Estinzione del debito fiscale: patteggiamento o causa di non punibilità?

 Estinzione del debito fiscale: patteggiamento o causa di non punibilità?

Per determinati reati di carattere tributario, il legislatore, nella disciplina contenuta del D.lgs. n.74/2000 inquadra l’estinzione del debito tributario (conseguente al reato) quale causa di non punibilità dello stesso. Specificatamente, ai sensi dell’art. 13 del D.Lgs. n.74/2000 è previsto che “i reati di cui agli articoli 10 bis, 10 ter e 10 quater, comma 1, non sono punibili se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari, comprese sanzioni amministrative e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti” Tuttavia, la medesima fattispecie, ovvero il pagamento del debito, integra anche un requisito di accesso al rito speciale del patteggiamento ex art. 444 c.p.p., così come previsto dall’art. 13 bis.

 In forza di quest’ultimo articolo, per taluni specifici reati viene prevista la possibilità del contribuente di giungere – con il pubblico ministero o con il giudice – ad un accordo sulla misura della pena da commisurare, a condizione però che vi sia da parte sua il pagamento integrale del debito tributario. Dalla lettura del combinato disposto delle predette disposizioni normative, è difficile non riscontrare una certa contraddizione e, la domanda sorge spontanea: come giustificare l’applicazione della pena – seppur ridotta- per un reato quando, per il medesimo, si è verificata una causa di non punibilità?

 A dare luce a tale incoerenza è la Corte di Cassazione la quale, con la sentenza n.11620/2021 (visibile su www.studiolegalesances.it sez. Documenti) ha fornito una chiave di lettura interessante: nel caso in questione, la rappresentante legale di una S.p.a. ricorreva in Cassazione impugnando la decisione di condanna nei suoi confronti a più di un anno di reclusione per Omesso versamento di IVA, ai sensi dell’art. 10 ter D.Lgs. 74/2000, denunciando il rigetto della richiesta di applicazione della pena – da parte dei giudici di primo e secondo grado – poiché non vi era per la contribuente la possibilità di pagare il debito tributario.

Gli Ermellini rilevavano la profonda illegittimità di tale rigetto facendo presente che, se la ricorrente avesse pagato integralmente il debito tributario prima della fase dibattimentale, avrebbe dato luogo ad una causa di non punibilità ex art. 13 del D.Lgs. n.74/2000. Difatti, tale condotta non può integrare al contempo requisito di accesso al rito del patteggiamento ex art. 444 c.p.c. ed essere ricondotta come causa di non punibilità; al contrario, come giustamente osservato dalla Corte, sarebbe come consentire l’applicazione della pena per reati non punibili. La Corte adita decide per l’annullamento della sentenza oggetto d’impugnazione e rinvia per un nuovo giudizio per la corretta valutazione di inammissibilità della richiesta di patteggiamento.

La sentenza n.11620 si unisce ad un consolidato orientamento giurisprudenziale pro-contribuente formatosi sul tema. Infatti, già nel 2018, con la sentenza n.38684 veniva affermato quanto ripreso con la sentenza in esame. Da tale orientamento, inoltre, si può scorgere la prevalenza dell’interesse di riscuotere il debito fiscale – nonché il profitto del reato – sull’interesse di reprimere condotte elusive ed evasive.

Dott.ssa Sara Fontò

www.centrostudisances.it

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