CGIA – Le banche chiudono i rubinetti del credito: a Venezia tagliati quasi 700 milioni di euro

 CGIA – Le banche chiudono i rubinetti del credito: a Venezia tagliati quasi 700 milioni di euro

Nell’ultimo anno (maggio 2023 sullo stesso mese del 2022) i prestiti bancari alle imprese della Città Metropolitana di Venezia (società non finanziarie) sono diminuiti del 6,4 per cento (pari a 697,3 milioni di euro). In termini assoluti, nella nostra regione solo le province di Verona (-1,2 miliardi) e Padova (-958,5 milioni di euro) hanno subito una flessione più importante della nostra. Ritornando alla variazione percentuale, in Italia la media è scesa del 4,5 per cento e nei 20 Paesi dell’Eurozona, invece, è aumentata del 2,6 per cento.

Lo stock degli impieghi vivi erogati dalle banche alle imprese della ex provincia di Venezia è passato da 10,9 a 10,2 miliardi di euro.

Come mai in questo ultimo anno anche nel nostro territorio i rubinetti del credito sono tornati a chiudersi?

Gli esperti segnalano che il settore manifatturiero origina la gran parte della domanda complessiva di credito in capo alle imprese. La situazione di rallentamento dell’economia mondiale a cui si aggiunge il forte inasprimento del costo del denaro imposto in quest’ultimo anno dalla BCE avrebbero indebolito notevolmente la richiesta di liquidità. Va altresì sottolineato che nel periodo della pandemia molte imprese avevano aumentato i risparmi. Ora, che la remunerazione dei depositi è tra le più basse d’Europa e i tassi passivi superano abbondantemente il 4 per cento, tante aziende trovano più conveniente finanziarsi prelevando le risorse allocate nel proprio conto corrente.

A questi risultati è giunto l’Ufficio studi della CGIA che ha elaborato i dati resi disponibili dalla Banca Centrale Europea.

Il credit crunch ha colpito soprattutto le piccolissime imprese. A Francoforte “preferiscono” la crisi all’inflazione

Dal 2011 il trend dei prestiti bancari alle aziende è in costante calo; una leggera inversione di tendenza si è verificata tra i primi mesi del 2020 e settembre 2022, grazie alle garanzie pubbliche misure messe in campo dal Governo Conte 1 e Conte 2 che hanno consentito agli imprenditori di accedere al credito con maggiore facilità. Nell’ultimo anno, purtroppo, la tendenza ha cambiato segno. L’aumento dei tassi di interesse ha contribuito in misura determinante a ridurre il flusso dei prestiti alle attività economiche e a pagarne maggiormente le conseguenze sono state le piccole imprese.

“È evidente che il ricorso all’autofinanziamento non potrà durare a lungo – esordisce il Presidente della CGIA Roberto Bottan – e con il forte rallentamento dell’economia mondiale in atto corriamo il pericolo di scivolare verso una nuova recessione. Alla luce di ciò, è evidente che in questi mesi a Francoforte ci sia più di qualcuno che attraverso il continuo aumento del costo del denaro abbia preferito spingere l’Europa verso una nuova crisi economica, anziché avere una inflazione che le previsioni di fine 2022 la stimavano per l’anno in corso comunque in deciso calo e su un valore medio attorno al 6 per cento. Ovviamente è una provocazione, ma un fondo di verità c’è”.

Banche sempre più ricche

Se il ritorno dell’inflazione ha comportato un generale impoverimento delle famiglie italiane, le banche, invece, hanno registrato risultati di bilancio straordinariamente positivi. Nel 2022, infatti, gli istituti di credito del nostro Paese hanno totalizzato, al netto delle imposte, 21,8 miliardi di euro di utili, praticamente 8 miliardi in più rispetto al 2021 (+58 per cento). Questa situazione è stata confermata anche nei primi sei mesi di quest’anno. Tra i primi gruppi bancari italiani la crescita percentuale degli utili è stata molto positiva. Solo uno, BPER BANCA, nonostante un utile netto di quasi 705 milioni di euro, ha registrato una flessione (-49,1 per cento). Ovviamente non possiamo che rallegrarci di fronte a questi risultati; vuol dire che la governance di questi istituti bancari è di grande qualità. Tuttavia, è evidente che nell’ultimo anno – con tassi attivi praticati sui depositi pari allo zero virgola e quelli negativi applicati sui prestiti o sui mutui si attestano attorno al 5 per cento – la politica monetaria della BCE ha favorito gli ottimi risultati di bilancio conseguiti dagli istituti di credito. Ora ci auguriamo che questi vantaggi economici accumulati nell’ultimo anno e mezzo vengano in parte redistribuiti, riconoscendo, ad esempio, una remunerazione “dignitosa” a chi continua a tenere i propri risparmi nel conto corrente bancario.

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