Gestire il rischio di cambio: un fattore chiave per la stabilità finanziaria nei mercati globali

L’annuncio del 2 aprile 2025 da parte del presidente degli Stati Uniti Donald Trump, relativo all’introduzione di nuovi dazi sulle importazioni europee ha riacceso il dibattito sull’impatto delle politiche protezionistiche sui flussi commerciali e sulla necessità di implementare solide strategie di risk management valutario. Le imprese italiane, fortemente esposte all’export verso gli Stati Uniti (oltre 67 miliardi di euro nel 2023 secondo Confartigianato), si trovano ora ad affrontare una nuova fase di volatilità commerciale e finanziaria.

Le misure annunciate durante il cosiddetto “Liberation Day” hanno scatenato il panico sui mercati, innescando una sfiducia generalizzata negli Stati Uniti che ha impattato su mercati azionari, debito pubblico USA e dollaro americano. L’aumento dei rendimenti dei titoli di stato americani ha portato Trump a posticipare l’entrata in vigore dei dazi di 90 giorni, ma vista l’imprevedibilità del presidente la tensione resta alta e la situazione decisamente confusa.

L’annuncio di venerdì dell’entrata in vigore di dazi del 50% sulle importazioni dall’UE a partire dal primo giugno, posticipato due giorni dopo al 9 luglio non è che l’ultima di una lunga serie di dichiarazioni contrastanti e imprevedibili il cui unico effetto è quello di aumentare l’incertezza.

In questo scenario per le aziende esportatrici e non è fondamentale rivalutare le proprie esposizioni e strategie valutarie.

Queste tensioni globali si innestano su un’economia italiana già in fase di assestamento. Nel 2024, secondo Sace, l’export ha registrato una contrazione dello 0,4%, attestandosi a 623,5 miliardi di euro. Una flessione contenuta, ma indicativa di un contesto macroeconomico fragile, segnato da instabilità geopolitica. A marzo ISTAT 2025 stima una flessione congiunturale contenuta delle esportazioni (-1,0%) e una sostanziale stazionarietà delle importazioni (+0,2%), dati che confermano lo scenario di grande incertezza nel quale ci troviamo.

A seguito dell’imposizione dei dazi, le imprese italiane si trovano così esposte non solo a una potenziale perdita di competitività commerciale, ma anche a una crescente volatilità dei tassi di cambio, che rende più complessa la gestione del capitale circolante.

In questo contesto, l’esposizione valutaria rappresenta infatti una delle principali fonti di instabilità per le imprese operanti a livello internazionale. Le variazioni nei tassi di cambio possono compromettere la redditività operativa e alterare significativamente il margine di contribuzione, soprattutto in assenza di una strategia di copertura integrata nel framework di tesoreria aziendale. In particolare, un rafforzamento dell’euro riduce la competitività dei beni esportati, mentre un deprezzamento improvviso può far lievitare i costi di importazione e impattare negativamente sui margini operativi.

Ma la gestione del rischio di cambio non riguarda più solo le grandi multinazionali: interessa da vicino anche le PMI che importano materie prime, vendono all’estero o operano su marketplace globali. In un contesto in cui ogni annuncio può riscrivere le regole del gioco da un giorno all’altro, disporre di strumenti efficaci per mitigare la volatilità derivante dall’andamento dei tassi di cambio diventa un fattore competitivo.

In questo scenario è decisiva l’adozione di strategie che permettono di fissare oggi i tassi di cambio a cui incassi o pagamenti futuri in valuta estera saranno convertiti in EUR, permettendo alle aziende di affrontare con maggiore sicurezza le turbolenze dei mercati globali e mantenere la competitività nel medio-lungo periodo.

Anche in questo settore la tecnologia gioca un ruolo chiave: le piattaforme fintech permettono di monitorare l’esposizione valutaria, accedere a condizioni competitive, ottenere consulenze personalizzate e implementare politiche di copertura efficienti. La reattività offerta da queste soluzioni è un vantaggio competitivo decisivo in mercati in rapido mutamento.

Tuttavia, non bastano gli strumenti: è necessaria una cultura aziendale orientata alla gestione del rischio. Formazione continua, scenari di stress test, sensibilizzazione del management e un’integrazione strutturale della policy di gestione del rischio FX nelle decisioni strategiche rappresentano elementi imprescindibili per costruire un’impresa più resiliente.

In conclusione, gestire in modo proattivo il rischio di cambio rappresenta oggi più che mai una leva fondamentale per garantire la stabilità finanziaria e affrontare con lucidità le sfide del commercio globale. Bloccare il tasso di cambio contestualmente al prezzo di acquisto o di vendita consente di preservare i margini, pianificare con precisione e affrontare l’incertezza con maggiore tranquillità.

In un contesto macroeconomico in continuo mutamento, dotarsi degli strumenti giusti, collaborare con partner specializzati e costruire una strategia valutaria su misura significa proteggere il proprio business oggi per continuare a crescere domani.

Immagine di kjpargeter su Freepik

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