Generazioni in transizione: sfide e strategie per le imprese familiari italiane

 Generazioni in transizione: sfide e strategie per le imprese familiari italiane

Quello del passaggio generazionale è un tema che negli tempi sta assumendo sempre più rilevanza a causa delle particolarità del tessuto produttivo italiano, composto fondamentalmente da realtà imprenditoriali di piccole e medie dimensioni.

Tra le variabili da affrontare vi sono senz’altro il passaggio patrimoniale e gestionale, ma poi occorre fare i conti anche con esigenze e necessità personali che condizioneranno senz’altro il nuovo assetto manageriale.

È un fenomeno che non possiamo trascurare visto che in Italia l’85% delle nostre imprese è a conduzione familiare e, come ha sottolineato in un convegno The European House – Ambrosetti, un gruppo professionale di circa 300 professionisti, le imprese familiari generano l’80% del PIL e danno lavoro al 75% della popolazione italiana; inoltre l’Italia detiene il primato di aziende il cui management è interamente espressione della famiglia fondatrice.

Nel nostro Paese le microimprese, quelle che occupano meno di dieci addetti, rappresentano il 95% circa della totalità delle imprese attive, ma, nonostante il passaggio generazionale sia una priorità, a oggi tre imprese su quattro ancora non pensano al “dopo” anche a causa di ostacoli burocratici e fiscali.

Secondo alcuni recenti dati ISTAT, negli ultimi dieci anni il 20% circa delle imprese sta affrontando il passaggio generazionale, ma le previsioni non sono incoraggianti: si stima che solo un quarto delle aziende sopravvive alla seconda generazione, un esiguo 12% arriva alla terza e solo uno stentato 5% arriva sino alla quarta generazione.

Appare chiaro come alle PMI serve una seria pianificazione, con particolare attenzione alla competitività internazionale e ai giovani; dalla transizione ecologica e digitale a una governance irreprensibile.

Per realizzare tutto ciò occorre saper far fronte a molti aspetti differenti tra loro: fiscali, societari, gestionali ma anche familiari.

I discendenti diretti dell’imprenditore potrebbero voler assumere un ruolo di responsabilità da subito, oppure essere coinvolti dopo studi o esperienze all’estero; altri invece non saranno interessati a proseguire le orme dei propri genitori. Occorre poi che l’imprenditore, guardando al proprio nucleo familiare, comprenda chi tra i propri eredi abbia le caratteristiche idonee a traghettare l’azienda nel futuro sempre più complesso e articolato.

L’esperienza dimostra chiaramente che le imprese familiari che adottano soluzioni concrete in termini di governance familiare e aziendale hanno performance e solidità superiori.

Predisporre un business plan può rivelarsi uno strumento efficace; pianificare a medio-lungo termine rappresenta una buona pratica per fare previsioni di carattere patrimoniale ed economico preparando, in contemporanea, una sorta di vademecum per il futuro manager.

Quando i familiari eredi ricevono una formazione coerente con il loro nuovo ruolo, secondo la maggioranza assoluta dei manager, la nuova figura si è dimostrata adatta a prendere le redini della società, con un giudizio praticamente identico a quello dei predecessori. Di conseguenza, anche le performance aziendali ne traggono vantaggio: per il 90% dei manager, infatti, la situazione aziendale a livello generale è stabile o migliorata, così come il fatturato; migliora anche il rapporto e la gestione del personale, ma soprattutto il salto di qualità viene dal più efficace livello di innovazione introdotto dai nuovi manager.

Immagine di Freepik 

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