- Dazi USA e impatto sul PIL italiano: stimata una riduzione del PIL nazionale pari a -0,9% con tariffe al 20%, che salirebbe a -1,4% in caso di dazi al 30%.
- Slancio degli investimenti esteri: +17% le operazioni annunciate da aziende italiane nei primi sei mesi del 2025, per un valore complessivo di 13,5 miliardi di euro.
- M&A in crescita moderata: +6% il numero di operazioni nella prima metà del 2025, ma con un dimezzamento del valore rispetto allo stesso periodo del 2024.
- PE come motore della trasformazione: il PE rappresenta il 41% delle operazioni, con un significativo numero di investimenti add-on (rappresentano più del 40%).
- Continuità dei settori trainanti: industria (22%), beni di consumo (18%) e tecnologia, servizi ed energia (11%) restano i comparti più attivi.
La seconda edizione dell’EY Parthenon Bulletin, il progetto editoriale di EY che analizza, su base trimestrale, elementi di Strategy, Transactions e Transformations con cui si confrontano aziende, investitori e istituzioni, il potenziale impatto delle preannunciate tariffe commerciali internazionali sul PIL italiano e la capacità di reazione e trasformazione del tessuto imprenditoriale nazionale di fronte alle future sfide tariffarie.
Guardano al 2025, le previsioni EY prevedono una crescita del PIL italiano pari allo 0,6%, destinata a salire allo 0,8% nel 2026. Tuttavia, l’eventuale conferma, a partire dal 1° agosto, delle cosiddette reciprocal tariff al 30%, potrebbe comportare, secondo le stime di EY, una riduzione cumulata del PIL di circa l’1,4%, azzerando di fatto la crescita prevista, con un impatto negativo stimato poco sotto i 30 miliardi tra il 2025 e il 2026; se invece le tariffe venissero confermate al 20%, in linea con quanto comunicato agli inizi del mese di aprile, l’impatto economico è stimato intorno ai 20 miliardi di euro e una contrazione del 65% rispetto alle attese di crescita (-0,9% cumulato tra il 2025 e il 2026).
Nonostante questo scenario sfidante, le aziende italiane mostrano una forte capacità di reazione sul piano internazionale. Nei primi sei mesi del 2025, infatti, si rileva una crescita significativa degli investimenti da parte di aziende italiane su target estere, con 143 acquisizioni annunciate, rispetto alle 122 nell’analogo periodo del 2024, segnando un incremento del 17%. Si registra anche un aumento del valore che è passato da 7,1 miliardi di euro nella prima metà del 2024 a 13,5 miliardi nel periodo analogo del 2025 e dove il settore di punta risulta essere quello industriale, rappresentando il 24% delle transazioni.
Marco Daviddi, Managing Partner EY-Parthenon in Italia, commenta: “Le aziende italiane stanno dimostrando una notevole capacità di adattamento in un contesto internazionale sempre più complesso e sfidante. L’incremento delle acquisizioni all’estero è un segnale della volontà del business di rafforzare la presenza a livello mondiale e di diversificare i mercati di sbocco, anche alla luce delle tensioni commerciali in atto. Nonostante ulteriori eventuali margini negoziali, realisticamente l’ammontare delle tariffe generalizzate difficilmente potrà essere inferiore al 20%. Pertanto, le implicazioni in termini di crescita globale e per i mercati finanziari sono estremamente rilevanti, anche se gli impatti più consistenti si avranno nel corso del 2026. In questo scenario, è fondamentale che le istituzioni italiane ed europee adottino politiche coerenti e orientate allo sviluppo strategico, in particolare nei settori industriale ed energetico. La semplificazione degli incentivi e la promozione di investimenti sostenibili rappresentano leve cruciali per affrontare le sfide dei prossimi mesi così come l’accelerazione di accordi commerciali tra vari player mondiali ed europei, in cerca di nuovi sbocchi per i propri prodotti”.
M&A e Private Equity: pipeline solida e aspettative moderatamente ottimiste per il 2025
Nei primi sei mesi del 2025, in Italia sono state annunciate circa 600 acquisizioni con un valore complessivo, laddove disponibile, di circa 18,7 miliardi di euro. Rispetto alle 564 operazioni registrate nei primi sei mesi del 2024, in questa prima metà dell’anno si rileva un incremento del 6% in termini di numero di operazioni annunciate. Tuttavia, si è verificata una riduzione del 50% del volume totale di investimenti, rispetto alla prima metà del 2024, in parte dovuta alla fase di incertezza che ha caratterizzato il primo trimestre del 2025 e che persiste ancora oggi, con conseguente riduzione dei cosiddetti megadeal (operazioni con controvalore superiore a 1 miliardo di euro), mentre il cosiddetto mid market ha visto una riduzione, in termini di valore, meno rilevante.
I settori che hanno guidato gli investimenti sono principalmente il comparto industriale, con il 22% del numero di operazioni annunciate, seguito dai beni di consumo (18%) e settore tecnologico, e da quello dei servizi ed energy & utilities (11%). Sebbene il settore industriale continui a essere quello di punta, il comparto ha registrato una diminuzione, passando dal 27% al 22% in termini di numero di operazioni, rispetto alla prima metà dell’anno scorso. Al contrario, i settori dei beni di consumo e dei servizi hanno visto un incremento nel numero di operazioni, in quanto nella prima metà del 2024 rappresentavano rispettivamente il 16% e 9% del numero di operazioni, così come il settore finanziario che ha anch’esso registrato una crescita di rilievo, con un incremento dal 5% al 7% dell’incidenza in termini di numero di operazioni.
Nella prima metà del 2025, il Private Equity e i fondi infrastrutturali hanno continuato a essere un elemento trainante del mercato M&A italiano, con circa 242 operazioni di buy-out su target italiane, con un valore aggregato, quando disponibile, di circa 12,5 miliardi di euro, rispetto alle 246 operazioni per un valore complessivo di circa 14,9 miliardi di euro nello stesso periodo del 2024. I fondi continuano a costituire una significativa percentuale di acquirenti nelle operazioni annunciate, raggiungendo il 41%. Inoltre, il numero di investimenti effettuati attraverso le portfolio companies, note anche come add-on, rimane significativo, superando il 40% del totale delle operazioni effettuate dai fondi, evidenziando il loro ruolo fondamentale nel processo di trasformazione delle aziende.
Rinnovato slancio nelle privatizzazioni, specie in ambito infrastrutturale, per accelerare la modernizzazione del Paese e raccogliere le risorse da destinare alla trasformazione delle aziende
Lo sviluppo dell’agenda infrastrutturale italiana è centrale per la strategia economica del Paese, con gli investimenti pubblici che fungono da catalizzatore per la crescita a lungo termine. Tuttavia, per aumentare l’impatto e diversificare le fonti di finanziamento, è importante coinvolgere il capitale privato, una leva che non è ancora stata pienamente sfruttata. Questo coinvolgimento dovrebbe avere due obiettivi principali: da un lato, mobilitare il capitale privato per integrare la spesa pubblica, attraverso privatizzazioni mirate e partnership strategiche lungo la catena del valore delle infrastrutture; dall’altro, aumentare le entrate da indirizzare verso investimenti o alla gestione del debito.
Nuovi modelli di partenariato pubblico privato, che possano consentire al settore pubblico di mantenere controllo e governo delle infrastrutture, possono anche migliorare l’efficienza, la sostenibilità e la competitività globale delle infrastrutture italiane, anche introducendo modelli di remunerazione degli investimenti (RAB) che premiano livello dei servizi e investimenti. E per gli investitori, questo rappresenta una forte opportunità per sostenere la transizione dell’Italia verso un’economia moderna ed efficiente, allineando capitale, riforme strutturali e obiettivi nazionali a lungo termine.
Le privatizzazioni, dunque, possono tornare al centro della strategia economica italiana non come soluzione d’emergenza, ma come leva strutturale per attrarre capitale, rafforzare le infrastrutture, migliorare il livello dei servizi e al contempo ridurre la pressione sul bilancio statale, seppur nel rispetto del mantenimento del controllo pubblico di infrastrutture critiche. L’obiettivo è di raccogliere circa 20 miliardi di euro entro il 2026 tramite cessioni di minoranza, IPO di società pubbliche, modelli concessori e PPP (Partenariato Pubblico-Privato). Diversi casi concreti sono in fase di analisi e preparazione, con focus su porti, aeroporti e reti di trasporto.