Imprese: sostenibilità è la priorità, ma gli obiettivi non modificano le remunerazioni manageriali

 Imprese: sostenibilità è la priorità, ma gli obiettivi non modificano le remunerazioni manageriali

270324 BOLOGNA .EVENTO IMPRONTA ETICA Foto di ALESSANDRO RUGGERI

  • Secondo la ricerca “Sostenibilità e innovazione: dalla visione all’azione” Impronta Etica-Sustainability Makers, il 79% delle imprese investe per migliorare l’impatto ambientale e sociale delle proprie attività, ma solo una su due (53%) ha integrato la sostenibilità negli schemi di remunerazione del management
  • Tra i fattori chiave per rendere effettive le strategie di innovazione sostenibile, una visione aziendale ben condivisa, investimenti ad hoc e la cultura della delega. Bene l’apertura all’esterno, con 7 imprese su 10 partner di università e organizzazioni no profit
  • I ricercatori propongono un modello di transizione a disposizione delle imprese per autovalutare il proprio livello di sostenibilità e l’efficacia del proprio approccio

Sostenibilità sì, ma senza cointeressare troppo, in termini remunerativi, i manager che la devono realizzare concretamente in azienda. È una delle evidenze che emerge dalla ricerca “Sostenibilità e innovazione: dalla visione all’azione” realizzata dall’associazione Impronta Etica in collaborazione con Sustainability Makers e presentata nei giorni scorsi a Bologna (in alto, un momento della presentazione). Lo studio ha voluto indagare in dettaglio le correlazioni tra strategia, governance, cambiamento organizzativo e sostenibilità. I ricercatori hanno trovato che Il 79,3% delle aziende in Italia ha intrapreso percorsi di innovazione e cambiamento focalizzandosi sul miglioramento dell’impatto sociale e ambientale delle proprie attività, il 51,1% ha all’interno gruppi di lavoro interdisciplinari impegnati nell’innovazione sostenibile, mentre il 53,3% ha destinato un budget specifico ad attività sostenibili.

Le imprese sembrano quindi aver preso sul serio la sfida della sostenibilità, destinando risorse economiche e competenze al necessario cambiamento organizzativo. Tuttavia, soltanto nel 53% dei casi hanno deciso di integrare gli obiettivi di sostenibilità negli schemi retributivi del management, una misura che sembrerebbe invece di relativa semplice attuazione e in grado di accelerare efficacemente l’attivazione dei processi di trasformazione.

È ormai consolidato che la strada che porta le aziende ad un impegno strategico di sostenibilità nei suoi diversi e complementari ambiti passa dall’includere nella governance delle aziende obiettivi e impegni” commenta Giuseppina Gualtieri, presidente di Impronta Etica. “La ricerca che abbiamo promosso – spiega Gualtieri – parte dalla domanda di quali sono le altre condizioni organizzative e i processi che favoriscono l’innovazione sostenibile. In uno scenario in cui la sostenibilità sarà sempre più centrale per le imprese, la nostra Associazione opera convintamente non solo nel creare cultura della sostenibilità ma nell’accompagnare concretamente lo sviluppo delle imprese anche nei propri modelli organizzativi”.

Lo studio individua quindi altre chiavi per sbloccare l’innovazione sostenibile in azienda: innanzi tutto, la condivisione di una visione comune e la promozione di un ambiente favorevole all’innovazione sociale e ambientale, per fare crescere una cultura interna orientata alla sostenibilità. Il vertice aziendale, in particolare, si connota come vero testimonial, promotore di sostenibilità se si pone come esempio attraverso comportamenti coerenti con gli impegni presi e le responsabilità verso l’ambiente e la società. Ma per passare dalla visione all’azione è necessario anche altro: ad esempio, valorizzare il ruolo del manager della sostenibilità e – dove presente – del manager dell’innovazione come catalizzatori del cambiamento. Altrettanto importante, e, come visto, ampiamente diffusa è anche l’attivazione di gruppi di lavoro interfunzionali, per permettere la collaborazione tra diversi dipartimenti e stimolare un pensiero innovativo.

“La promozione attiva dell’innovazione sociale e ambientale da parte del vertice aziendale riveste un ruolo di straordinaria importanza nell’orientare l’intera organizzazione. Non è sufficiente che la governance aziendale manifesti un interesse passeggero per la sostenibilità. Al contrario, è essenziale che essa si posizioni come un autentico promotore” spiega Matteo Pedrini, direttore scientifico di Sustainability Makers e docente all’Università Cattolica.

Sembra quindi affermarsi un modello organizzativo che vede la visione arrivare dai vertici e coinvolgere l’intera azienda nella missione, ma con un forte impulso a delegare la funzione di agenti del cambiamento a tutti i livelli dell’organizzazione, con un ruolo specifico da parte di manager ad hoc.

“La cultura delle deleghe – commenta Maria Cristina Zaccone, ricercatrice di Sustainability Makers e assegnista all’Università Cattolica – si configura come di primaria importanza per accelerare il processo di innovazione sociale e ambientale. Tale cultura favorisce la creatività a livello locale, permettendo alle filiali di rispondere in modo flessibile alle esigenze della comunità circostante e di generare soluzioni innovative in linea con i contesti locali”.

Secondo la ricerca, ai manager della sostenibilità dovrebbe essere permesso di gestire le sfide strategiche mentre orchestrano le competenze tecniche. Ma senza dimenticare di attingere, se possibile e in modo regolare, al potenziale innovativo che proviene dall’esterno: 7 imprese su 10 rispondono di avere collaborazioni e partnership con enti terzi, come università, istituti di ricerca e organizzazioni no profit, anche se le idee e i progetti nascono prevalentemente per linee interne. L’origine, infatti, nella metà dei casi è il vertice (49,4%) e nel 30% i dipendenti. Limitato invece è il ricorso alle startup: più di un quarto (27,2%) delle imprese intervistate non le prende in considerazione, mentre oltre la metà (51,1%) lo fa solo all’occorrenza e senza un vero programma. L’indicazione degli studiosi è invece quella di creare degli hub di innovazione, “luoghi” dove poter combinare competenze e prospettive diverse, arricchendo così il panorama di idee e soluzioni disponibili. Sviluppare iniziative di open innovation, secondo gli esperti, può permettere alle aziende di cogliere l’opportunità di accedere costantemente a un flusso di idee fresche e innovative.

Nonostante i progressi compiuti, sembra quindi essere ancora necessario un reale cambio di paradigma verso la sostenibilità in senso allargato. Uno strumento utile in tal senso può essere il modello organizzativo presentato nella pubblicazione, che è anche un sistema di autovalutazione adatto a misurare l’efficacia delle azioni che un’impresa, di qualsiasi dimensione e settore industriale, sta prendendo per arrivare a generare valore in modo sostenibile.

Il documento è liberamente scaricabile dal sito web dell’associazione Impronta Etica, www.improntaetica.org, e da quello di Sustainability Makers, www.sustainability-makers.it.

Alla presentazione dello studio, oltre a Gualtieri, Pedrini e Zaccone, hanno preso parte Filippo Bocchi, consigliere per il supporto delle attività e lo sviluppo di Impronta Etica e sustainability manager di Hera, Anna Rita Cuppini, Direttrice Generale di Open Group, Andrea Benini, Consigliere Delegato alla sostenibilità di GranTerre SpA, Nazareno Ventola, Amministratore delegato e direttore generale dell’Aeroporto G. Marconi di Bologna, Gian Luca Galletti, Presidente di Emil Banca, e Alessio Mauri, Responsabile Facility Management & Real Estate di Cineca.

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