Dai bias alla sindrome dell’impostore, SumUp: 4 suggerimenti per rompere il “soffitto di cristallo” e aumentare la presenza femminile nei ruoli di leadership

 Dai bias alla sindrome dell’impostore, SumUp: 4 suggerimenti per rompere il “soffitto di cristallo” e aumentare la presenza femminile nei ruoli di leadership

Nel mondo del lavoro, per le donne è ancora evidente la difficoltà a rompere il “soffitto di cristallo”, a raggiungere cioè ruoli di rilievo all’interno della propria organizzazione lavorativa o sociale o ad affermare la parità dei diritti, a causa di barriere e discriminazioni sociali, culturali e anche psicologiche.

A confermarlo sono anzitutto i numeri: secondo un sondaggio IBM, ad esempio, su 2.300 organizzazioni mondiali meno di 2 ruoli di responsabilità su 10 (tra cui CEO, vicepresidenti, direttori e senior manager) sono ricoperti da donne e un’analisi condotta da Preply rivela che le donne rappresentano solo il 4,7% dei più importanti CEO a livello mondiale.

Per raggiungere un equilibrio di genere sul lavoro è necessario affrontare i pregiudizi inconsci – a partire dal processo di assunzione: secondo il Gender Insights Report di LinkedIn, nell’esaminare i candidati i recruiter hanno il 13% di probabilità in meno di cliccare e visualizzare il profilo di una donna quand’esso compare nelle ricerche. Eppure, nel momento in cui vengono esaminati, i profili delle donne risultano qualificati tanto quanto quelli maschili.

È necessario, quindi, che le aziende lavorino su più fronti per abbattere barriere, stereotipi e pregiudizi e per creare una cultura aziendale che valorizzi la diversità e all’interno della quale la donna non si senta in difetto.

A fare il punto sul tema è SumUp, fintech leader nel settore delle soluzioni digitali e cashless per le piccole imprese e sempre al fianco delle donne e imprenditrici di tutto il mondo.

Insieme a Felizitas Lichtenberg (she/her), sua Global Head of Diversity and Inclusion, e a Nastasia Neumann (she/her), sua Lead Talent Acquisition Partner, la fintech sta infatti portando avanti un percorso che mira a valorizzare i migliori talenti professionali e individuali e a creare una cultura aziendale in cui la partecipazione femminile nei ruoli di leadership venga supportata.

Anche grazie a questo lavoro continuo, SumUp può oggi vantare il 51% di donne tra i dipendenti dell’azienda; inoltre, nell’ultimo anno, la presenza femminile in ruoli executive è passata dal 17% al 25%; nel 2021, con l’impegno ad assumere il 30% di donne nei ruoli dirigenziali, Sumup ha raggiunto l’obiettivo del 48%. Si tratta di risultati particolarmente importanti considerando il settore i cui opera la fintech. Inoltre, proprio in questi giorni la Vicepresidentessa del Design di SumUpPamela Mead, ha ricevuto il riconoscimento come una delle 25 donne leader nella tecnologia finanziaria da parte del Financial Technology Report: entrata in SumUp nel 2019, Pamela lavora con il suo team mettendo al primo posto nella progettazione dei prodotti l’accessibilità, per creare soluzioni che siano efficaci, utili, ma soprattutto inclusive per tutti i commercianti.

Un esempio e un apprezzamento importante che dà ancora più forza a SumUp nel proseguire questa crescita e la dedizione per aumentare ulteriormente la presenza di donne in ruoli di leadership. “Per farlo – spiegano Felizitas Lichtenberg e Nastasia Neumann – è necessario decostruire i bias inconsci (come, ad esempio, la sindrome del ‘mini-me’ o i cosiddetti in-group bias), radicati nella società e nelle persone, inclusi i recruiter e i responsabili delle assunzioni e delle Risorse Umane. È fondamentale aumentare la consapevolezza generale in merito ai pregiudizi e a come le micro-disuguaglianze possano manifestarsi in ogni contesto, così da migliorare le strategie di ricerca, attingendo talenti da diversi e nuovi network. Allo stesso tempo, bisogna supportare le donne affinché superino convinzioni autolimitanti e sovrastrutture (ad esempio la sindrome dell’impostore)”.

Un processo delicato che parte dalle strategie da applicare già in fase di recruiting e nella comunicazione interna all’azienda, e che, come spiega SumUp, è necessario per costruire una cultura aziendale sana, che garantisce il rispetto dei diritti di tutti e favorisce la crescita professionale dei singoli e dei team di lavoro.

Proprio con l’intento di ispirare altre aziende ad avere un approccio inclusivo e accogliente che valorizzi le figure femminili, Felizitas Lichtenberg, Nastasia Neumann e SumUp condividono quattro punti chiave che stanno sperimentando per migliorare giorno dopo giorno la crescita delle donne in azienda.

1 – Evitare i bias in fase di recruiting

La collaborazione tra il team Diversity & Inclusion e quello delle Risorse Umane è fondamentale: da una parte è necessario incoraggiare candidature al femminile anche attraverso annunci di lavoro inclusivi, dall’altra bisogna formare i recruiter e gli HR Manager affinché non svolgano i colloqui basandosi, anche inconsciamente, su bias e pregiudizi. Proprio per questo, ad esempio, SumUp sta adottando una strategia per la quale i colloqui vengono svolti attraverso diverse interviste: mettere insieme più opinioni su un candidato aiuta ad eliminare i bias inconsci che un singolo recruiter potrebbe avere e a far sì che si ottenga una visione il più oggettiva possibile. In particolare, per i ruoli “senior” si prevedono anche più interviste con numerosi stakeholder interni all’azienda.

2 – Eliminare la sindrome del “mini-me” (o in-group bias)

Un approccio al recruiting di questo tipo aiuta ad arginare la cosiddetta sindrome del “mini-me” (o i cosiddetti in-group bias), che porta referenti e dirigenti a favorire o cercare candidati che siano il più simili possibile a loro per età e genere, mentalità, esperienza nel settore, con cui condividono formazione scolastica e lavorativa, ma anche hobby. Tuttavia, creare un luogo di lavoro con individui troppo simili tra loro può essere controproducente: si rischierebbe soltanto di ottenere un team poco diversificato, mancante di innovazione e punti di vista differenti.

3 – La condivisione fa la forza contro la sindrome dell’impostore

Uno spazio di lavoro sicuro è un luogo all’interno del quale sentirsi liberi, a qualunque livello di seniority, di condividere i propri errori e di mostrarsi vulnerabili, senza per questo sentirsi giudicati.

Raccontare le proprie difficoltà può aiutare a sentirsi meno soli, ad esempio raccogliendo esperienze dirette da parte di colleghi che si trovano – o si sono trovati – ad affrontare situazioni analoghe. Nel caso delle donne, ad esempio, è comune la cosiddetta “Sindrome dell’Impostore”, una condizione psicologica per la quale un individuo arriva a dubitare delle proprie competenze e a non riuscire a riconoscere neanche i propri meriti. A causa di questa condizione, molti professionisti non raggiungono ruoli di leadership: temono, infatti, di non essere adeguati e di non poter pretendere o meritare aumenti e incarichi di responsabilità. In un contesto lavorativo aperto all’ascolto, invece, una persona può scoprire di non essere la sola a vivere questa specifica condizione e, grazie al supporto di colleghi e colleghe, superare questo “disturbo” e ritrovare la propria serenità e sicurezza sul lavoro.

“Nei momenti in cui ho dubbi o insicurezze mi ritrovo addirittura a pensare cosa farebbe un uomo al mio posto”, spiega Pamela Mead, Vicepresidentessa del Design di SumUp, portando la sua personale esperienza nel superare la sindrome dell’impostore. “Riesco a superare queste incertezze cambiando la mia modalità di pensiero e spostando invece l’attenzione sui miei punti di forza e su ciò che so fare meglio. In questo processo, aiuta molto la condivisione con amici e colleghi: è un modo per ricordare a me stessa tutto quello che sono riuscita a fare. Allo stesso tempo, quando altre persone si confidano con me raccontandomi i dubbi su loro stessi, consiglio di focalizzarsi sui punti di eccellenza e su quello che hanno raggiunto. L’aspetto più curioso – e che fa molto riflettere – è che spesso quando ci si mette in discussione ci si accorge che in realtà gli altri dall’esterno hanno una percezione completamente diversa: ad esempio, arrivano a farmi i complimenti per come ho gestito una presentazione o per la sicurezza mostrata. Per questo, il messaggio importante che vorrei dare è: la voce interiore è sempre molto critica, bisogna ascoltarla, ma non farsi mai sopraffare”.

4 – Promuovere il processo di Allyship

Per aumentare la presenza femminile nei ruoli di leadership – in azienda e anche più in generale nei team e nei settori  tecnico e scientifico – servono educazione all’ascolto e sensibilizzazione su vari livelli. Questo serve a promuovere un processo di Allyship, in cui tutti siano coinvolti attivamente per l’inclusione e la crescita degli altri, eliminando le micro-iniquità quotidiane. Questo significa, ad esempio, sostenere anche situazioni che non ci riguardano direttamente, ma che sono importanti per altri membri del team, condividere le proprie esperienze e fare network anche attraverso workshop interni: un esempio è l’Inclusive Leadership Workshop, a cui ha partecipato oltre il 50% dei leader di SumUp e su cui vengono formati i nuovi membri dei team. Proprio per questo Nastasia Neumann, Lead Talent Acquisition Partner di SumUp, prenderà parte al FemTechConf Women in Tech Q1 Summit – dove condividerà con professioniste provenienti da numerose aziende internazionali la propria esperienza relativa alla sindrome dell’impostore, con l’intento di trovare spunti e soluzioni per affrontare collettivamente la questione.

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