Esenzione TARI per le superfici aziendali che generano rifiuti speciali

 Esenzione TARI per le superfici aziendali che generano rifiuti speciali

Sull’annosa questione dell’imponibilità – ai fini TARI – degli spazi aziendali all’interno dei quali si generano rifiuti speciali, è tornata a pronunciarsi, solo pochi mesi fa, la Commissione tributaria provinciale di Salerno, che a mezzo della sentenza n. 1891 del 22/06/2021, ha avuto modo di precisare quanto segue:

“Ai sensi dell’art. 1, comma 649, della L. n. 147 del 2013 emerge che devono essere escluse dalla tassazione non solo le aree di esercizio della attività di produzione ma anche gli spazi asserviti e funzionali al ciclo produttivo di rifiuti speciali in modo continuativo e prevalente, dunque, funzionalmente connessi al processo industriale, i quali devono essere qualificati come prevalentemente e continuativamente produttivi di rifiuti speciali non assimilabili a quelli urbani e in quanto tali, privi di presupposto impositivo”.

Il presupposto necessario ai fini di detta esclusione – ricorda il Collegio campano – è da rinvenirsi nella prova, offerta dal contribuente, dell’avvenuto smaltimento dei rifiuti speciali mediante il ricorso ad aziende specializzate, in conformità a quanto previsto dalla normativa vigente,

Nell’enunciare tale principio di diritto, i decidenti si sono mostrati ampiamente coerenti con quanto statuito dalla Risoluzione n. 38997 del 2014 e dalla n. 2D/F 2014, secondo cui i magazzini e le aree scoperte funzionalmente connessi alla produzione di rifiuti speciali devono essere considerati esenti dalla TARI, anche nella denegata ipotesi in cui dovessero sussistere prescrizioni diverse all’interno dei singoli regolamenti comunali.

Ancora, il Giudice di prime cure non ha mancato di ricordare come la circolare n. 94/2021 del MITE, unitamente a quella del MEF del 13 aprile 2021, hanno avuto modo di chiarire che – alla luce delle modifiche apportate alla TARI dal D. Lgs. n. 116 del 2020 – in materia di rifiuti e imballaggi, “le superfici dove avviene la lavorazione industriale, compresi i magazzini di materie prime, di merci e di prodotti finiti, sono escluse dall’applicazione del prelievo sui rifiuti sia con riferimento alla quota fissa che alla quota variabile”.

Tutto quanto sopra descritto fonda le sue radici, naturalmente, nel disposto dell’art. 1, comma 649, L. n. 147 del 2013, il quale afferma testualmente che: “Nella determinazione della superficie assoggettabile alla TARI non si tiene conto di quella parte di essa ove si formano, in via continuativa e prevalente, rifiuti speciali, al cui smaltimento sono tenuti a provvedere a proprie spese i relativi produttori, a condizione che ne dimostrino l’avvenuto trattamento in conformità alla normativa vigente”.

IL CASO

Il caso in esame ha visto una spa – operante nel settore industriale del vetro – proporre ricorso dinanzi alla CTP di Salerno avverso il rifiuto tacito alla restituzione delle somme versate – a titolo di TARI – per gli anni 2016, 2017, 2018 e 2019, eccependo la non debenza del tributo per le ragioni sopra esposte.

In particolare, la ricorrente si doglieva del fatto che – contravvenendo alle disposizioni di cui alla L. n. 147 del 2013 – la tassa fosse stata calcolata su superfici normativamente escluse dalla tassazione e, pertanto, essendo stato effettuato un versamento in misura superiore a quello dovuto, ne chiedeva il rimborso.

A suo parere, infatti, il Comune, avendo effettuato una erronea individuazione della reale superficie tassabile, aveva finito per assoggettare al tributo anche le aree destinate alla produzione, ai magazzini, ai capannoni, ossia a spazi funzionalmente connessi al processo industriale, omettendo tuttavia di considerare sul punto che in relazione alle stesse – da considerare ictu oculi produttive di rifiuti speciali, non assimilabili a quelli urbani – la società, ormai da anni, aveva provveduto ad avviare un processo di smaltimento, a proprie spese, avvalendosi di apposite aziende specializzate.

Per dimostrare quanto asserito in punto di fatto, la contribuente depositava, infine, nel corso del giudizio i singoli contratti stipulati con le imprese ad hoc che potessero – in qualche modo – certificare l’avvenuto smaltimento dei rifiuti “speciali” con le modalità indicate dal Legislatore, invocando, a tal fine, l’interpretazione autentica dell’art. 1, comma 649, L. n. 147 del 2013, oltreché l’applicazione dell’orientamento pressoché consolidato della giurisprudenza, tanto di merito che di legittimità.

LA DIFESA DEL COMUNE

A fronte delle eccezioni come formulate dalla ricorrente, il Comune di Scafati – regolarmente costituito in giudizio – insisteva nella legittimità del proprio operato asserendo come fosse preciso onere del contribuente quello di presentare documentazione idonea a raggiungere la prova della esclusione o, in subordine, di una eventuale riduzione nella quantificazione del tributo dovuto.

A tal proposito, sottolineava inoltre che sarebbe gravato sull’interessato uno specifico obbligo di dichiarazione nei confronti dell’ente, al fine di ottenere l’esclusione dalla superficie tassabile delle singole aree produttive di rifiuti speciali.

LA DECISIONE

La Commissione tributaria provinciale di Salerno, esaminate le istanze contrapposte, ha ritenuto ampiamente fondate le argomentazioni addotte dalla parte ricorrente.

A parere della stessa – infatti – le risultanze documentali prodotte dalla società in atti –- non lascerebbero spazio ad alcun tipo di dubbio, né riguardo all’attività svolta dalla ricorrente, né tanto meno in relazione alla natura speciale dei rifiuti prodotti nell’ordinario esercizio della stessa.

In virtù di tanto, avendo parte ricorrente fornito una valida prova circa l’esonero dal pagamento della TARI sulle aree destinate alla produzione e su quelle ad essa connesse, il Collegio decidente non ha potuto che acclarare la piena legittimità della richiesta di rimborso avanzata, con conseguente ed inevitabile condanna dell’ente alla restituzione di tutte le somme indebitamente versate negli anni oggetto della vexata quaestio.

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