I costi dell’incertezza fiscale per le medie e grandi imprese

È questo il tema affrontato questa mattina all’11°Convegno sulle Garanzie e Tutele Sociali di ODCEC Milano “I costi dell’incertezza fiscale per le imprese in Italia: Grande e Media Azienda, due indagini sul campo”, con la presentazione dei risultati di due ricerche empiriche dedicate alle medie e grandi imprese, condotte rispettivamente dall’Ordine dei Commercialisti di Milano e dall’Università Bocconi di concerto con ODCEC Milano (sintesi in allegato; i dati completi al link http://www.odcec.mi.it/Ordine/Eventi_istituzionali/Convegno_11_garanzie.aspx ).
I dati e pareri richiesti a 8.308 professionisti e ai tax directors delle grandi imprese hanno messo in luce le principali ragioni dell’incertezza fiscale, nonché i costi a essa connessi in termini di tempo dedicato.
Dopo il saluto del Rettore dell’Università Bocconi Andrea Sironi, il presidente dell’Ordine di Milano Alessandro Solidoro aprendo i lavori ha sottolineato come “tutte le componenti sociali – in particolare imprese professionisti e cittadini – manifestano un disagio diffuso nei confronti del fisco per la complessità degli adempimenti e la mutevolezza delle norme. Fattori questi che minano la capacità produttiva del nostro tessuto imprenditoriale e con essa la “salute sociale”. Con le due ricerche che presentiamo oggi – ha aggiunto Solidoro – abbiamo voluto verificare sul campo come tutto ciò si traduca in ore e giornate impegnate dall’impresa e dai suoi professionisti, interni o esterni, per far fronte a norme poco chiare e contraddittorie, e quindi a oneri di compliance aggiuntivi che gravano su un sistema già fortemente indebolito dalla crisi. Oggi vogliamo quindi, con dati alla mano, e con il contributo degli autorevoli interlocutori istituzionali che interverranno alla tavola rotonda, individuare modi e strumenti per ridurre tale incertezza e risollevare le sorti del nostro tessuto produttivo: un patrimonio prezioso per l’Italia e per il mondo, che non possiamo permetterci di perdere”.
Carlo Garbarino, presentando i risultati della ricerca sulla Grande impresa che ha condotto (in collaborazione con Giampaolo Arachi e Julian Alworth) per l’Università Bocconi d’intesa con ODCEC Milano, ha chiarito che essa “muove dall’analisi di talune caratteristiche attuali del sistema fiscale italiano, quali, ad esempio, un livello di sanzioni fiscali superiore ai paesi OCSE, la probabilità che violazioni amministrative siano soggette a processi penali, gli elevati costi reputazionali di tali processi, l’eccessiva durata di contenzioso fiscale, lo sviluppo di dottrine giudiziarie di “abuso del diritto tributario” prive di tutele procedurali”.
La ricerca, svolta mediante un’indagine empirica presso la community dei tax directors dei principali gruppi operanti in Italia, si sviluppa in due parti: la prima prospetta una rilevazione dell’“incertezza tributaria”, la seconda avanza indicazioni sui costi della introduzione di un sistema di “corporate tax governance” diretto alla gestione del rischio fiscale.
«È emerso – ha rilevato Garbarino – che i costi dell’incertezza percepiti dai rispondenti come più rilevanti sono quelli associati al rischio per sanzioni e reputazionale, mentre i costi di disclosure non sono avvertiti con impatto marcatamente negativo. Questo mette in evidenza il paradosso della tax compliance per le grandi imprese: esse intendono essere compliant piuttosto che seguire aggressive tax planning, ma ciò implica costi non-normali legati all’incertezza tributaria (mentre l’essere compliant dovrebbe implicare costi normali). Ne deriva che il margine di eccedenza di siffatti costi costituisce, di fatto, un’imposta occulta».
La seconda parte della ricerca ha per oggetto i contenuti dell’art. 6, Legge Delega 11.3.2014, n. 23 che prevede un sistema di cooperative compliance. In tale sistema l’impresa sostiene i costi andando a implementare e mantenere un sistema di controlli interni di gestione del rischio fiscale in grado di prevenire aggressive tax planning ed evasione/elusione fiscale. «Se tale meccanismo è ritenuto idoneo dalla AF, allora, come previsto dall’art. 6 – ha sostenuto Garbarino – determinati vantaggi e semplificazioni dovrebbero essere disponibili per il contribuente compliant».
In concreto i nuovi costi della corporate tax governance dovrebbero prevenire gli effetti negativi dell’incertezza tributaria (ad esempio l’eliminazione di sanzioni penali ovvero la difficoltà a ottenere in tempi brevi determinazioni in sede di interpello). In sostanza, emerge dal questionario un interesse delle grandi imprese per l’introduzione di un task risk process accurato implicante nuovi costi di governance, a condizione che esso determini precisi benefici nei termini della riduzione della incertezza fiscale.
Massimo Cremona, che ha coordinato la ricerca sulla Media impresa per l’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Milano, nell’indagare le origini e quantificare i costi connessi all’incertezza fiscale, ha inquadrato il focus dell’indagine: i costi connessi all’attività fiscale ordinaria, all’attività fiscale straordinaria, gli altri costi inerenti i rapporti con l’Agenzia delle Entrate e infine le ragioni dell’incertezza fiscale.
I costi sono stati determinati nel numero di ore normalmente necessarie all’interno dell’impresa, oppure di professionisti esterni. Per i costi connessi all’attività fiscale ordinaria, la ricerca conclude che un’impresa, a prescindere dal settore di attività, richiede mediamente almeno 137 ore lavorative pari a 17 giorni lavorativi per soddisfare tutti gli adempimenti tributari di carattere ordinario (IVA, IRES, Irap, altri per il rispetto della tax compliance). In alcuni casi, come per lo Spesometro, è emersa una notevole complessità per adempimenti “minori”. «Si ritiene, ha sottolineato Cremona, che il risultato ottenuto, anche in termini di benefici per l’Agenzia delle Entrate, sia probabilmente sproporzionato rispetto ai costi sopportati dal contribuente e dalla stessa Agenzia per la fase di controllo dell’adempimento medesimo».
Per i costi connessi all’attività fiscale straordinaria, la ricerca evidenzia come operazioni di finanza straordinaria, regimi IVA di gruppo, costi black list indeducibili o applicazione del regime di transfer pricing – richieda per una media impresa uno sforzo significativo in termini di tempo che, unito all’incertezza legata alle operazioni straordinarie di riorganizzazione (ad esempio fusione e scissione), costituisce un freno allo sviluppo e alla crescita, anche dimensionale, delle società.
Nei rapporti con l’Agenzia delle Entrate i professionisti lamentano che circa il 30% dei contenziosi istruiti si sarebbe potuto risolvere in autotutela se l’AF avesse considerato quanto tempestivamente documentato dal contribuente. Inoltre i professionisti rilevano che circa 1 impresa di media dimensione su 5 è stata oggetto di verifica e circa il 50% ha subito rilievi per effetto dell’incertezza fiscale.
Le principali ragioni dell’incertezza fiscale per le varie imposte (IRES, Irap) nell’ambito di differenti situazioni aziendali (operazioni straordinarie, internazionalizzazione, altro) sono tutte riconducibili alla continua variazione delle norme tributarie, seguita da una mancanza di giurisprudenza costante. Mediamente un professionista, oltre alla formazione obbligatoria, deve dedicare oltre 300 ore annue all’attività di ricerca di una certezza fiscale per il contribuente, attività spesso non remunerata.
I risultati sono stati approfonditi in una tavola rotonda – moderata da Mauro Meazza, caporedattore centrale del Sole 24 Ore – cui hanno preso parte rappresentanti delle istituzioni, delle imprese e della giustizia. Per Andrea Bolla presidente Comitato tecnico per il Fisco di Confindustria, “politici, pubblici funzionari ed esperti concordano che il sistema fiscale italiano è malato di complessità e incertezza. Condivisa la diagnosi, tuttavia, non si cura la malattia. L’incertezza fiscale si combatte con regole chiare, stabili nel tempo e nell’interpretazione, non retroattive, pensate per le imprese sane che svolgono la loro attività in Italia in un contesto difficile.
La delega fiscale è lo strumento che avrebbe potuto rimettere in salute il sistema ma scadrà tra 4 mesi. C’è quindi il rischio concreto che la medicina scada prima di averla presa. Confido quindi in uno sforzo da parte di tutti per dare finalmente attuazione alla delega”.
Luigi Casero viceministro all’Economia e Finanze, ha precisato che con il Ddl delega «si vuole avvicinare il nostro sistema fiscale a quello europeo per poter competere a livello mondiale». Ammettendo che il nostro sistema fiscale è molto incerto e complesso, ha precisato che «la delega va nella direzione della semplificazione affrontando i temi dell’abuso del diritto, delle sanzioni e della fiscalità internazionale per arrivare a fine marzo 2015 al compimento del percorso». Tra gli interventi previsti quello della fatturazione elettronica tra privati che porterà vantaggi alle imprese e allo Stato.
Francesco Greco procuratore aggiunto del Tribunale di Milano ha affermato che “la complessità del sistema deriva dall’alta evasione fiscale; i tempi della legislazione sono troppo lunghi, incompatibili con la necessaria velocità di intervento. Sarà inoltre fondamentale distinguere nettamente la frode (penale) dall’illecito amministrativo, come l’elusione (abuso del diritto) dalla frode”. Roberto Moro responsabile Affari fiscali Telecom Italia, è intervenuto in qualità di vicepresidente dell’Associazione dei fiscalisti d’impresa. Aldo Polito, direttore centrale Accertamento dell’Agenzia delle Entrate ha sottolineato quanto l’Agenzia stia investendo nel campo dell’informatizzazione. «Siamo più avanti della normativa stessa, ha affermato Polito, in quanto stiamo sperimentando la positività della cooperative compliance con un gruppo di imprese ancora in assenza di norma». Alessandro Solidoro, presidente ODCEC di Milano ha infine concluso auspicando che la norma proceda all’eliminazione degli adempimenti inutili, evitando che all’intenzione buona segua l’applicazione cattiva. «Noi siamo favorevoli, aggiunge Solidoro, alla riduzione delle sanzioni nei confronti di chi adempie ancorché in ritardo e in ottemperanza alla procedura di adesione, purché la misura del pagamento corretto sia definita da un soggetto terzo rispetto all’amministrazione stessa, con un’estensione virtuosa della conciliazione tributaria».
Il simposio si è concluso con la presentazione di una mozione con concrete proposte di modifiche normative.
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