In Danimarca vietato chiedere l’età in un colloquio di lavoro: e in Italia?

 In Danimarca vietato chiedere l’età in un colloquio di lavoro: e in Italia?

Una nuova legge è stata approvata in Danimarca: le aziende non potranno più domandare l’età del candidato durante un colloquio di lavoro. L’obiettivo di questa nuova regola è quello di incentivare l’assunzione di persone più in là con gli anni, impedendo a datori di lavoro e ai selezionatori di decidere in base all’età di chi sarà convocato all’incontro. Come ha spiegato il ministro del Lavoro Peter Hummelgaard, «mi rendo conto che questo divieto non potrà risolvere completamente il problema, ma è comunque un segnale forte».

Il messaggio sembra chiaro: l’attenzione dei datori di lavoro deve concentrarsi sulle effettive competenze dei candidati.

«In Italia ad oggi non esiste nulla di simile, ma va anche detto che un buon recruiter non si lascia condizionare dal puro dato relativo all’età, tanto più che è del tutto normale prendere in considerazione dei curricula che non riportano la data di nascita del candidato», sottolinea Carola Adami, della società di recruiting Adami & Associati.

Ma se in Italia non esiste alcuna legge che impedisce di chiedere l’età durante un colloquio di lavoro, esistono comunque diverse domande vietate dalla legge, quesiti che il datore di lavoro o chi per esso non possono porre durante le interviste in vista di un’assunzione.

«Affidarsi a dei professionisti esperti in materia di selezione del personale è sempre importante» continua l’head hunter «poiché solamente chi ha una lunga esperienza nella gestione dei colloqui di lavoro ha gli strumenti adatti per selezionare i migliori talenti da assumere. Ma non è tutto qui: visti i diversi divieti posti in essere dalla legge italiana, avvalersi di un recruiter professionista vuol dire anche evitare di andare incontro a problemi di natura giudiziaria».

La legge italiana, per esempio, proibisce di domandare se il candidato è iscritto a un sindacato, così come è vietato informarsi sulla sua nazionalità (come ricorda il Decreto Legislativo n.215 del 2003) e sulla sua religione (articolo 8 dello Statuto dei Lavoratori).

«Bisogna inoltre sapersi destreggiare in modo attento tra le domande relative agli eventuali problemi del candidato con un precedente datore di lavoro» sottolinea l’head hunter «sapendo che il Decreto Legislativo n.276 del 2003 vieta di porre quesiti di questo tipo in tutti i casi in cui la risposta non possa incidere in modo concreto sulla futura attività lavorativa: in questa area il confine tra lecito e illecito è estremamente sottile».

Improvvisarsi selezionatori può quindi portare a problemi severi.

«Di solito si pensa che condurre in modo distratto o inesperto un colloquio di lavoro possa portare tutt’al più all’assunzione della risorsa sbagliata, eventualità che peraltro già di per sé presenta altissimi costi per l’azienda. Ma può succedere anche di peggio» spiega Adami.

«Un intervistatore che domanda se il candidato ha oppure desidera avere dei figli va per esempio contro quanto riportato all’articolo 27 del Codice delle Pari Opportunità, cosa che si rischia anche nel caso di domande relative alla presenza di partner, come fidanzati, mariti o mogli».

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