Banche: quelle italiane hanno i costi più elevati d’Europa

 Banche: quelle italiane hanno i costi più elevati d’Europa

Sebbene negli ultimi anni siano diminuiti, l’Ufficio studi della CGIA segnala che i costi strutturali del nostro sistema bancario rimangono i più elevati d’Europa. Se si calcola l’incidenza delle spese operative riferite al 2014 (pari a 49,5 miliardi di euro), sul totale delle attività (che al 31-12-2014 ammontavano a 2.701 miliardi di euro), il risultato si attesta all’1,83 per cento. Dato nettamente superiore a tutte le incidenze percentuali riferite alle prime 10 economie bancarie presenti nell’Unione europea.

Sul fronte dei ricavi, invece, nel 2014 i margini di interesse (ovvero i guadagni provenienti prevalentemente dall’erogazione del credito) sono scesi a 39,3 miliardi di euro, quelli delle commissioni bancarie nette sono salite a 27,6 miliardi e quelli riconducibili ad altri ricavi, cioè da attività extra-creditizie o di trading finanziario (vendita di titoli, valute, strumenti di capitale) hanno toccato quota 11,4 miliardi. Se tra il 2008 e il 2014 il totale dei ricavi del nostro sistema creditizio è rimasto pressoché lo stesso (78,3 miliardi), la contrazione dei margini di interesse è stata pari a 12,3 miliardi (-23,8 per cento), le commissioni bancarie, invece, sono aumentate di 2,8 miliardi (+11,5 per cento), mentre gli altri ricavi sono saliti a 9,4 miliardi (+474 per cento).

Si segnala, inoltre, che l’incidenza del margine di interesse sul totale dei ricavi operativi di una banca (dati dalla somma dei margini di interesse, dalle commissioni nette e da altri ricavi netti) in Italia sono pari al 50,3 per cento. Tra i paesi Ue presi in esame solo la Francia (50,2 per cento) presenta un risultato più contenuto del nostro. Ciò vuol dire che le banche italiane presentano un’incidenza dei guadagni da attività legate ai prestiti bancari sul totale ricavi (margine di intermediazione) tra i più bassi in Ue.

Pertanto, se teniamo conto che con la crisi economica sono cresciute a dismisura le sofferenze in capo alla clientela e la riduzione dei tassi di interesse ha ridotto ai minimi termini i margini di redditività delle banche, queste ultime, appesantite da costi fissi ancora molto elevati, hanno ritenuto più conveniente ridurre gli impieghi, e quindi i rischi, e aumentare i ricavi dalle commissioni sui conti correnti, sui servizi bancomat/carte di credito, i servizi di incasso/pagamento, etc. e dalle attività extra creditizie (vendita di titoli, valute, strumenti di capitale, etc.)

Solo nell’ultimo anno (aprile 2016 su stesso mese del 2015), la contrazione degli impieghi bancari alle imprese è stata di 25,3 miliardi di euro. Se, invece, il confronto viene effettuato rispetto ad aprile 2011, la diminuzione ammonta a oltre 111 miliardi. Va altresì segnalato che la riduzione dei prestiti non ha interessato tutti allo stesso modo.

«Ricordo – commenta il coordinatore dell’Ufficio studi della CGIA Paolo Zabeo – che l’80 per cento dei prestiti concessi dalle banche italiane va al primo 10 per cento dei maggiori affidati che è costituito quasi esclusivamente dalle grandi aziende e da gruppi industriali che in termini percentuali non superano l’1 per cento del totale.

Qualcuno potrebbe obbiettare che se questi prestiti sono stati erogati nella stragrande maggioranza dei casi ad un numero ristretto di clienti, ciò è riconducibile al fatto che questi ultimi sono solvibili. La realtà, invece, è molto diversa. La quota di insolvenza in capo ai maggiori affidati, infatti, è attorno all’81 per cento. In buona sostanza, chi riceve la stragrande maggioranza dei prestiti presenta livelli di affidabilità bassissimi, per contro, chi dimostra di essere un buon pagatore riceve i soldi con il contagocce».

In linea generale, quali possono essere le strategie da adottare nel prossimo futuro ?

«In primo luogo – dichiara il segretario della CGIA Renato Mason – bisognerà perseguire uno sviluppo economico meno bancocentrico, anche attraverso l’attuazione di politiche pubbliche di sostegno alle imprese, abbassando i costi energetici, favorendo gli investimenti infrastrutturali, riducendo le tasse, tagliando il cuneo fiscale e incentivando l’internazionalizzazione della nostra economia. In secondo luogo, però, sarà necessario rassicurare gli istituti di credito dal raggiungimento di requisiti patrimoniali eccessivi in modo da rimettere in moto il flusso di denaro verso le imprese, in particolare per le piccole. Inoltre, le banche dovranno ritornare a gestire i propri bilanci con rigore e sobrietà, recuperando la fiducia dei risparmiatori che in questi ultimi anni si è affievolita».

I costi del nostro sistema bancario

Per misurare la rilevanza dei costi strutturali bancari nei bilanci delle banche europee è stato calcolato il rapporto tra spese operative e totale attività. Le spese operative rappresentano il flusso annuale di tutti i compensi a dipendenti/collaboratori più tutti gli altri costi relativi alla gestione operativa come, ad esempio, servizi informatici, gestione immobili, generali di funzionamento, spese legali/professionali/pubblicitarie più le imposte indirette e le tasse; il totale delle attività rappresenta, invece, sostanzialmente la ricchezza delle banche ad un determinato istante temporale (in questo caso a fine anno).

Il rapporto tra le spese operative e il totale delle attività è un indicatore noto in letteratura come total operating expenses in percentage of total assets: consente di valutare il peso dei costi operativi bancari nei diversi paesi. Prendendo in esame le prime 10 economie bancarie dell’Unione Europea (per volume del totale delle attività), l’Italia è quella che presenta l’indice più elevato (1,83 per cento, un valore doppio rispetto al caso svedese e di quasi 1,4 volte superiore rispetto alla Germania).

Più della metà delle spese operative è in capo al personale; nel caso dell’Italia su un totale di 49,5 miliardi di euro di spese operative (anno 2014), il personale incide per più della metà (27,2 miliardi di euro). Si fa comunque presente come, tra il 2008 e il 2014, i costi del personale siano scesi di quasi l’8 per cento a dimostrazione di un percorso di razionalizzazione dei costi strutturali intrapreso dalle banche italiane.

I margini di interesse in netto calo, mentre salgono i ricavi dalle commissioni bancarie e dai trading finanziari

Il margine di interesse è dato dalla la differenza tra tassi di interesse attivi e passivi per la banca e registra gli interessi maturati su attività e passività, in contropartita con la clientela ordinaria ma anche con altre banche e altri operatori dei mercati finanziari. In particolare, il margine di interesse è determinato prevalentemente dai ricavi netti più prossimi all’attività caratteristica delle banche, ovvero derivanti dall’intermediazione creditizia. Il margine di interesse è sceso sia per la minore redditività derivante dall’appiattimento dei tassi sia per la stretta creditizia che ha accompagnato, ciclicamente, la fase di recessione. Tra il 2008 e il 2014 è sceso di 12,3 punti percentuali attestandosi, in termini assoluti, a 39,3 miliardi di euro. Se calcoliamo l’incidenza percentuale del margine di interesse su quello di intermediazione, l’Italia è al penultimo posto tra i principali paesi europei presi in esame in questa analisi.

Le commissioni nette, invece, sono un aggregato costruito come differenza tra ricavi/entrate (commissioni attive su servizi erogati, prezzi di vendita di titoli e di valute ecc.) e costi/uscite (commissioni passive per servizi ricevuti, prezzi di acquisto di titoli e di valute ecc). I servizi bancari più noti riguardano i conto correnti, i servizi bancomat/carte di credito, i servizi di incasso/pagamento, le gestioni patrimoniali, l’intermediazione e il collocamento di titoli. Sempre tra il 2008 e il 2014 sono aumentate di 2,8 punti percentuali salendo a quota 27,6 miliardi di euro.

Altri ricavi netti: categoria che comprende tutta una serie di ricavi derivanti da attività extra-creditizie o di trading finanziario; queste riguardano prevalentemente attività di negoziazione (vendita di titoli, valute, strumenti di capitale) o assicurative.

Nell’arco temporale preso in esame (2008-2014) l’incremento è stato del 471,1 per cento, raggiungendo, in termini assoluti, il valore di 11,4 miliardi di euro.

Margine di intermediazione: rappresenta il totale dei ricavi operativi bancari ovvero la sommatoria di:

  1. margine di interesse;
  2. commissioni nette;
  3. altri ricavi netti.

L’incidenza percentuale del margine di interesse sul totale dei ricavi (e dunque sul margine di intermediazione) indica la quota parte di ricavi garantita “prevalentemente” dall’attività bancaria più tipica ovvero la concessione del credito; si è usato il termine “prevalentemente” in quanto non tutta la posta “margine di interesse” è determinata dai rapporti con la clientela ordinaria ma deriva, altresì, da attività finanziarie e da rapporti con altri soggetti (ad esempio banche).

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