Conti pubblici: Unimpresa, l’inflazione spinge la spesa per interessi, +58 miliardi in 4 anni

 Conti pubblici: Unimpresa, l’inflazione spinge la spesa per interessi, +58 miliardi in 4 anni

L’inflazione avrà effetti negativi anche sui conti dello Stato italiano: la spesa per gli interessi sul debito pubblico, vale a dire quello che il Tesoro riconosce ai sottoscrittori di bot e btp, salirà complessivamente di oltre 58 miliardi di euro nell’arco di quattro anni, dal 2022 al 2025. Dalle casse dello Stato, rispetto al 2021, usciranno 11,4 miliardi in più quest’anno, 14,2 miliardi in più l’anno prossimo, 13,9 miliardi nel 2024 e 18,6 miliardi nel 2025. Anche per le pensioni sono previsti aumenti: in totale, tra il 2022 e il 2025, gli assegni Inps peseranno sulle casse dello Stato per oltre 161 miliardi in più: se nel 2021, le erogazioni previdenziali hanno raggiunto quota 286 miliardi, nel 2025 si arriverà a quasi 350 miliardi. Sono i dati principali di un’analisi del Centro studi di Unimpresa sulla Nadef (Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza), secondo la quale la spesa per interessi nel 2021 rappresentava il 3,6% del pil e nel 2022 arriverà al 4%, la spesa per le pensioni era al 16,1% del pil e arriverà al 16,4% nel 2025. «La strada del nuovo governo è particolarmente stretta, perché le esigenze di mantenere in equilibrio i conti pubblici restringono significativamente il raggio d’azione nel momento in cui si studiano misure e aiuti per famiglie e imprese» commenta il vicepresidente di Unimpresa, Giuseppe Spadafora. «In questo quadro, sarà decisiva la scelta del futuro ministro dell’Economia, una figura che dovrà essere capace, tra tensioni interne e pressioni internazionali, non solo di governare la complessa macchina del Tesoro, ma anche di saper mantenere un fondamentale punto di equilibrio, affianco al presidente del consiglio, per gestire le varie richieste di intervento economico che arriveranno sia dalle varie forze della maggioranza parlamentare sia in seno allo stesso governo» aggiunge Spadafora. Secondo il vicepresidente di Unimpresa «pur nelle difficoltà cagionate da un debito pubblico elevatissimo, sarà indispensabile continuare a sostenere famiglie e imprese con misure straordinarie, cercando di accelerare la cosiddetta “messa a terra” dei fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza».

Secondo l’analisi del Centro studi di Unimpresa, che ha elaborato dati riportati nell’ultima Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza, la spesa per interessi sul debito pubblico è destinata a salire progressivamente nei prossimi anni: l’aumento dell’inflazione ha fatto salire il costo del denaro, spingendo la Banca centrale europea ad alzare il tasso di riferimento, cosicché sono saliti anche i tassi d’interesse applicati ai bot e ai btp. Nel corso dell’anno, gli interessi delle ultime aste di titoli di Stato hanno infatti registrato progressivi aumenti. Ne è conseguita una crescita degli interessi: solo per il 2022, lo Stato italiano pagherà complessivamente 11,4 miliardi di euro in più, considerando che nel 2021 il totale del costo del servizio del debito si è attestato a quota 63,7 miliardi e quest’anno arriverà a 75,1 miliardi (+17,9%). L’anno prossimo, il Tesoro pagherà ai sottoscrittori di bot e btp 77,9 miliardi, pari a 14,2 miliardi in più rispetto al 2021 (+22,3%). E ancora: nel 2024, la spesa complessiva si fermerà a quota 77,7 miliardi, in lieve calo rispetto all’anno precedente, ma comunque più alta, rispetto al 2021, di 13,9 miliardi (+21,9%); nel 2025, dalle casse dello Stato usciranno complessivamente 82,5 miliardi di interessi diretti ai sottoscrittori di titoli pubblici, pari a una differenza di 18,6 miliardi rispetto all’anno scorso (+29,3%). Complessivamente, nell’arco dei cinque anni in esame, la spesa per interessi su titoli di Stato si attesterà a quota 377,1 miliardi, ben 58,3 miliardi in più rispetto a quanto sarebbe uscito dalle casse del Tesoro se l’inflazione non avesse spinto la crescita degli interessi lasciando stabile il costo del servizio del debito. La spesa per interessi, che rapportata al pil era al 3,6% nel 2021, salirà al 4,0% quest’anno, poi arriverà al 3,9% nel 2023, al 3,8% nel 2024 e al 3,9% nel 2025: rispetto allo scorso anno, dunque, il peso degli interessi su bot e btp sarà sempre più alto nel quadriennio 2022-2025.

L’impennata dell’inflazione rappresenta uno dei fattori, assieme, soprattutto, al dato demografico, che farà crescere anche la spesa per le pensioni: nel 2021 gli “assegni Inps” sono costati, complessivamente 286,2 miliardi e già quest’anno si registrerà una crescita di 11,1 miliardi (+3,9%) con un totale di 297,3 miliardi. Nel 2023 il totale della spesa per le pensioni salirà a quota 320,8 miliardi, in salita di 34,5 miliardi (+12,1%) rispetto al 2021; nel 2024, il totale salirà ancora a 338,2 miliardi, in aumento di 52,1 miliardi (+18,2%) rispetto al 2021 e nel 2025, poi, l’ammontare della spesa per le pensioni arriverà a 349,7 miliardi, con una variazione positiva di 63,5 miliardi (+22,2%) sullo scorso anno. Complessivamente, nell’arco dei cinque anni in esame, la spesa per le pensioni si attesterà a quota 1,592,5 miliardi, ben 161,1 miliardi in più rispetto a quanto sarebbe uscito dalle casse pubbliche se l’inflazione non avesse contribuito a spingere all’insù gli assegni Inps con il prescritto adeguamento al costo della vita. La spesa per le pensioni, che rapportata al pil era al 16,1% nel 2021, si fermerà al 15,7% quest’anno, poi salirà al 16,2% nel 2023, al 16,4% nel 2024 e nel 2025: rispetto allo scorso anno, dunque, il peso degli interessi su bot e btp sarà sempre più alto nel quadriennio 2022-2025, con l’eccezione del 2022, poiché l’adeguamento degli assegni pensionistici è previsto per gennaio 2023.

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