Fringe Benefit: incertezze normative e difficoltà di gestione non incentivano lo strumento, che resta ancora sotto ai livelli del 2022

 Fringe Benefit: incertezze normative e difficoltà di gestione non incentivano lo strumento, che resta ancora sotto ai livelli del 2022

La concessione di fringe benefit ai dipendenti è sempre più spesso considerata e utilizzata dalle aziende quale vero e proprio strumento di politica retributiva. Tuttavia, questo strumento non sembra ancora aver raggiunto la piena diffusione; per il 2023, infatti, risulta addirittura un livello di erogazione inferiore rispetto a quello del 2022.

È questo il quadro che emerge da una ricerca di HR Capital – società leader nei servizi prime per la gestione e per l’amministrazione del personale in outsourcing – sull’utilizzo dello strumento retributivo da parte delle aziende italiane.

In generale, per fringe benefit viene inteso l’insieme dei beni e dei servizi che viene concesso ai lavoratori da parte del datore di lavoro e che generalmente gode di un trattamento fiscale e contributivo favorevole. Sul tema, lo studio di HR Capital evidenzia che – tra le aziende assistite – il 50% delle realtà, rappresentate principalmente da grandi aziende strutturare, prevede il riconoscimento dei fringe benefit, collegato in alcuni casi anche ai regolamenti di welfare aziendale.

La restante metà del campione, composta prevalentemente da piccole e medie imprese, sembra risultare frenata rispetto all’erogazione dei fringe benefit: possibili cause potrebbero essere i costi aggiuntivi che questi implicano – nonostante il regime impositivo di favore – e l’assenza di politiche retributive strutturate.

Nell’ultimo biennio, inoltre, l’istituto dei fringe benefit è stato oggetto di misure speciali introdotte dal legislatore, focalizzate esclusivamente sull’innalzamento della soglia di esenzione da 258,23 euro a 3.000 euro per platee di riferimento diverse: tutti i lavoratori per l’anno 2022, solo i lavoratori con figli fiscalmente carico per l’esercizio contributivo 2023.

Tuttavia, sottolinea ancora la ricerca di HR Capital, quest’ultima disposizione rivolta ai lavoratori con figli a carico si è dimostrata di difficile gestione dal punto di vista operativo, sia per i dipendenti che per le aziende stesse, in quanto basata sul ricorso a una autocertificazione da parte dei lavoratori per la dichiarazione del diritto al maggior limite di esenzione.

Un sistema che, come evidenzia la ricerca, si è rivelato particolarmente complesso e articolato soprattutto per le imprese medio-piccole e poco strutturate, nelle quali sono spesso mancate, ad esempio, le corrette comunicazioni sulle procedure ai dipendenti i quali, di conseguenza, si sono poi trovati a non poter beneficiare di una normativa pensata, in realtà, in loro favore.

Anche il difficile contesto macroeconomico e la cautela dei datori di lavoro rispetto alle politiche retributive hanno contributo, sottolinea ancora la ricerca, a ridurre il numero di aziende che hanno finanziato fringe benefit fino a 3.000 euro.

“Il quadro che emerge dalla ricerca di HR Capital sottolinea che permangono ancora alcune aree di incertezza per quanto riguarda lo strumento dei fringe benefit”, sottolinea Andrea Di Nino, Consulente del Lavoro di HR Capital. “Questo scenario rende necessario uno sforzo ulteriore, da parte del legislatore, per l’introduzione di disposizioni normative specifiche e più semplici sia riguardanti la sfera economica – ad esempio, prevedendo l’innalzamento strutturale della soglia di esenzione per tutti sia per incentivare lo sviluppo di politiche retributive aziendali più efficaci e durature nel tempo. La direzione da prendere, inoltre, dovrebbe includere anche una revisione strutturale dello strumento sotto il profilo fiscale, per garantirne una fruizione semplice e corretta per tutti”, conclude Andrea Di Nino.

Immagine di rawpixel.com su Freepik 

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