Casa e lavoro: quando l’emergenza abitativa diventa anche una questione contrattuale

L’emergenza abitativa in Italia – acuita dal caro-affitti nelle principali città – non è più solo un tema di politica sociale, ma incide direttamente sull’organizzazione del lavoro e sulle strategie di attrazione e fidelizzazione del personale. È quanto emerge dall’analisi condotta da Michele Dalla Sega, Assegnista di Ricerca Università di Modena e Reggio Emilia e Senior Fellow di ADAPT, che ha mappato le principali politiche aziendali e contrattuali messe in campo per affrontare questa nuova priorità.

Aziende e parti sociali stanno infatti rispondendo con una varietà di strumenti: dal welfare abitativo al supporto economico diretto, passando per la rinegoziazione dei tempi e luoghi di lavoro. Le imprese non si limitano più a riconoscere il problema, ma si fanno attori attivi di soluzioni che, in molti casi, dialogano con politiche pubbliche o le affiancano laddove queste risultano insufficienti.

Numerose sono le iniziative sviluppate unilateralmente dalle aziendeATM Milano, ad esempio, offre un contributo casa ai neoassunti; Edison propone appartamenti a canone calmierato per giovani lavoratori; aziende come Giuggia ed Europlan investono direttamente nell’acquisto e nella ristrutturazione di immobili da destinare ai dipendenti. In altri casi, come nei progetti attivati a Milano e Mantova, imprese e amministrazioni locali stipulano accordi per destinare alloggi comunali o agevolazioni fiscali ai lavoratori.

Anche la contrattazione collettiva sta evolvendo: numerosi accordi aziendali prevedono rimborsi per affitti, anticipi del TFR per esigenze abitative, prestiti o la concessione di alloggi. Alcune misure sono pensate per categorie vulnerabili, come le vittime di violenza o i lavoratori pendolari e trasferiti. Altre valorizzano la leva del lavoro agile: in certi casi, ad esempio, lo smart working è incentivato proprio per permettere ai dipendenti di vivere in aree con minori costi abitativi, secondo una logica di “south-working”.

Nei contesti produttivi dove la contrattazione aziendale è meno sviluppata, sono gli enti bilaterali a farsi carico del sostegno abitativo. A Milano, Bologna, Siracusa e in Veneto – per citare alcuni tra gli esempi maggiormente rilevanti – gli enti bilaterali territoriali hanno introdotto contributi affitto o sostegni per studenti fuori sede, giovani e lavoratori in difficoltà economica. Si tratta di misure che coprono una parte del canone mensile, oppure forniscono un contributo una tantum a fronte di particolari condizioni contrattuali o reddituali.

«Un incastro virtuoso tra policy pubbliche e iniziative private – spiega Dalla Sega – può offrire soluzioni efficaci per affrontare una crisi abitativa che rischia di aggravare le disuguaglianze e ostacolare la competitività del tessuto produttivo italiano».

L’emergenza abitativa, dunque, non è più ai margini del dibattito sul lavoro. Al contrario, entra nel cuore delle relazioni industriali e interroga imprese, sindacati e istituzioni sul tipo di benessere che vogliono contribuire a costruire. Una nuova frontiera della contrattazione, che riconosce nella casa un bisogno primario da tutelare anche nei luoghi di lavoro.

Immagine di rawpixel.com su Freepik

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