La cartella è valida se la motivazione è scarna ma comprensibile

Nel caso in cui la cartella esattoriale presenti una motivazione “scarna” ma comunque comprensibile essa non si considera nulla.
È questa la conclusione a cui giunge la Suprema Corte, terza sezione civile, che con recente sentenza chiarisce come “il difetto di motivazione della cartella esattoriale che faccia rinvio ad altro atto costituente il presupposto dell’imposizione senza indicarne i relativi estremi …. non può condurre alla dichiarazione di nullità allorché la cartella sia stata impugnata dal contribuente il quale abbia dimostrato in tal modo di avere piena conoscenza dei presupposti dell’imposizione per averli puntualmente contestati…” (sentenza della Corte di Cassazione n.3707 del 25/02/2016 liberamente visibile su www.studiolegalesances.it – sezione Documenti).
Prima di entrare nel merito della questione è bene evidenziare l’importanza della motivazione dell’atto impositivo soprattutto in ambito tributario.
Su tale argomento la Suprema Corte si è già espressa in più occasioni (Corte di Cassazione, sentenza n.21.564/2013) affermando che è proprio attraverso la motivazione dell’atto che il contribuente deve poter ricostruire l’iter logico giuridico sui cui si fonda la pretesa dell’Erario e quindi, di conseguenza, valutare l’opportunità di un’opposizione giudiziale. Ciò vale a dire che le informazioni fornite al soggetto interessato devono essere tali da non comprimerne o impedirne in alcun modo il diritto di difesa tutelato dall’art. 24 della Costituzione. Dunque, se da un lato occorre tenere bene a mente l’importanza della motivazione dall’altro è necessario considerare, caso per caso, se il diritto di difesa sia pienamente esercitabile o meno.
Nello specifico, il caso in esame riguarda l’impugnazione di una cartella esattoriale dichiarata nulla per carenza di motivazione dal Tribunale di Brescia. Avverso tale decisione Equitalia ha proposto ricorso per Cassazione, contestando il fatto che il contribuente si fosse adeguatamente difeso nel merito. La Cassazione, infatti, ha ritenuto che per il solo fatto di aver puntualmente contestato la pretesa il contribuente aveva sanato gli eventuali vizi di motivazione della cartella. Secondo la Corte «ciò dimostra che la cartella esattoriale ha raggiunto il suo scopo, senza che risulti dedotto alcun significativo pregiudizio al diritto di difesa del destinatario nascente dall’incompletezza delle informazioni ivi riportate».
La Suprema Corte ha dunque ribadito l’orientamento, già espresso con altra sentenza n.11722/2010, secondo il quale un difetto di motivazione non può condurre ad una dichiarazione di nullità dell’atto se lo stesso sia stato impugnato dal contribuente senza la prova di un concreto pregiudizio al suo diritto di difesa.
In buona sostanza, il contribuente prima di poter eccepire la carenza di motivazione di un qualsiasi atto tributario è tenuto a dimostrare in che modo questo gli impedisce di contestare nel merito la pretesa.
In mancanza di tale pregiudizio è probabile che un eventuale vizio di motivazione venga ritenuto dai giudici non così grave da comportare la nullità dell’atto.
Avv. Matteo Sances
Nicola Cicchelli
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