedente, con perdite stimate in circa tre miliardi di euro. Nel nostro Paese il tessuto economico maggiormente esposto a questo tipo di rischi e con poche tutele è quello delle piccole medie imprese, che rappresentano la maggioranza delle aziende. Segue un’analisi degli esperti di Partner d’Impresa, – realtà che supporta la crescita e la sicurezza delle imprese attraverso un team interdisciplinare di professionisti
Cosa prevede la nuova normativa
La legge di Bilancio 2024 ha introdotto, con una norma specifica del 30 dicembre 2023 n. 213 (art. 1 commi 101‑111), un obbligo assicurativo per trasferire sulle assicurazioni private una parte del rischio che finora è gravato solo sui fondi pubblici, andando a promuovere nelle imprese una cultura della prevenzione. Tutte le aziende con sede legale in Italia, escluse quelle agricole, sono obbligate a stipulare una polizza assicurativa che copra i potenziali danni causati da terremoti, frane, alluvioni, inondazioni ed esondazioni. L’azienda deve quindi assicurare terreni, impianti, attrezzature e beni in locazione salvo che questi siano già coperti da polizze analoghe. Infine, il decreto attuativo n. 18/2025 (DM 30 gennaio 2025) ha specificato che l’obbligo non si estende ai beni in costruzione, agli immobili abusivi, alle scorte, ai mobili d’ufficio o ai veicoli iscritti al PRA (Pubblico registro automobilistico). La norma nasce dall’esigenza di ridistribuire il rischio: lo Stato non può più sobbarcarsi integralmente i costi delle ricostruzioni e dei ristori dopo i disastri.
Tempistiche, destinatari e svantaggi per chi non si adegua alla normativa: cosa succede alle PMI dal 31 dicembre
Se le grandi imprese (con oltre 250 dipendenti) sono state coinvolte nella normativa già da marzo 2025 e per le medie imprese (con 50-250 dipendenti) l’obbligo è scattato col mese di ottobre, per le PMI e le micro-imprese la scadenza prevista è quella del 31 dicembre 2025. Sarà fatta una proroga per i comparti della pesca e dell’acquacoltura: per queste imprese l’obbligo scatterà sempre il 31 dicembre 2025. “Per l’impresa inadempiente non sono previste sanzioni pecuniarie ma sarà automaticamente esclusa da contributi, sovvenzioni e agevolazioni pubbliche di qualsiasi natura, oltre a vedersi precluso l’accesso alla garanzia statale sui finanziamenti, vale a dire al Fondo di garanzia per le PMI. Si tratta dunque di una forma di sanzione di tipo interdittivo, che rafforza l’obbligo attraverso il meccanismo del vincolo premiale.” spiega il legale Fabio Speranza
Il rispetto dell’obbligo diventa infatti condizione necessaria per partecipare a una vasta gamma di misure agevolative. Tra queste figurano i contratti di sviluppo disciplinati dal D.M. 9 dicembre 2014, i programmi Smart & Start Italia per le startup innovative, le misure per l’economia circolare introdotte dal PNRR, i fondi per la salvaguardia occupazionale e le iniziative di venture capital per la transizione ecologica ed energetica.
La disposizione non è autoapplicativa: ogni amministrazione pubblica dovrà integrare nei propri bandi le clausole di esclusione per le imprese sprovviste di polizza. “Il Ministero del Progresso e Made In Italy (MIMIT), inoltre, intende precludere l’accesso ai propri incentivi alle imprese inadempienti, ma l’efficacia scatterà solo dopo che le singole misure saranno adeguate. Questo significa che senza polizza non sarà possibile accedere a contratti di sviluppo, fondi per startup, incentivi per economia circolare o energie rinnovabili. È evidente, dunque, come la stipula della polizza non rappresenti soltanto un adempimento formale, ma una vera e propria condizione di accesso a strumenti fondamentali di sostegno allo sviluppo imprenditoriale” aggiunge Speranza.
Alcune criticità del provvedimento: la deducibilità e la copertura parziale
Un aspetto particolarmente rilevante riguarda il trattamento fiscale dei premi assicurativi. Quelli corrisposti dall’azienda per coperture inerenti l’attività d’impresa rientrano infatti tra i costi deducibili. Ciò vale sia ai fini Ires, con aliquota al 24%, sia ai fini Irap, con aliquota ordinaria al 3,9%, salvo le differenziazioni regionali. Gli effetti pratici, tuttavia, non sono omogenei.
“Per le grandi imprese, che saranno le più esposte a premi assicurativi rilevanti, la deducibilità fiscale rappresenta un parziale alleggerimento, ma non elimina l’impatto economico. In pratica, se il costo della polizza riduce la base imponibile, resta comunque un esborso significativo in termini di liquidità, capace di comprimere i margini e incidere sui flussi di cassa. La questione diventa quindi di equilibrio: quanto vale la protezione assicurativa rispetto al peso che esercita sul conto economico?” sottolinea la fiscalista Simona D’Alessandro Diverso il discorso per PMI e microimprese. Qui i premi saranno più contenuti, ma proporzionalmente più gravosi in rapporto al fatturato. “La deducibilità fiscale, pur utile, rischia di non essere sufficiente a compensare la pressione sul flusso di cassa. Per realtà imprenditoriali a bassa capitalizzazione, poi, la polizza rischia di ridurre la capacità di autofinanziamento e di rallentare gli investimenti programmati” conclude D’Alessandro.
Così come strutturata la legge presenta certamente delle criticità. Innanzitutto una riflessione riguarda i costi elevati e le disparità che la norma apporterà tra gli imprenditori in funzione delle aree territoriali in cui ha sede la loro impresa. “In molte aree ad alto rischio sismico o idrogeologico, infatti, i premi potranno risultare molto onerosi e a questi si sommeranno i costi di perizia per determinare il valore a nuovo dei beni” sottolinea la fiscalista D’Alessandro. L’obbligo normativo, poi, fa riferimento a una copertura parziale, ovvero riguarda solo le immobilizzazioni materiali: scorte, automezzi, beni mobili e merci non sono assicurati. Le imprese devono quindi valutare l’acquisto di garanzie accessorie per una protezione completa.
Non va trascurato infine l’aspetto inerente ai rapporti tra proprietario e utilizzatore. Per i beni in locazione o leasing l’obbligo ricade sull’utilizzatore; è quindi consigliabile stabilire contrattualmente chi sostiene il premio e come si ripartiscono i rischi. In ultima analisi, secondo la fiscalista, vi è incertezza sull’effettiva applicazione delle sanzioni. “Le sanzioni sono solo indirette (esclusione dai bandi), ma la loro efficacia dipende dai provvedimenti attuativi delle singole amministrazioni. Le imprese temono che la frammentazione dei criteri possa creare incertezza sull’accesso a incentivi e finanziamenti”.
Le opportunità della normativa: ESG, vantaggi competitivi
Considerando le opportunità va considerato che, In un contesto in cui i parametri ESG stanno assumendo crescente importanza nelle valutazioni creditizie e nelle politiche di erogazione del credito, la stipula di una copertura assicurativa contro i rischi naturali può essere interpretata come un segnale di gestione consapevole del rischio giocando un ruolo positivo nei rating creditizi. “Le banche e gli investitori istituzionali, sempre più sensibili al rischio climatico, potrebbero considerare la stipula di una polizza catastrofale come un segnale positivo di gestione aziendale. Ciò trasformerebbe un obbligo normativo in un vantaggio reputazionale, capace di incidere favorevolmente sul rating bancario, facilitare l’accesso al credito e, in prospettiva, ridurre il costo del finanziamento” spiega Simona D’Alessandro
Inoltre, l’obbligo può essere trasformato in un vantaggio competitivo che garantisca all’impresa, in caso di evento catastrofale, le risorse necessarie per riprendere rapidamente la produzione. “Non va trascurato anche il fattore della riduzione dei premi attraverso la prevenzione. Il decreto prevede che i premi siano modulati in base alle misure di mitigazione adottate. Investimenti in adeguamenti antisismici, sistemi di drenaggio o piani di emergenza possono ridurre sensibilmente il costo della polizza” aggiunge la fiscalista. Ancora, sempre secondo la consulente, vanno considerati i vantaggi collegati alla possibilità di stipulare polizze collettive e convenzioni. Le associazioni di categoria stanno negoziando convenzioni con le compagnie per abbattere i costi per andare incontro alle necessità di micro e piccole imprese.
Come affrontare l’obbligo normativo sulla polizza catastrofale in modo strategico dal punto di vista legale e fiscale
Vademecum a cura della fiscalista Simona D’Alessandro e dell’avvocato Fabio Speranza
Per affrontare l’obbligo in modo strategico è utile adottare alcune cautele e strategie che possono consentire di trasformare un obbligo in un’opportunità, tutelandosi e aprendo l’azienda a nuove prospettive. Ecco alcuni consigli sviluppati dagli esperti del network Partner d’Impresa , rete di professionisti specializzati in diverse aree economiche, legali e fiscali per il mercato delle PMI.
- Eseguire in tempi utili la mappatura e la valutazione dei beni, individuando quali immobili, impianti e macchinari rientrano nelle immobilizzazioni materiali dell’impresa e quindi devono essere assicurati. Si consiglia l’esecuzione di perizie aggiornate per determinare il valore a nuovo o il costo di sostituzione e conservare la documentazione.
- Non trascurare il valore di polizze già esistenti Molte aziende possiedono già assicurazioni incendio o “all risks”. In tal caso è opportuno che l’imprenditore confronti le garanzie con i requisiti della normativa: se coprono i rischi di terremoto, frana e alluvione con massimali e franchigie adeguati, è possibile che soddisfino l’obbligo. In caso contrario, deve essere valutata una integrazione o la sostituzione della polizza.
- Richiedere preventivi a più compagnie e valutare l’impatto fiscale: i costi potrebbero variare sensibilmente in funzione della localizzazione geografica e della tipologia di rischio (sismico, idrogeologico, ecc.). Risulta importante stimare il costo netto della polizza al netto della deducibilità Ires e Irap.
- Integrare la copertura nel piano di risk management aziendale: la polizza obbligatoria può diventare parte di un più ampio sistema di protezione del patrimonio e di continuità operativa.
- Definire le responsabilità contrattuali. Si tratta di una valutazione importante che andrà fatta nei contratti di locazione, affitto di ramo d’azienda e leasing, nei quali andranno previste clausole che individuino chi stipula la polizza, chi paga il premio e chi sopporta la franchigia in caso di sinistro. Per i beni utilizzati a qualsiasi titolo l’obbligo ricade sull’utilizzatore.
- Valutare il vantaggio nell’aderire alle polizze collettive. Le micro e piccole imprese possono davvero trovare una soluzione sostenibile aderendo a polizze collettive tramite associazioni di categoria o consorzi per ottenere condizioni più favorevoli.
- Programmare nel budget attività di prevenzione e mitigazione del rischio. La realizzazione di interventi di adeguamento antisismico e idraulico, l’adozione di piani di gestione dell’emergenza e la formazione al riguardo del personale, nel medio periodo potranno contribuire a ridurre il premio assicurativo e rafforzare la continuità operativa.
- Organizzazione documentale. L’imprenditore deve porre una particolare attenzione all’aggiornamento della copia della polizza e delle quietanze da esibire in caso di richiesta da parte delle amministrazioni o delle banche. Questo agevolerà i tempi per l’ottenimento di eventuali agevolazioni, incentivi e finanziamenti.
- Muoversi con anticipo. Anche se le scadenze per le PMI e micro imprese sono fissate a fine 2025, è consigliabile non attendere l’ultimo momento. Il mercato assicurativo potrebbe registrare un forte aumento di richieste negli ultimi mesi, con conseguente rialzo dei premi o riduzione dell’offerta.
