Competence Center: il trasferimento tecnologico e l’innovazione per le imprese

 Competence Center: il trasferimento tecnologico e l’innovazione per le imprese

Il piano industry 4.0 entra nel vivo con l’avvio dei competence center, grazie anche al raddoppio delle risorse economiche.
In origine erano 30 milioni, 20 per il 2017 e 10 per il 2018, grazie alla legge di Stabilità. Poi le risorse sono state raddoppiate con la manovra primaverile del governo: 10 milioni per il 2018 e 20 per il 2019, alzando il budget su un intero triennio ed equiparando la disponibilità di quest’anno con quella del prossimo. Un totale di 60 milioni di euro.

Per fare cosa? Per rafforzare il trasferimento tecnologico, la ricerca applicata, la formazione sulle tecnologie avanzate e le competenze che occorrono alle aziende e alle piccole e medie imprese per colmare il gap digitale e tecnologico nell’industrializzazione. A rendere possibile questo processo saranno i competence center, non degli acceleratori d’impresa né incubatori per startup, ma teste di ponte tra chi fa ricerca applicata alla tecnologia – università e istituti di ricerca – e chi traduce l’innovazione in prodotto, le aziende appunto. Un raccordo fondamentale che in Italia, tranne qualche raro caso come l’Istituto italiano di tecnologia, ancora mancava.

L’Italia, è bene ricordarlo, è il secondo paese manifatturiero d’Europa dopo la Germania (6,1), con la sua quota di 2,3% è al settimo posto nel mondo (dati Centro Studi Confindustria 2016) e già sfrutta il vento del brand “made in Italy”. Ma grazie al trasferimento tecnologico realizzato con l’aiuto dei competence center, può fare meglio, mettendo in pratica la più grande scommessa, “industry 4.0”: un piano trasversale di sviluppo per una produzione innovativa, non solo dove ci sono i cluster industriali specializzati ma soprattutto dove l’innovazione ancora arranca. Com’è noto, dove esiste un centro di ricerca o un istituto accademico, si sviluppa di norma un tessuto di pmi e aziende prolifico e laddove ancora non è forte, molto potranno fare i competence center: essi sorgeranno presso il Politecnico di Bari, l’Università Federico II di Napoli in coordinamento con gli altri atenei campani; l’ateneo di Bologna per la meccatronica; i politecnici di Milano e Torino; la Scuola Sant’Anna di Pisa, in partnership con la Scuola Normale Superiore; presso la rete delle università del Veneto coordinate con l’ateneo di Padova.

I competence Center costituiranno il primo network nazionale industry 4.0 e avranno una missione molto specifica:

  • dalla diffusione locale della conoscenza di base sulle tecnologie in ambito industria 4.0;
  • all’affiancamento delle imprese nella comprensione della propria maturità digitale e nell’individuazione delle aree di intervento prioritarie;
  • nel rafforzamento e nella diffusione delle competenze;
  • nell’orientamento alle imprese verso strutture di supporto alla trasformazione digitale e ai centri di trasferimento tecnologico;
  • nello stimolo e nel supporto alle imprese nel realizzare progetti di ricerca industriale e sviluppo sperimentale

La cabina di regia dei competence center sarà nelle mani delle università e centri di ricerca di eccellenza che  aiuteranno le aziende anche con forme di partecipazione pubblico-privato: dove un investitore vedrà un ritorno sull’intera filiera della produzione e sul territorio, comparteciperà  all’investimento pubblico, garantendo così uno sviluppo più poderoso e facendosi collettore degli interessi di diversi stakeholder.
Ma vediamo come si comporrà il network nello specifico: 77 Punti d’Impresa Digitale (PID) saranno in capo alle Camere di Commercio ed offriranno la diffusione della conoscenza di base sulle tecnologie in ambito Industria 4.0; 100 Innovation Hub (centri di innovazione per il trasferimento tecnologico), di cui 30 in capo a Confartigianato, 28 in capo a CNA, 21 in capo a Confindustria, 21 in capo a Confcommercio.

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