CRIF Rating Agency: nel terzo trimestre 2014 torna ad aumentare il rischio di credito delle imprese italiane

Entrando nello specifico dei singoli macro settori, in particolare si nota come il commercio al dettaglio, con il 6.4%, abbia un tasso di default lievemente più alto degli altri comparti considerati, seguito a breve distanza dalla manifattura (con il 6.1%).
«In effetti il commercio è il segmento che più ha risentito della contrazione dei consumi e del crollo della domanda interna e delle difficoltà che hanno incontrato le famiglie in questa lunga crisi, dove il mercato del lavoro ha registrato una significativa contrazione degli occupati» commenta Daniela Bastianelli, Senior Analyst di CRIF.
Nei servizi, invece, la dinamica del rischio segue il trend di crescita mantenendo il tasso di default sostanzialmente in linea con la media nazionale.
Anche la parte manifatturiera del Paese mostra un andamento instabile e, seppure nella variabilità delle diverse specializzazioni, esprime complessivamente un tasso di default in aumento e pari al 6.1% rispetto al 5.6% del trimestre precedente.
Dall’analisi condotta da CRIF Rating Agency spiccano alcune specializzazioni e nicchie produttive che vantano un buon posizionamento sui mercati e si caratterizzano per un tasso di default inferiore alla media della manifattura, ne è un esempio l’industria meccanica, fiore all’occhiello dell’industria italiana. Per contro si notano le difficili condizioni in cui versa l’intera filiera delle costruzioni, con indicatori di rischio sensibili al vistoso calo del mercato immobiliare.
In questo scenario va contestualizzata la dinamica dei finanziamenti per il sostegno all’economia reale, con i prestiti alle imprese che a Novembre 2014 hanno subito ancora una variazione negativa, seppure in attenuazione, pari al -2.6% rispetto al Novembre 2013, anche a causa di politiche di offerta particolarmente restrittive indiscutibilmente collegate ad una rischiosità creditizia che per tutto il 2014 si è mantenuta su livelli relativamente elevati malgrado la prudenza della domanda e la selettività dell’offerta di credito.
«La stretta creditizia ha dunque ridotto drasticamente il principale strumento di finanziamento e linfa per investimenti e crescita. D’altra parte il legame tra banca e impresa in Italia è ancora molto forte e l’avvicinamento delle imprese al mercato dei capitali è una scelta di pochi oltre che un percorso ancora in evoluzione, come ben illustrato anche dalla recente ricerca di CRIF Rating Agency sulle imprese italiane target per l’emissione di minibond» – continua la Bastianelli.
La mancanza di investimenti, fenomeno che perdura ormai da diversi anni, rappresenta però un’importante ipoteca sul futuro e può senza dubbio generare un gap rispetto agli investimenti degli altri paesi, difficile da recuperare. Questo aspetto potrebbe avere un impatto anche nel lungo periodo in termini di competitività sul fronte internazionale, che ancora oggi rappresenta una grande risorsa per le società ‘export oriented’.
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