Come un atleta

 Come un atleta

Pechino, villaggio olimpico,13 agosto 2008. La sveglia suonò alle sei e trenta. Il nuotatore Michael Phelps si alzò dal letto e si calò immediatamente nella sua routine. Nei giorni precedenti aveva già vinto tre medaglie d’oro e quel giorno aveva in programma due gare. Alle sette era in mensa per la consueta colazione: uova, avena e quattro frullati energetici. La prima gara di Phelps, i 200 farfalla, la competizione più dura, era in programma per le 10.00. Due ore prima di salire sui blocchi cominciò il programma di stretching. Poi, entrò in acqua per quarantacinque minuti di riscaldamento. Quando Bob Bowman, esperto allenatore di nuoto aveva notato il fisico di Phelps si era reso conto che poteva diventare un campione. Ma il ragazzo era emotivo, e non riusciva a mantenere la calma prima delle gare. Bowman credeva che nel nuoto la chiave per vincere fosse creare le giuste routine. Sapeva che Phelps aveva un fisico perfetto per la piscina. Ma per gareggiare alle Olimpiadi è necessaria anche una mente perfetta.

Mancavano quattro minuti alle 10.00, e Michael era in piedi dietro il suo blocco di partenza per i 200 farfalla. Saltellava sulle punte. Quando lo speaker annunciò il suo nome, salì sul blocco, poi scese, come sempre prima di una gara. Oscillò le braccia tre volte, come sempre prima di ogni gara, da quando aveva dodici anni. Un rito per favorire la concentrazione. Risalì e, al colpo di pistola, si tuffò. Appena toccata l’acqua si accorse che qualcosa non andava. Gli occhialini erano leggermente appannati. Alla seconda virata, vedeva tutto sfocato. Alla terza virata, gli occhialini erano pieni d’acqua, non vedeva più nulla. Non vedeva la linea sul fondo della piscina, né la T nera che segnalava l’arrivo. Non vedeva quante bracciate gli restavano. Non vederci alla finale olimpica avrebbe gettato nel panico qualunque nuotatore. Ma Phelps era tranquillo. Gli occhialini difettosi erano un contrattempo poco importante. Il suo allenatore Bowman l’aveva fatto nuotare alcune volte al buio perché fosse pronto ad affrontare qualsiasi situazione. Sapeva come reagire. All’inizio dell’ultima vasca Phelps poteva calcolare quante bracciate avrebbe richiesto lo sforzo finale – diciannove o venti, forse ventuno – e aveva cominciato a contare. Il rush finale era una delle sue armi principali per schiacciare gli avversari. Diciotto bracciate dopo capì che era quasi all’arrivo. Sentiva l’urlo della folla, ma non vedendo nulla non sapeva se applaudissero lui o un altro concorrente. Diciannove, venti. Capì che ne serviva un’altra. Con la ventunesima, lunghissima bracciata toccò la parete. Aveva calcolato il tempo alla perfezione. Strappandosi gli occhialini guardò in alto, verso il tabellone. Lesse 1’52’’03 e vicino al suo nome «WR» World Record– record mondiale.

Allenamento costante, routine che ti dà lucidità nelle crisi, problem solving fuori dagli schemi.

Anche noi imprenditori siamo atleti.

Anche a noi servono queste doti. Ma non sempre le nostre abitudini ci sono di aiuto nella competizione quotidiana. E alcune cattive abitudini sono veri e propri attentati alla sopravvivenza delle nostre imprese:

  1. Mancanza di sicurezza sul lavoro: Non seguire le procedure di sicurezza, ignorare l’uso di dispositivi di protezione individuale o non segnalare correttamente i potenziali pericoli sul posto di lavoro.
  2. Bassa qualità del lavoro: Svolgere le attività in modo superficiale o non rispettare gli standard di qualità richiesti per i prodotti o i processi di produzione.
  3. Poca attenzione all’efficienza: Sprecare materiale o energia, non ottimizzare i processi di produzione o trascurare le pratiche di manutenzione preventiva.
  4. Scarso rispetto delle scadenze: Non rispettare i tempi di consegna dei prodotti, ritardando la produzione o l’assemblaggio.
  5. Comunicazione inefficace: Mancanza di comunicazione chiara tra i dipendenti o tra i dipartimenti, causando malintesi o ritardi nella coordinazione delle attività.
  6. Assenteismo o puntualità scadente: Assenze frequenti o ritardi ripetuti che influiscono sulla continuità operativa e sulle tempistiche dei progetti.
  7. Poca collaborazione tra i dipendenti: Mancanza di teamwork e di condivisione delle informazioni o delle conoscenze, che può ostacolare la produttività e la soluzione dei problemi.
  8. Scarso controllo dei costi: Mancanza di attenzione ai costi dei materiali, delle forniture o dell’energia utilizzati durante il processo produttivo.
  9. Resistenza al cambiamento: Rifiutare di adattarsi a nuovi processi, tecnologie o metodologie di lavoro, che possono rallentare l’innovazione e l’efficienza aziendale.
  10. Manutenzione inadeguata delle attrezzature: Non eseguire la manutenzione regolare delle macchine o degli strumenti, causando guasti frequenti o una ridotta efficienza delle attrezzature.

E noi personalmente scivoliamo su alcune bucce di banana di cattive abitudini:

  1. Rimandiamo attività importanti, procrastiniamo, causando ritardi e accumulo di lavoro,
  2. Arriviamo in ritardo al lavoro o alle riunioni, disturbando la pianificazione e creando un’immagine negativa,
  3. Non rispettiamo le scadenze rallentando i progressi del team e causando nervosismo nell’organizzazione,
  4. Mostriamo disinteresse verso i collaboratori
  5. Siamo disorganizzati o inefficienti nella gestione del tempo, disperdiamo energie in attività non produttive o non prioritarie.
  6. Non comunichiamo in modo chiaro o tempestivo, causando malintesi o ritardi nelle attività di lavoro.
  7. Siamo poco collaborativi o egoisti nel lavoro di squadra, non condividendo le risorse o le conoscenze
  8. Reagiamo in modo negativo o poco professionale allo stress o alle sfide lavorative, influenzando l’ambiente di lavoro e il morale del team.
  9. Ignoriamo le politiche e le procedure aziendali, usiamo in modo improprio le risorse o creiamo un ambiente poco professionale.

Ci sono aziende che hanno lavorato per eliminare cattive abitudini e promuovere abitudini migliori tra i propri dipendenti:

  1. Toyota ha un’impronta culturale conosciuta come “Toyota Production System” (TPS), che si concentra sull’eliminazione degli sprechi e sull’ottimizzazione dei processi. Questo sistema ha permesso all’azienda di sviluppare abitudini di miglioramento continuo, coinvolgendo i dipendenti nella risoluzione dei problemi e nella ricerca di modi per aumentare l’efficienza e la qualità.
  2. Zappos l’azienda di vendita al dettaglio online, si è concentrata sull’eliminazione delle cattive abitudini di servizio clienti e sulla promozione di una cultura aziendale positiva. Hanno implementato un processo di formazione e sviluppo per i dipendenti che mette l’accento sull’eccellenza del servizio clienti e sulla creazione di un ambiente di lavoro divertente e inclusivo.
  3. Patagonia nota per i suoi prodotti outdoor, ha lavorato per ridurre l’impatto ambientale delle proprie operazioni e promuovere abitudini sostenibili. Hanno adottato misure per ridurre il consumo di energia, utilizzare materiali riciclati e incoraggiare i dipendenti ad abbracciare uno stile di vita eco-sostenibile.

 

Le abitudini poggiano su 4 pilastri: segnale, routine, ricompensa e rinforzo.

 

  1. Il segnale è uno stimolo che indica al cervello che è il momento di eseguire una determinata azione. Può essere qualcosa di esterno, come un orario specifico, un luogo o una persona, oppure può essere un segnale interno, come un’emozione o una sensazione fisica.
  2. La routine è l’azione che eseguiamo in risposta al segnale. Può essere qualcosa di semplice come bere una tazza di caffè al mattino. La chiave è che diventi un comportamento automatico che eseguiamo quasi senza pensarci.
  3. La ricompensa è ciò che otteniamo o percepiamo come risultato della nostra routine. La ricompensa è un elemento cruciale perché il cervello associa l’azione alla gratificazione, rendendo più probabile che ripetiamo l’abitudine in futuro.
  4. Il rinforzo è il meccanismo che rafforza l’abitudine nel tempo. Più volte ripetiamo il ciclo dell’abitudine, più si rafforza il legame tra segnale, routine e ricompensa. Il cervello tende a cercare l’efficienza e cerca di automatizzare le azioni che portano a una ricompensa.

 

7 Soluzioni:

 

  1. Crea una nuova routine: Identifica quali azioni o comportamenti sostitutivi puoi adottare al posto dell’abitudine indesiderata. Progetta una nuova routine che incorpori questi comportamenti alternativi. Ad esempio, se hai l’abitudine di procrastinare, puoi creare una nuova routine che preveda l’inizio di un compito immediatamente
  2. Pianifica e lavora per priorità: Organizza il tuo lavoro in modo da avere un piano dettagliato delle attività da svolgere. Stabilisci obiettivi specifici e scadenze per ciascuna attività e assegna loro una priorità, per mantenere la concentrazione e a evitare di perdere tempo su compiti meno importanti.
  3. Utilizza una lista delle attività: Tieni una lista delle attività da completare e utilizzala come guida per la tua routine giornaliera. Inizia con le attività più importanti e urgenti. Spuntare le attività completate ti darà un senso di realizzazione e ti incoraggerà a continuare con la tua routine.
  4. Crea un ambiente di lavoro produttivo: Riduci le distrazioni e favorisci la concentrazione. Elimina gli oggetti o le situazioni che possono portare alla cattiva abitudine. Disattivare le notifiche mail e limitare il tempo trascorso sui social.
  5. Pratica la consapevolezza: Sii consapevole dei momenti in cui stai per cadere nella cattiva abitudine. Prendi una pausa prima di eseguire l’azione indesiderata e rifletti sulle conseguenze negative che potrebbe avere. Ti darà l’opportunità di prendere una decisione consapevole e di scegliere un’azione diversa.
  6. Crea vincoli e responsabilità: Rendi le tue azioni più visibili e responsabili nei confronti di te stesso o degli altri.
  7. Premia i successi: Celebrare i piccoli successi lungo il percorso può aiutarti a mantenere la motivazione e il desiderio di continuare a seguire la nuova routine. Riconosciti e concediti una ricompensa ogni volta che riesci a sostituire la cattiva abitudine con un comportamento più desiderabile.

Ricorda che cambiare un’abitudine richiede costanza. Sii paziente con te stesso e persisti nel perseguire la nuova routine. Con il tempo, la pratica e l’impegno costante, come un atleta.

La frase di oggi

“Siamo quello che facciamo continuamente”, Aristotele.

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