Indagine Confcommercio: criminalità in aumento nel terziario, 40mila imprese a rischio usura

 Indagine Confcommercio: criminalità in aumento nel terziario, 40mila imprese a rischio usura
Foto di Markus Spiske da Pexels

In un contesto generale in cui il clima di fiducia e l’occupazione mostrano qualche timido segnale di miglioramento, la ripresa dei consumi è ancora molto debole e insufficiente a favorire una ripresa in grado di dissolvere l’incertezza che ancora domina le prospettive a breve della nostra economia. In questo scenario, i maggiori problemi per le imprese del terziario sono rappresentati dalla perdita di fatturato, lamentata da quasi il 38% degli imprenditori, e dalla mancanza di liquidità che, insieme alla difficoltà di accesso al credito, rappresenta un forte ostacolo all’attività per il 37% delle imprese; problematiche a cui si devono aggiungere anche le difficoltà derivanti dagli adempimenti burocratici e dalla gestione delle norme sanitarie. Tutto questo rende sempre più fragile il sistema imprenditoriale – che, dal 2019 ad oggi, vede quasi raddoppiato il numero di imprese che non hanno ottenuto il credito richiesto – risultando, pertanto, sempre più esposto al rischio usura. Sono, infatti, circa 40mila le imprese seriamente minacciate da questo fenomeno che risulta in crescita e che è ancora più grave, in particolare, nel Mezzogiorno e nel comparto turistico-ricettivo.

Questi i principali risultati che emergono da un’analisi dell’Ufficio Studi Confcommercio sulla percezione dell’usura tra le imprese del commercio e dei servizi (documento integrale disponibile su www.confcommercio.it).

I principali risultati dell’indagine

Da aprile ad oggi le imprese del commercio al dettaglio, dell’abbigliamento, della ristorazione e quelle del comparto turistico (strutture ricettive e balneari) hanno dovuto affrontare una serie di problematiche che hanno complicato ulteriormente la gestione della loro attività. Tra queste, le principali sono state la riduzione del volume d’affari (37,5%), la mancanza di liquidità e le difficoltà di accesso al credito (36,9%), la gestione delle procedure per adeguarsi alle norme sanitarie (13,5%) e le problematiche connesse agli adempimenti burocratici (12,1%) (fig. 1).

Fig. 1 – Da aprile ad oggi, la Sua attività ha dovuto far fronte alle seguenti situazioni? (somma risposte molto+abbastanza)

Fonte: indagine Confcommercio-SWG, settembre 2020 – Grafico sulle difficoltà vissure dalle imprese
Sul tema del credito, nonostante l’intervento del Fondo di garanzia per le Pmi abbia garantito dal 17 marzo al 5 ottobre (con il “Cura Italia” e poi con il decreto “Liquidità”) circa 924mila operazioni fino a 30mila euro per un finanziamento complessivo di oltre 18 miliardi di euro, è ancora elevata la quota di imprese (quasi 290.000 nel 2020) che non hanno ottenuto il credito richiesto (fig.2) risultando, pertanto, potenzialmente esposte al rischio usura.

Fig. 2 – Numero di imprese potenzialmente a rischio usura

Fonte: indagine Confcommercio-SWG, Osservatorio credito Confcommercio-Format, Banca d’Italia – Le imprese a rischio di usura

Si può dire, in un certo senso, che la liquidità è il discrimine tra mantenere l’attività delle imprese o chiuderla: si può assorbire una perdita, ma senza liquidità l’attività non può proseguire. Per questo è prioritario prorogare la moratoria dei debiti bancari, rafforzare ulteriormente l’azione del Fondo centrale di garanzia per le Pmi e valorizzare il ruolo dei Confidi promossi dalle associazioni di categoria.

È dunque evidente che la situazione di fragilità in cui si sono venute a trovare le imprese durante e dopo il lockdown – a causa soprattutto del combinato disposto del crollo dei consumi, della mancanza di liquidità anche per effetto della stretta creditizia e dell’aumento dei costi legati al rispetto delle normative igienico-sanitarie – abbia, di fatto, costretto un numero sempre maggiore di imprese a ricorrere a prestiti al di fuori del mercato ufficiale (fig. 3). La quota di imprese fortemente a rischio usura, o soggette a tentativi di acquisizione anomala dell’attività, secondo le esperienze dirette degli imprenditori, è pari al 13-14%, percentuale leggermente maggiore di quella rilevata da un’altra analisi a giugno (10%). Se moltiplichiamo questa percentuale per il potenziale a rischio usura si arriva a 30-40mila imprese in pericolo. Un fenomeno che presenta accentuazioni particolarmente significative nel Mezzogiorno e presso le strutture ricettive dove le percentuali risultano doppie.

Fig. 3 – Negli ultimi 6 mesi lei ha sentito parlare o è venuto a conoscenza di situazioni come quelle che le descriviamo di seguito?

Fonte: indagine Confcommercio-SWG, settembre 2020; indagine Confcommercio-Format, maggio 2020 – La percezione degli imprenditori sul fenomeno dell’usura

In questa situazione, il 30% degli imprenditori, pur riconoscendo di avere un sostegno dall’azione delle Forze dell’ordine (oltre che dalle associazioni imprenditoriali), dichiara tuttavia di sentirsi solo di fronte al pericolo di infiltrazioni della criminalità.

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