Come liberarci dalla trappola dell’e-mail

Quante mail ricevi al giorno? Cinquanta? Ottanta? E a quante rispondi? Altrettante?

Secondo McKinsey, un impiegato medio trascorre oltre il 25% della settimana lavorativa a gestire le e-mail. Per un imprenditore, manager, professionista questo tempo è spesso anche maggiore, e più costoso.

Tom Cochran, direttore di Atlantic Media, società americana di media on line, pensa che sta passando troppo tempo a gestire le email. Decide di quantificarne tempi e costi e ne scrive sulla Harvard Business Review:

“La mia job description non include la gestione del flusso di posta elettronica. Probabilmente neppure la tua. Ma è sempre più parte rilevante del lavoro che facciamo. Mi sono accorto che gestivo 160 e-mail al giorno. Anche se fossi efficiente ed elaborassi ogni e-mail in 30 secondi, ci vorrebbe comunque un’ora e mezza. Ho analizzato i contenuti della gestione della posta in una settimana: 47 e-mail contenevano documenti per la mia revisione, 235 e-mail in entrata provenivano da colleghi dell’azienda. Il 46% dei miei colleghi mi ha messo in copia in mail con altro destinatario.Cochran poi fa i conti. Considera la velocità di digitazione media, la velocità di lettura, il tasso di risposta, il volume di e-mail, lo stipendio medio e il totale dei dipendenti. E conclude: “L’inquinamento da e-mail chiede tempi e costi da capogiro. La mia azienda spendeva ben oltre un milione di dollari l’anno a retribuire persone per elaborare email. Ogni singola e-mail ha consumato fino a 95 centesimi di costo del lavoro. Ci saremmo potuti comprare un aereo!”

Anche noi, ogni giorno, nuotiamo nelle mail.

Come non scivolare su 8 “bucce di banana”:

  1. Rispondo subito.

E’ il mito della reattività come valore. Pensiamo che rispondere subito ci renda più affidabili. In realtà, ci fa apparire perennemente disponibili. Perché non controllare la posta solo due volte al giorno? Ad esempio, alle 11:00 e 16:00, comunicandolo a clienti e colleghi. Il tempo recuperato è sorprendente.

L’alternativa non è non rispondere. Questo è solo maleducato.

  1. L’illusione dell’essere importanti se rispondiamo personalmente

Quante e-mail continuiamo a gestire in prima persona perché “solo io so rispondere al meglio”? È una trappola. Delegare è leadership, non fuga. McKinsey cita esempi di CEO che hanno ridotto del 60% le e-mail in entrata reindirizzando ai referenti di funzione tutte le richieste ricorrenti.

  1. L’alibi della copia per conoscenza

Mettere tutti in cc “per sicurezza” non protegge: paralizza. Meglio usare il modello RACI (Responsabile, Autorizzatore, Consultato, Informato) che aiuta a inviare meno messaggi e ai destinatari giusti.

  1. Il concetto della mail come status

Molti considerano l’alto numero di e-mail ricevute come un segno di importanza. È l’opposto: un bravo leader semplifica, non complica.

  1. Il multitasking che distrae

Leggere e rispondere mentre si è in riunione o al telefono è una falsa efficienza. Rallenta i processi decisionali e aumenta gli errori. Poi, è scortese, gli altri se ne accorgono.

  1. L’inbox come to-do list

Chi lascia decine (o centinaia) di e-mail in inbox per non dimenticare nulla, finisce sommerso. Ogni e-mail va elaborata, archiviata, delegata o programmata. Nessuna eccezione.

  1. La finta efficienza di scrivere

Scrivere una mail anziché affrontare una conversazione spesso nasconde la paura del confronto. Ma una chiacchierata di due minuti risolve spesso molto più di 10 e-mail.

  1. Il tempo per “sistemare” non si trova mai

Rimandare la riorganizzazione dei flussi digitali è pericoloso. Bastano 30 minuti a settimana per creare regole, cartelle, automatismi che fanno la differenza.

“Alcuni mesi fa abbiamo migliorato le comunicazioni, riducendole drasticamente. Non dobbiamo più inviare in posta elettronica documenti da modificare, perché possiamo farlo via Google Docs. Per tutti noi l’uso della posta elettronica è diminuito del 15%.”

Esistono oggi strumenti tecnologici per risolvere qualunque esigenza di comunicazione: software di collaborazione, comunità social, messaggistica istantanea, il tutto sostenuto dall’onnipresente cloud. Con grande risparmio di tempo e di energie dedicate ad attività che non producono valore.

In definitiva, non sono le e-mail a essere “le colpevoli” ma il nostro modo di gestire la comunicazione con clienti, colleghi, collaboratori.

Serve un cambio di mentalità: da gestori compulsivi a leader che pensano e usano il tempo con intelligenza. Il proprio e quello degli altri.

Non dimentichiamo che abbiamo anche a disposizione una tecnica semplice, utile e poco costosa: parlarsi.

La frase su cui riflettere

“L’e-mail è diventata la lista delle priorità degli altri sulla tua scrivania”, Tim Ferriss, imprenditore, autore del best seller “4 ore alla settimana”.

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