Digitalizzazione: tappa obbligata del processo di crescita. Dalla crisi emerge la nuova consapevolezza delle piccole imprese

 Digitalizzazione: tappa obbligata del processo di crescita. Dalla crisi emerge la nuova consapevolezza delle piccole imprese

Per il 43% delle imprese individuali, il 35% delle società di persone e il 30% delle società di capitali italiane la digitalizzazione è ormai “una tappa fondamentale del processo di crescita” dell’azienda. È quanto emerge dal secondo Osservatorio Piccole Imprese Italiane lanciato da Credimiil più grande digital lender per le imprese in Europa Continentale, e realizzato da Nextplora, agenzia di Insight Management, su un campione di 1.200 aziende con fatturato fino a 10 milioni di euro, suddivise in parti uguali tra i settori di industria, commercio, edilizia e servizi e analizzate per forma giuridica (ditte individuali, società di persone, società di capitali).[1] Una consapevolezza che nasce anche dal fatto che una maggiore adozione di strumenti digitali non solo permette di rispondere meglio alle modificate esigenze dei clienti ma permette anche di gestire in modo più efficiente molti processi aziendali. Ad effettuare gli investimenti maggiori nell’ultimo anno sono state le aziende operanti nei servizi (68%) seguite da quelle dell’industria (59%) e del commercio (57%). Le resistenze più forti a questo tipo di investimento arrivano dal settore dell’edilizia, dove solo il 34% delle imprese ha investito in digitalizzazione. 

Dove impatta la digitalizzazione

Gli investimenti degli ultimi 12 mesi si sono concentrati principalmente sulla creazione del sito Internet e dei profili social (38% industria, 32% commercio, 22% edilizia, 43% servizi). Molte società hanno deciso anche di investire nello sviluppo delle piattaforme di e-commerce (16% industria, 24% commercio, 6% edilizia, 17% servizi) e nel marketing digitale (14% industria, 19% commercio, 5% edilizia, 18% servizi).  Più ridotti, ma presenti, quegli investimenti rivolti alla riorganizzazione dei processi aziendali, come CRM per la gestione e l’assistenza ai clienti (8% industria, 6% commercio, 3% edilizia, 8% servizi) o all’acquisto di software per la progettazione, per la gestione del magazzino e della logistica, delle risorse umane, dei processi interni di organizzazione.

La percezione della rilevanza del digitale sul proprio business è molto frammentata: se quasi la metà delle ditte individuali lo considera un driver fondamentale per la crescita e il 25% delle piccole imprese dei servizi dichiara che sarà “il principale obiettivo per il prossimo anno”, è pur vero che il 24% delle società di persone e il 36% delle piccole imprese nel settore edile pensano che “non sia necessario”. Sembra esserci poca chiarezza anche sulle finalità del digitale: se in tutti i settori e per tutte le dimensioni aziendali si pensa che possa “migliorare i processi di vendita” (risposta data dal 30% degli intervistati in media), tuttavia, sono pochissimi gli imprenditori convinti che la digitalizzazione possa incidere sul fatturato: dal 6% delle ditte individuali, all’11% delle società di capitali al 13% delle società di persone; dal 3% dell’edilizia, al 10% dell’industria, al 12% dei servizi, fino a un picco del 19% per le imprese del commercio.

A investire di più le imprese con fatturato fino a un milione di euro, specialmente nel Sud e nelle Isole

A investire di più nell’ultimo anno sono state le imprese con un fatturato annuo fino a un milione di euro e le ditte individuali. Probabilmente perché sono quelle che nella digitalizzazione vedono i ritorni più rapidi, anche grazie a operazioni mirate sulla gestione dei magazzini e sulla produzione. E sono anche quelle che investono di più: fino a 30mila euro l’anno, per le ditte individuali, impegnati nel 50% dei casi nella creazione di siti Internet e profili social, nel 35% in piattaforme e-commerce, nel 22% in marketing digitale, nel 16% in software per la progettazione e la produzione, nel 15% in software e strumenti per la gestione del magazzino e della logistica, nel 14% per la creazione di CRM.

Dal punto di vista geografico, invece, le Isole e il Sud Italia investono molto di più del Nord e del Centro: il 40% ha investito nel sito web e nei social (contro il 36% del Nord e il 23% del Centro Italia), il 22% in piattaforme e-commerce (contro il 13% di Centro e Nord), il 20% in marketing digitale (16% al Centro e solo 9% al Nord). Di contro, non hanno investito nulla in digitalizzazione il 54% delle imprese del Centro Italia, il 48% del Nord, ma “solo” il 33% delle imprese con sede in Sud Italia e nelle Isole.

La maggior parte delle piccole imprese investe con mezzi propri

Nel complesso, per gran parte delle aziende, la digitalizzazione rappresenta sì una tappa fondamentale, ma spesso è difficile capire come mettere in atto il cambio di strategia. Molti non nascondono di decidere da soli o seguendo il consiglio di amici quali investimenti mettere a bilancio, e la maggior parte ricorre a mezzi propri (il 67% delle società di capitali e il 50% delle ditte individuali) o a risorse di famiglia (il 31% delle ditte individuali) per finanziare le operazioni.

Un cambio di rotta potrà forse arrivare dal Recovery Fund europeo che è stato costruito proprio per sostenere la trasformazione ambientale e digitale: un ulteriore impulso che potrebbe mettere enormi risorse a disposizione di chi ha la volontà e la determinazione per fare innovazione.

Meno di un terzo dei piccoli imprenditori ricorre al credito bancario per sostenere questi processi, e in pochi sono a conoscenza degli incentivi regionali, statali ed europei: il picco più alto di ricorso agli incentivi è dell’8% per le società di persone, mentre le ditte individuali e le società di capitali sono ferme rispettivamente al 3% e all’1%. La rincorsa alla digitalizzazione deve partire da qui: dallo studio e dall’approfondimento degli strumenti a disposizione degli imprenditori. Solo così potranno dedicare tutte le loro energie allo sviluppo del proprio business.

Dopo aver analizzato lo stato di salute delle piccole imprese durante i mesi di lockdown, con questo nuovo osservatorio abbiamo voluto fare una fotografia della digitalizzazione e dell’importanza che ricopre nella realtà degli imprenditori italiani. E lo spaccato che questa ricerca ci ha restituito è quello di un’Italia che pensa di crescere anche grazie agli investimenti in tecnologia, soprattutto quelle imprese che per dimensione o posizione geografica potrebbero avere un maggiore divario digitale da recuperare (ad es. quelle del Sud e delle Isole) – ha dichiarato Ignazio Rocco, Founder e CEO di Credimi. – Un cambio di passo importante che va sostenuto e continuamente promosso perché investire nel digitale significa investire nel futuro del proprio business, avendo il coraggio anche di modificarne il modello, se necessario. Fortunatamente ci sono molte piccole imprese che vedono le opportunità generate dalla crisi, e sono proprio quelle che prendendosi dei rischi calcolati e investendo nella digitalizzazione potranno uscirne più forti di prima. Una strategia lungimirante che potrebbe mettere la nostra piccola impresa al riparo dalla pandemia globale.

Questa nuova analisi dà uno spaccato importante della posizione delle imprese italiane nei confronti della digitalizzazione: raccoglie non solo la percezione degli imprenditori, ma anche le azioni concrete che le aziende stanno portando avanti per superare la pandemia attraverso il digitale – dichiara Bruno Lagomarsino di Nextplora. – È interessante notare come la spinta al cambiamento sia ostacolata da fattori interni all’organizzazione del nostro tessuto di piccole imprese, ma anche da fattori esogeni collegati in buona parte a un gap d’informazione e consapevolezza. Da questo punto di vista un’opportunità, ma anche una responsabilità, per aziende come Credimi che possono supportare le piccole imprese in modo concreto e rilevante. Nelle prossime edizioni dell’Osservatorio sarà estremamente utile verificare il trend in atto della digitalizzazione; siamo pertanto felici di collaborare con Credimi in questo progetto di largo respiro, che sta sempre più delineando una fotografia dei comportamenti delle imprese italiane”.

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