Ogni anno, migliaia di professionisti conquistano il loro primo distintivo di manager, un traguardo spesso considerato come il primo passo per una leadership di successo. Non c’è dubbio che si tratti di un cambiamento entusiasmante, ma è importante fare attenzione alle insidie nascoste. L’azienda si aspetta che i nuovi manager si mettano subito al lavoro, senza però dare loro delle linee guida e lasciandoli spesso nell’ambiguità.
Il risultato? In molti si ritrovano vittime di alcuni miti su come dev’essere un bravo leader ma che, pur essendo basati su buone intenzioni, sono privi di fondamento. Hogan Assessments, azienda leader a livello mondiale per la valutazione della personalità nel luogo di lavoro, ha analizzato i miti che circolano nelle aziende moderne, che possono dare un’idea di potere ma che in realtà, se seguiti ciecamente, possono silenziosamente sabotare il tuo team, la tua credibilità e la tua carriera.
Mito n. 1: “Apriti”, dicono… quando essere vulnerabili è un’arma a doppio taglio
Vulnerabilità è la parola del giorno. Ti sarà certamente capitato di sentire che un leader deve essere aperto, disponibile a livello emotivo e che non deve aver paura di mostrare il suo lato umano. Tutte nobili intenzioni, se seguite con moderazione. Esiste infatti un confine che i nuovi manager spesso non vedono se non dopo averlo oltrepassato.
Una condivisione emotiva eccessiva può confondere i limiti professionali ed essere pericolosa per il manager e il suo team. Come dimostra un recente studio dell’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro (EU-OSHA), il 59% dei lavoratori nell’UE riconosce nell’emotività un importante fattore di stress. “Quando i leader esagerano con la condivisione oppure parlano troppo liberamente, caricano emotivamente il loro team, al punto che i dipendenti si sentono come dei terapisti anziché dei professionisti”, commenta Ryne Sherman.
Certo, la leadership richiede intelligenza emotiva. Ma anche disciplina emotiva. Una vulnerabilità senza controllo non crea fiducia, la erode.
Mito n. 2: La trappola dell’autenticità
“Sii te stesso!” è il mantra moderno presente in tutti i consigli per una buona leadership. Ma cosa succede se il tuo “vero io” è ansioso, reattivo o senza filtri? Se non applicata correttamente, l’autenticità può ritorcersi contro di te in modo inatteso. Essere autentici significa dare priorità ai propri pensieri e desideri senza tenere conto degli altri.
E questo per i leader rappresenta un problema. Da un punto di vista pratico, l’autenticità diventa spesso una licenza per comportarsi senza limitazioni, ma i team hanno bisogno di coerenza, chiarezza ed equilibrio. Questo scollamento può essere il motivo per cui, secondo un report di Gallup, solo il 13% dei lavoratori europei si sente coinvolto sul lavoro, una percentuale incredibilmente bassa.
“Consapevolezza di sé strategica, non solo autenticità pura e semplice, è ciò che distingue i buoni manager dai manager davvero straordinari. Non stai scrivendo un diario personale, sei è a capo di un gruppo di persone”, prosegue Sherman.
Mito n. 3: Il carisma è un’ottima cosa, finché non lo è più
Il carisma vende. Attira attenzione, porta energia e può aiutarti a raggiungere velocemente posizioni di leadership. Ma il carisma non è una strategia di leadership e certamente non sostituisce la competenza.
Uno studio che ha coinvolto diversi Paesi europei condotto dall’Università di Losanna ha scoperto che oltre il 60% dei leader con una valutazione alta per il carisma ha ottenuto punteggi scadenti per la performance del loro team nel lungo periodo e per la chiarezza del processo decisionale. Questo è un dato che fa riflettere, soprattutto in ambienti dove la posta in gioco è alta e dove un’eccessiva sicurezza di sé può rapidamente trasformarsi in troppe promesse che non vengono poi mantenute.
“La realtà è che spesso il carisma è efficace nel breve periodo e maschera lacune più profonde a livello di responsabilità, pianificazione e capacità di portare a termine le cose. Per la leadership, è equivalente ai fuochi d’artificio, sono belli da vedere, ma durano pochi istanti”, analizza Sherman.
I primi giorni per i nuovi manager sono un momento in cui devono muoversi tra aspettative e incertezze. E se il consiglio più diffuso per la leadership può essere confortante, raramente consente di cogliere le sfumature. Vulnerabilità, autenticità e carisma non sono di per sé un problema, ma utilizzarli come propria cifra può danneggiare la reputazione.
“Quindi fermiamoci un secondo. Mettiamo in discussione i miti. E ricordiamo che essere un buon leader non significa solo recitare una parte, ma anche sapere quale parte non recitare”, conclude Sherman.