Fisco: Unimpresa, il Durf penalizza l’export, urgente correzione normativa

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Unimpresa lancia un appello al governo e all’agenzia delle Entrate affinché venga urgentemente corretta una grave falla normativa legata al rilascio del Documento unico di regolarità fiscale (DURF), che sta penalizzando centinaia di imprese italiane esportatrici, nonostante queste risultino perfettamente in regola con il fisco. Introdotto dall’articolo 4 del decreto legge 124 del 26 ottobre 2019 (convertito nella legge 157 del 2019), il Durf è nato per garantire trasparenza e legalità negli appalti ad alta intensità di manodopera, in particolare per contratti di superiore importante ai 200.000 euro annui.

Tuttavia, l’applicazione concreta del meccanismo ha evidenziato una distorsione tecnica e normativa che rischia di escludere in modo strutturale proprio le imprese più virtuose e internazionalizzate. Il nodo critico risiede nel criterio previsto per ottenere il Durf: le aziende devono dimostrare che i loro versamenti fiscali (imposte dirette, Iva, ritenute) siano pari ad almeno il 10% delle dichiarazioni dichiarate. Ma in tale calcolo, non viene inclusa l’Iva teoricamente dovuta su operazioni esenti, come nel caso di cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuati verso clienti esteri. Le imprese esportatrici, per motivi di territorialità, fatturano senza Iva e ciò le fa risultare – paradossalmente – meno “regolari” agli occhi del fisco, pur rispettando pienamente tutte le scadenze ei pagamenti dovuti.

«Siamo di fronte a un meccanismo burocratico che ignora le peculiarità del commercio internazionale. Si tratta di un cortocircuito normativo grave, che danneggia imprese sane, competitive e trasparenti, solo perché lottare sui mercati internazionali. È inaccettabile che, per una svista burocratica, venga negato il Durf ad aziende che rappresentano un orgoglio del nostro sistema produttivo e che contribuiscono in modo determinante alla bilancia commerciale del Paese» spiega il consigliere nazionale di Unimpresa, Marco Salustri.

Secondo Unimpresa, la questione è ben nota agli uffici dell’Agenzia delle Entrate, ma non sono stati ancora adottati correttivi né documenti di prassi amministrativa per sanare la questione. A oggi, le verifiche fiscali continuano a basarsi sul rigo RS107 del modello Redditi, che somma indistintamente tutti i ricavi, senza distinguere tra operazioni imponibili e operazioni esenti da IVA. Il risultato è un calcolo distorto del rapporto imposte/ricavi, che danneggia le imprese esportatrici.

«Il danno non è solo amministrativo, ma anche economico e reputazionale: senza Durf, le imprese non possono partecipare a bandi pubblici o ottenere commesse rilevanti, con ripercussioni dirette su occupazione, investimenti e crescita. Serve, pertanto, un intervento legislativo immediato, per modificare i criteri di calcolo previsti per il rilascio del Durf, introducendo una chiara distinzione tra ricavi derivanti da operazioni imponibili in Italia e quelli derivanti da attività estere esenti da Iva. In alternativa, è urgente che l’agenzia delle Entrate emetta un atto interpretativo che consenta di sanare l’attuale situazione. Non possiamo permettere che una norma nata per premiare la correttezza fiscale finisca per colpire chi rispetta le regole e porta il made in Italy nel mondo. Il Durf deve tornare a essere uno strumento di trasparenza, non un ostacolo burocratico all’attività d’impresa» spiega Salustri.

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