Un mio amico, imprenditore seriale, mi chiama alle 7:43 del mattino. Lo fa spesso. È uno di quelli che hanno un’idea al minuto, ma questa volta ha la voce di chi ha trovato l’oro sotto casa.
«Massimo, sto usando ChatGPT. È incredibile. Ma… perché a volte mi risponde da Nobel, e altre come un barista ubriaco?»
Gli rispondo con la calma di chi ha appena acceso la moka:
«Perché non fai le domande giuste. È come chiedere a un cuoco: “Fammi qualcosa di buono”, e poi ti lamenti se ti serve riso in bianco.»
Quella è stata la prima volta che gli ho parlato di prompt engineering. Ma per farla semplice, non ho usato quel termine tecnico.
Immagina di avere davanti un tizio super intelligente, che sa tutto. Però non capisce le mezze frasi. Né le allusioni. Né le battute.
Se gli dici: “Parlami di tecnologia”, parte con la Treccani in ordine alfabetico.
Se invece gli dici: “Agisci come se fossi un divulgatore tech italiano con il pallino delle startup e la voglia di spiegare le cose a mia zia”, ti guarda, sorride (per modo di dire), e ti scrive il post perfetto per LinkedIn.
Il punto non è “cosa” chiedi ma, “come” lo chiedi.
Quando ho iniziato a smanettare con ChatGPT, all’inizio mi sembrava tutto magia. Ma poi mi sono reso conto che i prompt, quei testi che scrivi per fargli fare domande, sono come comandi a una squadra. Se dai indicazioni vaghe, la squadra si perde.
Allora ho iniziato a usare un approccio in tre passi, che ora racconto in tutte le mie dirette:
- Contesto
- Ruolo
- Aspettativa
Sembra fuffa. Ma è pratica pura.
Contesto: l’ABC della chiarezza
Giorni fa, una startupper mi chiede:
«Massimo, puoi farmi un esempio pratico?»
Certo.
Prompt base:
“Parlami delle tendenze del mercato.”
Risultato? L’AI impazzisce. Ti parla di tutto, dalla blockchain al prezzo del mais.
Prompt con contesto:
“Sono una business analyst e sto preparando una presentazione per il board della mia azienda su come l’intelligenza artificiale sta influenzando il settore retail in Europa nel 2025.”
Già meglio. Ora l’AI capisce che non stai cercando Wikipedia. Stai cercando insight. Mirati. Attuali. Utili.
Ruolo: chi sei (e chi vuoi che sia l’AI)
È come nel cinema. Se non sai da quale punto di vista racconti la storia, il film non funziona.
Stessa cosa nei prompt. Se tu non dici chi sei, l’AI non sa come aiutarti.
Ma c’è un trucco ancora più interessante: puoi anche dire chi deve essere l’AI.
“Agisci come un consulente esperto di marketing digitale con esperienza in PMI italiane. Sto lavorando a una campagna per un’azienda che vende vernici ecologiche. Dammi idee concrete per annunci su Meta.”
Ora l’AI sa chi sei. E chi è lei. Boom.
Aspettativa: cosa vuoi davvero?
È l’elemento più ignorato. Tante volte vedo gente che scrive prompt come:
“Scrivi un testo per il mio sito.”
Che tipo di sito? Che tono? Quante parole? È la homepage o una landing per ads?
Se invece scrivi:
“Scrivimi un testo di 200 parole per la homepage di un sito B2B che offre servizi di consulenza SEO. Il tono deve essere professionale ma accessibile, e voglio che evidenzi tre benefici concreti: aumento del traffico, miglior posizionamento su Google e supporto continuo.”
Capito? Lì sì che diventa utile. Hai dato un obiettivo.
La differenza tra un prompt mediocre e uno potente è come tra una chiacchiera al bar e un brief da project manager.
Non serve essere ingegneri, né smanettoni. Serve saper spiegare le cose con chiarezza. E sapere cosa si vuole ottenere.
E se ti blocchi?
Fai come faccio io ogni tanto: chiedi all’AI di suggerirti 5 prompt efficaci per il tuo lavoro.
“Suggeriscimi 5 prompt che posso usare per creare contenuti video tech sul mio canale social.”
Funziona. Ti aiuta a sbloccarti. Ti fa vedere strade a cui non avevi pensato.
Il prompt è un telecomando
Ogni parola che scrivi in un prompt è un bottone che schiacci. Ma se non sai cosa fanno i tasti, stai lì a girare canali a caso.
Io, per esempio, ho imparato a costruire prompt per ogni occasione. Per fare naming, per trovare insight, per risolvere problemi.
Non c’è magia. C’è metodo. È conversazione. Una nuova forma di pensiero strutturato.
Quindi, la prossima volta che usi ChatGPT, ricordati:
- Non parlare in codice Morse: scrivi in modo chiaro, completo e con un obiettivo.
- Dai un ruolo a entrambi: a te e all’AI.
- Dichiara cosa vuoi come risultato: senza giri di parole.
E se non funziona? Modifica. Ripeti. Impara.
Alla fine, è come con le persone: più ti alleni a comunicare bene, più ottieni risposte intelligenti.
E in fondo, questa è la vera rivoluzione.
Non l’intelligenza artificiale.
Ma l’intelligenza conversazionale.
Immagine di frimufilms su Freepik

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