Dove non arrivano le banche arrivano le mafie. Confapi lancia l’allarme: «In quattro anni in Veneto sono quadruplicati i soggetti segnalati per associazione a delinquere»

 Dove non arrivano le banche arrivano le mafie. Confapi lancia l’allarme: «In quattro anni in Veneto sono quadruplicati i soggetti segnalati per associazione a delinquere»

«In Veneto dal 2015 al 2019 i soggetti segnalati per reati di associazione a delinquere di tipo mafioso sono quadruplicati. E la crisi di liquidità innescata dal coronavirus rischia di peggiorare notevolmente la situazione nell’intero Nord Italia». A lanciare con forza l’allarme è Confapi, che prende posizione con il presidente dell’Associazione delle piccole e medie imprese di Padova Carlo Valerio e con il presidente nazionale dei Giovani Imprenditori Jonathan Morello Ritter. È quest’ultimo a rimarcare: «Sempre più spesso ci troviamo ad applaudire il continuo e ottimo lavoro di contrasto alla criminalità organizzata delle Forze dell’ordine. Ma è necessario prendere consapevolezza del problema, perché quando non si ha coscienza del pericolo il danno può essere ancora peggiore. Ora che i soldi tardano ad arrivare, che si rischiano la paralisi e il caos licenziamenti, è molto probabile che più di qualche imprenditore sia tentato di avvicinarsi a prestiti facili, magari più costosi ma certi. Certi fino a quando non si realizzerà che quel debito non potrà mai essere ripagato. Certi di essere finiti nelle mani di criminali».

«Nel caso delle infiltrazioni mafiose, nel momento in cui si ha la percezione che qualcosa è successo è già tardi. E, per fare in modo che non si giunga tardi, bisogna che in precedenza si sia creato un tessuto sociale di sicurezza, in grado di riconoscere immediatamente i germi patogeni fin da quando questi germi cercano di attaccarci», afferma Valerio. «Per cui, da un lato sottolineiamo che lo Stato dovrebbe sostenere gli imprenditori che non riescono ad arrivare ai finanziamenti bancari aiutandoli a non cadere in tentazione. Ma, allo stesso tempo, dall’altro rimarchiamo come le associazioni di categoria non possano permettersi di intervenire quando qualcosa di grave è già successo. Dobbiamo, invece – ed è una precisa scelta che come Confapi Padova abbiamo fatto – affiancare i nostri associati. A tal riguardo già da alcuni anni abbiamo iniziato a fare qualcosa di concreto: nei corsi di alta formazione di S.pa.d.a. – la nostra scuola di direzione aziendale – rivolti a imprenditori e manager, inseriamo un modulo sulla legalità e l’anticorruzione. La logica è: se in altri ambiti formativi spieghiamo ai nostri associati come fare a tenere la contabilità, ottenere contributi, aggiornarsi sulle tecniche commerciali e quant’altro, dobbiamo aiutarli anche nel comprendere ciò che può essere o divenire un pericolo, e accompagnarli nel diventare attentamente proattivi. Se un nostro associato percepisce la presenza di un rischio di qualche natura e se c’è qualcuno che lo minaccia, potrebbe trovarsi in difficoltà a gestire la sua condizione in solitudine. Se invece si rivolge all’Associazione poi può misurarsi con le Forze dell’ordine presenti sul territorio».

I dati del più recente rapporto della Direzione Investigativa Antimafia presentato al Parlamento confermano quanto detto. È possibile notare il radicamento della cosca cutrese nel Veneto, a cui si rivolgevano imprenditori e comuni cittadini per ogni tipo di problematica economica o privata, venendone così assoggettati. Ma anche i Casalesi sono ben radicati. Dal rapporto è possibile notare che in regione i soggetti segnalati per reati “sintomatici di criminalità organizzata” dal 2015 al 2019 per alcune voci si sono quadruplicati, come per l’associazione di tipo mafioso (dai 28 casi del 2015 si è saliti ai 60 nel solo primo semestre del 2019) o il riciclaggio (352 casi nel 2015, scesi a 216 nel 2016, mentre sono stati 696 nel solo primo semestre nel 2019). Ma sono preoccupanti tutti i numeri del fenomeno registrati al primo semestre 2019: 363 i soggetti segnalati per estorsione, 120 per omicidio doloso, 51 per danneggiamento seguito da incendio, 39 per autoriciclaggio, 34 per impiego di danaro beni o utilità di provenienza illecita, 27 per usura e 7 per trasferimento fraudolento di valori.

«E il pericolo non è limitato nel tempo. Nel 2021 quando le aziende chiuderanno i bilanci dell’anno precedente si troveranno a fare i conti con la burocrazia bancaria. Così molti imprenditori si vedranno revocare i fidi, e dovranno affrontare non poche criticità», riflette Morello Ritter. I Giovani Imprenditori di Confapi evidenziano come «l’emergenza mafiosa, nella fase tre, sia purtroppo ancora sottovalutata, perché è un’emergenza che non fa rumore sparando, ma facendo girare soldi. I clan, approfittando della crisi di liquidità delle imprese e delle famiglie, offrono quel che lo Stato – vedi la Cassa Integrazione che ancora non arriva, malgrado le rassicurazioni dei vertici dell’Inps – non è in grado di assicurare. E così attività imprenditoriali e commerciali rischiano di passare di mano e di contaminarsi coi soldi sporchi del traffico di stupefacenti e dell’usura. Le forze di polizia e la magistratura, in questo contesto mutevole, da sole non bastano: è necessaria un’attività di prevenzione più che di repressione. Bisogna aiutare gli imprenditori a non aver bisogno dei capitali mafiosi, e occorre aiutare le famiglie a vivere dignitosamente».

Sul tema i Giovani Imprenditori di Confapi hanno aperto un canale di collaborazione con l’associazione di promozione sociale Libera contro le Mafie, fondata nel 1995 da Don Luigi Ciotti. «In un momento in cui tanti piccoli imprenditori sono in crisi per la chiusura delle attività che ora stanno ripartendo, è sempre più forte il rischio di inquinamento dell’economia e di usura da parte della criminalità mafiosa», denuncia la vicepresidente nazionale di Libera Vincenza Rando. «E sono sempre meno le persone che denunciano casi di usura e il motivo è tanto semplice quanto allarmante: c’è bisogno di liquidità, e gli usurai come le organizzazioni criminali non si fanno problemi a prestare soldi, a maggior ragione quando la gente ne ha bisogno. E le categorie più a rischio sono soprattutto le piccole e medie imprese, quelle che vivono del lavoro più che del capitale, attività di ristorazione, bar, artigiani. E qui un ruolo importante lo dovrebbero svolgere le associazioni di categoria, attuando forme di solidarietà con i loro soci. Usurai e criminali vanno lì dove c’è disagio, paura: loro nei momenti di difficoltà ci sono sempre, per questo è importante che proprio lì ci sia anche lo Stato e che i fondi stanziati arrivino a chi ne ha davvero bisogno. Altrimenti vinceranno “loro”. E poi bisogna stare attenti perché anche i fondi governativi ed europei fanno gola alle organizzazioni criminali. Alle mafie non interessano solo i soldi ma soprattutto il controllo del territorio, che attuano penetrando il sistema economico, a tutti i livelli. E attraverso patti corruttivi possono arrivare a gestire questi fondi. Serve tanta etica e responsabilità, serve che si parli di questo e che ci sia una rete sociale – altrimenti, se a prevalere saranno le paure e l’indifferenza, le mafie saranno ancora più forti. Con Linea Libera, la rete associativa nazionale di Libera mette a disposizione un numero telefonico (800.58.27.27) per chi vuole segnalare fatti corruttivi, di usura ed estorsione; per chi vuole segnalare condotte di origine mafiosa; per i potenziali whistleblower che hanno assistito a episodi di opacità sul luogo di lavoro. Sono tanti i segnali che arrivano dai territori: mai come in questo frangente storico, nonostante il grande impegno di magistratura e forze di polizia, le mafie sono forti e potenti. È riconosciuta la capacità della criminalità organizzata di approfittare della crisi sociale e economica: il welfare criminale si adatta sempre alle circostanze investendo le proprie risorse per ottenere consenso, per controllare il territorio. E per passare all’incasso, quando l’incubo coronavirus sarà messo alle porte».

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