La piramide rovesciata

 La piramide rovesciata
Jan Carlzon
Jan Carlzon

piramide-2[dropcap]R[/dropcap]iv Pyramiderna  è il titolo originale, in lingua svedese, di un libro pubblicato a metà degli anni 80. A dar retta alla prestigiosa American Management Association,  è nel ristretto novero dei testi che hanno maggiormente influenzato il mondo del business nell’arco del 20° secolo. Tradotto in 22 lingue, è tuttora attualissimo: in Italia ad esempio è già arrivato alla decima ristampa, l’ultima delle quali proprio quest’anno: lo ha edito Franco Angeli che l’ha intitolato La piramide rovesciata. L’autore è Jan Carlzon, il manager che nel 1981 all’età di quarant’anni fu designato amministratore delegato della Sas, la maggiore compagnia aerea scandinava. All’epoca era sull’orlo del dissesto ma in pochissimi mesi Carlzon ribaltò la situazione. Già l’anno successivo alla sua nomina, l’azienda registrò un utile di 54 milioni di dollari. Come? Proprio rovesciando, come spiegò poi Carlzon nel suo libro, una “piramide”.

Un piccolo passo indietro. Qualsiasi azienda ha un struttura piramidale: più si scende gerarchicamente e più ci si allarga. Al vertice c’è spesso un uomo solo, il capo, mentre alla base si ammassa il grosso dei dipendenti. All’insegna del motto Putting people first” (“Metti la gente al primo posto”), Carlzon capovolse alcuni concetti che ispiravano la filosofia aziendale: intuì che le sorti della Sas erano più nelle mani di quanti operavano in prima linea a diretto contatto col pubblico che non del team dirigenziale, che contava molto di più l’attenzione al cliente che non l’attenzione al prodotto. In sostanza, sotto il profilo delle priorità e dei settori su cui andava concentrato l’impegno, “rovesciò la piramide”.

Per la sua conformazione, con la base all’insù e il vertice in basso, la figura della “piramide rovesciata” è utilizzata in una pluralità di discipline: suddivisa in sezioni, esprime perfettamente l’idea di una sequenza decrescente, nella quale ad esempio l’intensità richiesta o l’importanza di una determinata azione si riducono. La paternità, manco a dirlo, si deve agli americani (la chiamano inverted pyramid” o upside-down pyramid”) e al mondo del giornalismo, che curiosamente la teorizzò per motivi di economicità all’indomani dell’invenzione del telegrafo. Più erano le parole da trasmettere, più elevata era la spesa da sopportare, per cui conveniva che una notizia fosse redatta venendo subito al sodo, senza fronzoli o premesse. Poi si è capito che dipendeva proprio dall’incisività e dalla chiarezza delle prime righe, quindi dallo sforzo iniziale, il fatto che un articolo fosse letto fino in fondo.

Ho introdotto l’argomento perché proprio la mancata applicazione dei concetti che esprime la “piramide rovesciata” costituisce la ragione di gran parte degli insuccessi nel campo della vendita. Statisticamente, l’80% delle trattative non superano la fase preliminare, quella dell’approccio. Perché? Perché o si sbaglia l’approccio o, peggio, si pensa sia sufficiente limitarlo a pochi convenevoli: una stretta di mano, tutt’al più una battuta e poi dalla borsa spunta un opuscolo o un catalogo. Il risultato in questi casi è che in genere l’interlocutore, spesso nella predisposizione d’animo di non comprare, resta sordo quale che sia l’offerta. E succederà quasi sempre così se il cliente, con le sue esigenze, lo si relega in secondo piano rispetto al prodotto e al buon esito di una vendita.

Putting people first”: ovvero davanti a tutto viene il cliente, il consumatore. Un cliente “compra” principalmente la fiducia che un venditore sa conquistarsi riuscendo a costruire un rapporto. Il massimo sforzo – ed è qui che ci soccorre la “piramide rovesciata” – va insomma prodotto nell’approccio e poi, a scalare, nella scoperta, nell’ascolto e nell’interpretazione degli effettivi bisogni. Eppure un errore piuttosto comune fra gli addetti alla vendita è quello di ritenere che il massimo sforzo vada viceversa dedicato nell’illustrare la bontà di un prodotto o nel tirare sul prezzo, saltando a piedi pari non solo l’approccio ma anche la cosiddetta indagine, non meno importante per capire come si può accontentare un cliente.

Ebbene, se c’è un segreto per concludere una vendita paradossalmente è scordarsi, almeno all’inizio, che si è lì per vendere. E già questo è ribaltare una situazione.

Davide Baldi
direttore commerciale di OSM Network

1 Comment

  • Condivido al 100%. Solo se sei interessato al tuo cliente, lui si interesserà a te e a quello che proponi. Ma l’interesse deve essere reale, sincero e non artefatto, altrimenti per il nostro interlocutore sarà immediatamente evidente.
    Se non riesci a provare vero interesse verso i tuoi clienti ed in generale essere curioso verso il tuo prossimo, diventerà difficile riuscire ad ottenere successo in ambito commerciale.

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