Cerved Rating Agency: le imprese energivore hanno un rischio di default maggiore e in crescita, ma i PPA per le rinnovabili permetterebbero di stabilizzare i costi dei consumi

 Cerved Rating Agency: le imprese energivore hanno un rischio di default maggiore e in crescita, ma i PPA per le rinnovabili permetterebbero di stabilizzare i costi dei consumi

Le imprese cosiddette “energivore” sono tra quelle con il rischio di default più alto e in maggiore crescita negli ultimi anni, nonostante il lieve calo dei primi mesi del 2024. Lo rileva il rapporto di Cerved Rating Agency – l’agenzia di rating italiana specializzata nella valutazione del merito creditizio delle società e nella misurazione delle performance ESG – presentato in occasione dell’evento Re-Source Italy 2024: analizzando le 796 imprese italiane (sulle oltre 14.000 oggetto di rating da parte dell’agenzia) con un’alta incidenza dei costi energetici sul fatturato, emerge infatti un sensibile deterioramento del profilo di rischio di credito (+10% nel 2022 e +11% nel 2023) che nel 2023 ha raggiunto, anche a causa dei prezzi energetici, il picco massimo del 6.45%, poi sceso lievemente a 6,34% nel maggio di quest’anno. Al contrario, le imprese con bassi consumi energetici mostrano una probabilità di default inferiore, benché anch’essa in peggioramento ma attualmente stabile, e uno score di sostenibilità migliore.

L’analisi di Cerved Rating Agency si è poi concentrata sul potenziale di installazione di impianti fotovoltaici attraverso la stipula di PPA (Power Purchase Agreement), contratti di lungo termine che regolano la fornitura di energia elettrica rinnovabile a prezzi definiti e che si stanno affermando come strumento di mercato utile alle imprese per sostenere gli investimenti necessari alla transizione energetica ed ecologica. Per ottenere questi finanziamenti è però molto spesso necessario un rating creditizio alto, di categoria Investment grade: ciò ha portato a isolare 344 imprese (delle 796 iniziali) che grazie ai PPA potrebbero produrre circa 1.300 GWh di energia fotovoltaica, coprendo parte dei propri consumi e preservando una classe elevata di merito creditizio.

Si tratta soprattutto di grandi aziende, collocate al 75% al Nord, ma oltre il 10% del potenziale riguarderebbe anche PMI, che potrebbero sfruttare sistemi di aggregazione fra imprese dello stesso ambito e filiera. Il 43% del potenziale di installazione deriverebbe dal settore manifatturiero, seguito a grande distanza dall’industria della gomma e plastica, poi carta e imballaggi, alimentari, metallurgia, gestione dei rifiuti.

Ma non è tutto: per sostenere gli investimenti necessari, 95 imprese potrebbero, secondo Cerved Rating Agency, emettere bond fino a 1,8 miliardi di euro senza intaccare la propria solidità finanziaria. Questo potenziale di emissione proverrebbe quasi totalmente da imprese grandi (92,1%), al 56,4% concentrate nel settore manifatturiero e al 15,4% nella gomma e plastica, localizzate nel Nord del Paese (1,54 miliardi di euro).

All’interno di questo cluster, le imprese che operano in settori maggiormente esposti alla transizione ecologica ed energetica (ad esempio plastica e gomma, metallurgia, chimica, agricoltura, gestione dei rifiuti), e dunque in cerca di finanziamenti per affrontarla, potrebbero emettere green bond per 500 milioni di euro, suddivisi in particolare tra Nord-ovest (289 milioni di euro) e Nord-est (140 milioni). Si tratta per oltre il 17% di PMI e i settori più rilevanti si confermano gomma e plastica (55,4%), metallurgia (21,6%) e chimica (11,7%).

Immagine di frimufilms su Freepik

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