Le PMI pronte per il rinnovamento del welfare del paese

 Le PMI pronte per il rinnovamento del welfare del paese

Il 75% delle PMI (3 su 4) ha un livello almeno medio di welfare aziendale

  • Dal 2016 le imprese che hanno raggiunto un livello alto o molto alto di welfare aziendale sono triplicate, dal 10,3% al 33,3%, accelerando negli ultimi due anni (+ 8%)

La crescita del welfare aziendale negli ultimi 2 anni è diffusa e figura un nuovo protagonista: il Terzo Settore (51,3% degli enti raggiunge un livello di welfare elevato, contro una media generale del 33,3%)

Le PMI punto di riferimento per le comunità grazie alla diffusione sul territorio e alla vicinanza alle famiglie

  • Il welfare aziendale può costituire la base di un nuovo welfare di comunità capace di promuovere la coesione sociale anche al di fuori delle aziende: le imprese raggiungono il 44% delle famiglie italiane

Per il 18% delle PMI il welfare aziendale è una leva strategica di gestione dell’impresa

  • Di queste più dell’80% ottiene i migliori risultati di impatto sociale. Conciliazione vita lavoro e sostegno economico le aree più in crescita

Il welfare aziendale contribuisce alla produttività e al successo economico

  • Il fatturato aumenta con il livello di welfare: sono in crescita il 28,8% delle imprese a livello di welfare iniziale e il 46,5% di quelle a livello molto alto

Assegnato il massimo rating 5W a 142 imprese Welfare Champion (22 nel 2017)

È stato presentato ieri a Roma il Rapporto Welfare Index PMI 2024 sullo stato del welfare nelle piccole e medie imprese italiane, giunto alla ottava edizione. L’iniziativa sullo stato del welfare nelle PMI italiane, è promossa da Generali Italia con il patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri e con la partecipazione delle principali Confederazioni italiane Confindustria, Confagricoltura, Confartigianato, Confprofessioni e Confcommercio. Si basa su un modello di analisi su dieci aree: 1) Previdenza e protezione, 2) Salute e assistenza, 3) Conciliazione vita-lavoro, 4) Sostegno economico ai lavoratori, 5) Sviluppo del capitale umano, 6) Sostegno per educazione e cultura, 7) Diritti, diversità, inclusione, 8) Condizioni lavorative e sicurezza, 9) Responsabilità sociale verso consumatori e fornitori, 10) Welfare di comunità.

Quest’anno hanno partecipato a Welfare Index PMI circa 7.000 imprese – più che triplicate rispetto alla prima edizione – di tutti i settori produttivi, di tutte le dimensioni e provenienti da tutta Italia. I risultati di Welfare Index PMI sono stati illustrati oggi a Roma alla presenza di: on. Eugenia Maria Roccella, Ministra per la Famiglia, la Natalità e le Pari Opportunità; sen. Gaetano Nastri, Capo Questore del Senato; Giancarlo Fancel, Country Manager & Ceo Generali Italia; Massimo Monacelli, General Manager di Generali Italia; Giovanni Baroni, Vicepresidente Confindustria e Presidente Piccola Industria; Davide Peli, Presidente dei giovani imprenditori Confartigianato; Sandro Gambuzza, membro della Giunta Esecutiva, Confagricoltura; Gaetano Stella, Presidente Confprofessioni; Laura Bernini, Responsabile Settore Welfare pubblico e privato, Confcommercio; Barbara Lucini, Responsabile Country Sustainability & Corporate Responsibility di Generali Italia; Enea Dallaglio, MBS Consulting – A Cerved Company.

La maturità raggiunta dal welfare aziendale è la principale evidenza che emerge dal Rapporto di quest’anno: il 75% delle piccole e medie imprese italiane, 3 aziende su 4, ha infatti superato il livello medio di welfare aziendale. Triplica il numero di PMI con livello molto alto e alto, passando dal 10,3% del 2016 al 33,3% del 2024, con un aumento dell’8% negli ultimi due anni. Infine, si sono dimezzate le imprese a livello iniziale, il cui welfare consiste sostanzialmente nell’adozione delle misure previste dai contratti collettivi: dal 48,9% al 25,5%. Dall’osservatorio emerge come si renda possibile fare leva sulle PMI per rinnovare il sistema di welfare del nostro Paese.

L’area più matura, con un tasso di iniziativa del 56,4%, è la conciliazione vita – lavoro. Seguono a breve distanza salute e assistenza, previdenza e protezione, tutela dei diritti, delle diversità e inclusione sociale, tutte con un tasso superiore al 50%. L’iniziativa delle imprese a sostegno delle famiglie per la cultura e l’educazione dei figli, con il 10% di imprese attive, sta invece muovendo i primi passi.

Il Rapporto 2024 dedica un approfondimento a un grande protagonista della scena sociale ed economica italiana: il Terzo Settore, che conta 125.000 organizzazioni iscritte al RUNTS (Registro Unico degli Enti del Terzo Settore). Il non profit in senso più ampio coinvolge 894 mila dipendenti, quasi 4,7 milioni di volontari, e produce un valore pari al 5% del PIL.

Il Terzo Settore esercita un duplice ruolo nel welfare aziendale: da un lato offre soluzioni di welfare ai propri dipendenti, dall’altro agisce come fornitore di servizi alle imprese. Gli enti del terzo settore che hanno raggiunto un livello alto e molto alto di welfare aziendale sono il 59,3%, contro il 33,3% delle imprese for profit. E in quasi tutte le aree i tassi di iniziativa sono superiori alla media delle PMI. In due aree, quelle che costituiscono la missione sociale di molti enti, raggiungono livelli di iniziativa molto superiori: nella responsabilità sociale verso consumatori e fornitori (87,2% contro 27,2%) e nella tutela dei diritti, delle diversità e dell’inclusione (82,5% contro 50,4%).

Le PMI punto di riferimento per le comunità grazie alla diffusione sul territorio e alla vicinanza alle famiglie

Una quota significativa della spesa di welfare nel nostro paese è a carico diretto delle famiglie, che sostengono il 22% della spesa sanitaria italiana, il 71% di quella assistenziale per la cura dei figli e degli anziani, il 16% della spesa per l’istruzione. Il welfare aziendale, trasferendo parte di questa spesa dalle famiglie alle imprese e trasformandola da individuale a collettiva, agisce come fattore di efficienza e di equità.

Le PMI raggiungono 11,3 milioni di famiglie con lavoratori dipendenti, il 44% delle famiglie italiane, appartenenti a tutte le fasce sociali, di cui 3,2 milioni a vulnerabilità alta o molto alta. Possono quindi rafforzare il proprio ruolo sociale erogando sostegni mirati in relazione alla condizione familiare o alla presenza di fragilità connesse alla necessità di assistere figli o persone anziane. Inoltre, le imprese possono costituire la base di un nuovo welfare di prossimità perché largamente diffuse nel territorio italiano: le PMI da 6 a 1.000 addetti, oggetto dell’indagine, sono 661.000.

Il welfare aziendale come leva strategica di gestione dell’impresa

Il 18% delle imprese oggetto dell’analisi sono caratterizzate da un welfare evoluto, ai più alti livelli di iniziativa e capacità gestionale, che considerano centrali gli obiettivi di soddisfazione dei lavoratori e di reputazione. Le aziende di questo profilo intendono il welfare come leva strategica per la sostenibilità dell’impresa e l’81% di esse ottiene i migliori risultati in termini di impatto sociale (il 53% molto alto). Determinanti l’impegno sociale coerente dell’impresa, la diffusione a tutti i livelli di una cultura aziendale orientata alla cura del benessere e alla valorizzazione delle persone, la valorizzazione delle iniziative con la comunicazione e il coinvolgimento dei collaboratori.

Il welfare contribuisce alla produttività e al successo economico

La quota di imprese con aumento di fatturato nel 2023 cresce pressoché linearmente con il livello di welfare aziendale, dal 28,8% di quelle con livello iniziale al 46,5% di quelle con livello molto alto. Gli anni successivi al contesto Covid, hanno visto una ripresa con velocità differenziate tra le piccole medie imprese italiane e quelle con livello molto alto di welfare aziendale hanno registrato la crescita più vigorosa, sia nel 2021 sia nel 2022. Rispetto agli indici di produttività, tanto il fatturato per addetto quanto il margine operativo lordo per addetto aumentano quasi linearmente al livello di welfare, raggiungendo i valori più elevati nel segmento delle imprese con livello molto alto di welfare aziendale: 470 mila euro in termini di fatturato per addetto (contro i 193 mila euro delle imprese con livello iniziale di welfare) e 29,4 mila euro in termini di margine operativo lordo per addetto (contro 10 mila euro).

Il welfare aziendale è poi correlato positivamente con la solidità finanziaria delle imprese: l’indebitamento, misurato come quota percentuale sul fatturato, decresce al crescere dei livelli di welfare, con una differenza di oltre cinque punti tra le imprese di livello iniziale (70,3%) e quelle di livello molto alto (64,5%). Inoltre, di particolare interesse è l’analisi della correlazione tra welfare aziendale e capacità competitiva delle imprese sui mercati internazionali: mediamente la quota di imprese esportatrici è dell’8%, ma passando dal livello iniziale ai livelli più elevati di welfare aziendale la quota quasi triplica, dal 5% al 14,1%.

Immagine di pch.vector su Freepik

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