Le imprese del conto terzi farmaceutico in Italia: network e digitalizzazione

 Le imprese del conto terzi farmaceutico in Italia: network e digitalizzazione

Il Contract Development and Manufacturing (CDMO) è un modello organizzativo diffuso a livello internazionale con il quale le imprese titolari dell’autorizzazione all’immissione in commercio di medicinali esternalizzano le attività produttive, di controllo e di sviluppo farmaceutico. Queste attività vengono quindi affidate ad aziende specializzate dotate di proprie officine e laboratori dedicati.

In Italia questo modello, affacciatosi sulla scena industriale all’inizio degli anni ’90 [1], si è molto sviluppato a partire dalla metà dello scorso decennio, anche a seguito delle profonde trasformazioni che hanno caratterizzato l’industria farmaceutica mondiale. Nel nostro Paese, dove esiste un’importante tradizione manifatturiera, oggi si registra una cospicua presenza di queste aziende.

Lo studio, aggiornando un’analisi svolta la prima volta nel 2016, ha esaminato il comparto del CDMO farmaceutico in Italia [2] all’interno del contesto europeo, valutando anche il contributo della filiera e approfondendo le strategie d’investimento delle imprese in ottica Industria 4.0.

L’Italia rafforza la leadership in Europa nel CDMO, grazie a innovazione ed export

L’analisi dei dati di bilancio delle imprese del CDMO attive in Europa conferma i risultati emersi nella prima indagine: con un valore della produzione pari a 1,7 miliardi di euro l’Italia mantiene la propria leadership in Europa, davanti a Germania (1,5) e Francia (1,4). Il valore della produzione sviluppato dalle imprese attive in Italia rappresenta il 23% del totale UE (pari complessivamente a 7,6 miliardi di euro), un’incidenza superiore a quella del totale dell’industria manifatturiera (13% rispetto all’UE28) che caratterizza il CDMO farmaceutico come comparto di specializzazione dell’industria in Italia.

L’indagine ha messo in luce come tra il 2010 e il 2016 il fatturato delle imprese attive nel comparto sia aumentato del 40% (che si confronta con uno 0,7% del totale economia), sintesi di uno sviluppo che ha toccato tutti i segmenti di attività. Gli incrementi hanno infatti interessato sia i prodotti più “tradizionali” come i non iniettabili (+31%) sia, soprattutto, quelli a maggior contenuto di tecnologia innovativa come gli iniettabili e le produzioni biologiche e ad alta attività (+48%). Un mix di crescita che ha permesso di aumentare il valore aggiunto complessivamente realizzato dalle imprese del e la quota delle produzioni a più alta tecnologia.

I risultati, maturati in anni di crisi macroeconomica e di forte trasformazione strutturale dell’industria farmaceutica, evidenziano il significativo contributo che il comparto del CDMO ha offerto allo sviluppo del Paese e dei territori nei quali le imprese hanno investito.

La propensione all’innovazione e alla qualità dell’offerta si coniuga a una forte proiezione internazionale. Le vendite all’estero sono infatti un importante motore della crescita del CDMO: tra il 2010 e il 2016 il valore delle esportazioni è cresciuto del 67%, arrivando a rappresentare il 70% del fatturato (+11 punti percentuali rispetto al 2010).

La quota di vendite destinata ai Paesi europei è tuttora prevalente (54% verso l’UE 15 e il 10% verso altri Paesi), ma è rilevante anche il ruolo degli Stati Uniti, mercato nel quale è realizzato il 22% del fatturato estero, quota doppia rispetto a quella che caratterizza, in media, il manifatturiero italiano.

CDMO: un’eccellenza che si sviluppa in sinergia con la filiera

Le interviste con le imprese – parte integrante dell’indagine – hanno messo in luce come l’interazione di filiera sia un aspetto fondamentale per garantire ai CDMO la flessibilità necessaria per rispondere in tempi rapidi alle richieste di clienti sempre più esigenti, garantendo al contempo efficienza sul fronte dei costi. Poter contare su una filiera solida è pertanto un importante vantaggio competitivo e un elemento in grado di attrarre investimenti nel nostro Paese, fattore che ha permesso di rafforzare il posizionamento internazionale e di consolidare la leadership in Europa.

L’analisi si è pertanto posta l’obiettivo di misurare il valore complessivamente generato dal CDMO e dal suo indotto [3]. La catena di fornitura industriale genera 1,4 miliardi di euro di fatturato, per il 66% formato da input produttivi (soprattutto principi attivi, eccipienti, packaging primario e secondario), per il 10% da beni di investimento (macchinari) e per il 24% da servizi. Il valore complessivo della filiera ammonta quindi a a 3,1 miliardi.

Operare in stretta partnership con fornitori nazionali di eccellenza (packaging e macchine per imballaggio in primis, con imprese che sono diventate leader mondiali, il cui export supera il 90% della produzione) permette di creare valore attraverso l’interazione e la sperimentazione di nuove modalità operative, in grado di rafforzare innovazione e qualità lungo tutta la filiera, instaurando un circolo virtuoso a vantaggio di tutti gli attori che ne fanno parte.

Le interviste condotte nell’ambito dello studio hanno infatti messo in luce che un indotto di qualità attrae investimenti di qualità. Vi è una perfetta sintonia di vedute fra i CDMO e i principali attori delle catene di fornitura, sia sui punti di forza del comparto sia sulle priorità per sostenerne la crescita futura: qualità, efficienza, eccellenza, digitalizzazione.

Conclusioni

Lo studio mette in luce la forza del comparto del CDMO in Italia, capace di rafforzare la propria leadership in Europa grazie alle strette interazioni di filiera, in grado di supportare innovazione, qualità e flessibilità dei processi produttivi.

Efficienza e velocità di risposta al mercato sono necessità che portano le imprese a porre la massima attenzione alle opportunità offerte dalla digitalizzazione, insieme a una rilevante presenza di macchinari già integrati e integrabili in modalità “Industria 4.0”, in particolare per ciò che riguarda le fasi più tipicamente produttive.

Per favorire una maggiore diffusione della digitalizzazione in tutti i processi aziendali – che potrebbe rafforzare la competitività dei CDMO e consentire alle imprese di cogliere ulteriormente le opportunità offerte dalla crescita del mercato mondiale della produzione conto terzi – sarà necessario che le imprese possano contare su un contesto regolamentare ancora più competitivo e che sappia cogliere a pieno le esigenze della crescita nell’era di Industria 4.0.

[1] Quando il Decreto legislativo 29 maggio 1991, n. 178, recependo una direttiva europea, ha consentito le attività di produzione conto terzi.
[2] Lo studio è stato condotto affiancando all’analisi comparata dei bilanci delle imprese attive in Europa, la raccolta di informazioni tramite questionario quali-quantitativo somministrato alle imprese del comparto, oltre a focus group e a interviste dirette ai CDMO e alle imprese della filiera.
[3] L’analisi dell’indotto si è concentrata sul solo indotto industriale.

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