Lavoro, cresce la fuga dei talenti italiani in USA

 Lavoro, cresce la fuga dei talenti italiani in USA

Cresce la fuga dei talenti italiani in USA. Infatti, secondo i dati dell’AIRE, elaborati dalla società Francesca Parvizyar International events, emerge che all’inizio del 2020 negli USA erano 283.350 le persone iscritte all’anagrafe degli italiani residenti all’estero. A gennaio del 2021 sono aumentate a 289.685, mentre all’inizio del 2022 sono balzate a 297.917. Questo continuo esodo di italiani, in particolare lombardi, in USA dimostra quanto sia sempre più dinamico il mondo del lavoro americano.

Secondo l’Osservatorio di Francesca Parvizyar International events, società attiva nel business development tra Italia e Stati Uniti, gli USA rappresentano la meta più ambita per gli italiani decisi a lavorare fuori dal Bel Paese (un italiano su 4). Seguono Svizzera e Regno Unito. Con distacco notevole troviamo, infine, al quarto posto Francia, al quinto Germania e Spagna. Negli ultimi anni il numero di italiani che sono partiti verso il Nord America è quasi raddoppiato. Il lavoro negli Stati Uniti è sempre più una vera opportunità per i talenti italiani e le loro prospettive di carriera sono in crescita. Inoltre, sono in aumento le richieste di lavoro in ambito digital e finance.

“Molto significativo il fatto che in passato questo flusso migratorio proveniva dal Centro – Sud del nostro paese, ora è invece il Nord – Italia a svuotarsi di giovani laureati che decidono di mettere al servizio della loro alta formazione le grandi megalopoli americane. In Italia, infatti, continuiamo ad avere delle ottime università la cui reputazione è in continua crescita”, spiega Francesca Parvizyar, Ambrogino d’oro 2022, amministratore delegato di Francesca Parvizyar International events.

“Il sistema Italia, tuttavia, è vecchio e lascia poco spazio a giovani menti e professionalità che, visto l’alto profilo, non hanno difficoltà a trovare lavoro e ad essere pagati come meritano, aspetto che in Italia succeda raramente. Si parla tanto di talenti, di giovani e di sburocratizzazione del Paese e del rapporto da attivare tra pubblico e privato: negli Stati Uniti questo rapporto funziona molto bene, in Italia purtroppo non ancora. Le aziende italiane dovrebbero colloquiare più attivamente con le università, integrando i giovani meritevoli nella realtà lavorativa immediatamente e con corretta remunerazione. Se non li gratifichiamo economicamente, fin da subito, se chiediamo loro di lavorare gratuitamente, i ragazzi scappano via. Bisognerebbe fare degli accordi più efficaci tra università e aziende italiane e integrare nei corsi di studio stage dedicati già dai primi anni. Per evitare che i giovani se ne vadano quindi occorre dedicarsi di più alle università che tra le migliori al mondo. Dobbiamo occuparci dei talenti già dai licei e aiutarli a crescere professionalmente. La fuga dei talenti negli Stati Uniti è dovuta quindi non solo alla burocrazia italiana troppo farraginosa, ma anche alla mancanza di prospettive di carriera. Tuttavia, oltre alla fuga di ‘cervelli’, sono in aumento anche le aziende americane che cercano talenti in Italia: questo aspetto sottolinea l’importanza per il nostro Paese di diventare fortemente attrattiva per i talenti di casa. L’Italia, quindi, è assolutamente attrattiva per gli Stati Uniti. C’è solo forse un po’ di diffidenza. È importante che gli italiani si relazionino con umiltà, rispettando le regole delle altre comunità, consapevoli dei propri mezzi, di quello che possono fare, usando l’intelligenza tipica degli italiani e non la furbizia che a volte fa commettere errori. I dati dimostrano, infatti, che i professionisti italiani sono apprezzatissimi negli Stati Uniti: negli ultimi due anni c’è stato un aumento del 25-30% di italiani che sono andati a lavorare nelle città americane. Le aziende USA li accolgono a braccia aperte perché i professionisti che arrivano nel Paese hanno buone competenze e sono flessibili”, conclude Francesca Parvizyar.

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