Le prospettive dell’economia italiana APPROFONDIMENTO

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Il quadro internazionale

Ciclo internazionale trainato dalle economie avanzate
A partire dagli ultimi mesi del 2013, il ciclo economico internazionale ha continuato a mostrare segni di graduale recupero, contraddistinto da tendenze divergenti: al rafforzamento delle condizioni cicliche nelle economie avanzate, supportate anche da politiche monetarie espansive, si è contrapposto il rallentamento dell’espansione economica nei paesi emergenti.
Il commercio internazionale, secondo i dati del Central Plan Bureau, ha mostrato una ripresa già nel 2013 (+2,7%). Nell’orizzonte di previsione, il rafforzamento della crescita nelle economie avanzate determinerebbe un’accelerazione degli scambi commerciali nell’anno corrente (+4,7%) e un ulteriore incremento nel biennio successivo (+5,5% e +6,0% rispettivamente nel 2015 e 2016).
Negli Stati Uniti l’andamento ciclico risulta sostenuto dalla buona performance delle esportazioni e dal consolidamento delle condizioni interne di domanda. La riduzione del tasso di disoccupazione dovrebbe proseguire nel prossimo triennio.
La crescita del Pil è prevista attestarsi poco al di sotto del 3% quest’anno, per poi accelerare leggermente nel 2015 e stabilizzarsi l’anno successivo. In Giappone, il favorevole andamento delle esportazioni sarebbe sostenuto dal deprezzamento dello yen, mentre il programmato aumento della tassazione sui consumi influirebbe negativamente sull’evoluzione dell’economia nel triennio di previsione. Il Pil è atteso aumentare dell’1,3% quest’anno e dell’1,1% nel 2015 e nel 2016.
Nell’area dell’euro, le prospettive per i consumi privati rimangono modeste a causa delle condizioni ancora deboli del mercato del lavoro, che presenta situazioni fortemente eterogenee tra le economie dell’area. Ci si attende un rafforzamento della spesa in beni capitali, trainata dalla necessità di ricostituire i livelli di capacità produttiva persi durante la crisi finanziaria. L’espansione del prodotto lordo si attesterebbe all’1% quest’anno, per poi accelerare leggermente nel 2015 (+1,3%) e nel 2016 (+1,6%).
L’andamento più dinamico dell’economia statunitense rispetto a quella dell’area euro dovrebbe determinare un apprezzamento del dollaro nel 2014. In seguito le differenze tra l’andamento dell’economia statunitense e quella europea indurrebbero orientamenti diversi di politica monetaria. In questo scenario, l’annuncio di un graduale rientro dalle politiche di espansione monetaria da parte della Federal Reserve darebbe il via al formarsi di attese al rialzo dei tassi ufficiali negli Stati Uniti, mentre la Banca Centrale Europea rimarrebbe orientata a prevenire i rischi di una deflazione. Ciò implicherebbe un moderato deprezzamento dell’euro nei confronti del dollaro (-3,7% nel 2015 e -3,1% nel 2016).

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Paesi emergenti in decelerazione
I paesi emergenti stanno sperimentando condizioni cicliche più deboli rispetto a quelle dell’ultimo decennio. Il deprezzamento delle valute in numerosi paesi, causati dalla fuoriuscita di capitali, unitamente alla maggiore domanda dei paesi avanzati, sosterrebbero le loro esportazioni. Le reazioni di politica monetaria, volte a contrastare i deflussi di capitale, non favorirebbero però gli investimenti. Nel complesso, le economie emergenti, pur registrando una decelerazione della crescita economica nel 2014 (+4,5% contro il +4,7% del 2013) e una sostanziale stabilizzazione nel 2015 (+4,7%), continuerebbero a contribuire all’espansione del prodotto mondiale in misura più sostenuta dei paesi avanzati, con un rafforzamento della crescita previsto nel 2016 (+5,3%).

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Previsioni dell’economia italiana
La caduta congiunturale del Pil italiano iniziata nel terzo trimestre del 2011 si è arrestata nell’ultimo trimestre del 2013. Nei prossimi trimestri, l’evoluzione dell’attività economica è attesa proseguire secondo ritmi moderatamente positivi e sarebbe favorita dal graduale venire meno di alcuni principali fattori di incertezza. Nel 2014 il Pil è previsto crescere dello 0,6% in termini reali.
La domanda interna al netto delle scorte tornerebbe a fornire un contributo positivo (+0,4 punti percentuali) che si accompagnerebbe a un aumento marginale della domanda estera netta (+0,2 punti percentuali), mentre l’apporto delle scorte risulterebbe nullo. Nel 2015 si rafforzerebbe l’incremento del Pil (+1,0%) determinato in misura prevalente dal contributo positivo della domanda interna (+0,9 punti percentuali). Tali risultati sono previsti consolidarsi nel medio termine con una crescita economica dell’1,4% nel 2016.

Moderata ripresa del potere di acquisto
Nel 2014 la spesa per consumi delle famiglie italiane è prevista in lieve ripresa (+0,2%) dopo tre anni di riduzione. Segnali di assestamento dei consumi privati sono comparsi nel quarto trimestre del 2013 (-0,1% la caduta congiunturale), quando la componente dei beni durevoli ha registrato una variazione positiva. Negli ultimi mesi il clima di fiducia risulta in recupero,  supportato dal miglioramento dei giudizi sulla situazione economica del paese e, per la prima volta da oltre un triennio, delle valutazioni sulle condizioni economiche della famiglia e sulle prospettive del mercato del lavoro.
L’aumento dei consumi sarebbe sostenuto prevalentemente da un incremento del reddito disponibile nominale, in parte alimentato dalle misure fiscali a favore dei redditi da lavoro dipendente. Il reddito disponibile è previsto crescere in misura superiore all’inflazione al consumo e il potere d’acquisto delle famiglie tornerebbe a migliorare per la prima volta dal 2007.
Nell’orizzonte di previsione, il tasso di risparmio si consoliderebbe intorno ai livelli registrati nel 2013, quando la propensione al risparmio per il totale delle famiglie è risultata pari a 12,9% (11,6% nel 2012). Nel 2015-2016, il miglioramento delle condizioni dell’economia italiana determinerebbe una lieve ripresa dell’occupazione, mentre l’aumento del reddito disponibile sarebbe sostenuto anche dal miglioramento delle altre componenti di reddito oltre ai redditi da lavoro. Per effetto di questi fattori la spesa per consumi privati è prevista in aumento dello 0,5% nel 2015 e dell’1,0% nel 2016.

Investimenti in crescita
Nel 2014, le prospettive di ripresa della domanda interna e il graduale miglioramento delle condizioni di erogazione del credito da parte del sistema finanziario determinerebbero un aumento dei tassi di accumulazione di beni capitali pari all’1,9%. L’evoluzione degli investimenti privati rifletterebbe inoltre il recupero del grado di utilizzo degli impianti, che è atteso raggiungere livelli prossimi a quelli precedenti l’inizio della crisi. La ripresa degli investimenti sarebbe trainata principalmente dalla componente delle macchine e attrezzature, a fronte di una sostanziale stagnazione degli investimenti in costruzioni. Nel 2015, la ripresa ciclica internazionale e il progressivo rasserenamento delle condizioni per investire costituirebbero i principali fattori a sostegno degli investimenti, che sono previsti in aumento del 3,5%. La spesa in macchinari e attrezzature e quella in beni immateriali rappresenterebbero i principali fattori di supporto alla ripresa dell’accumulazione di beni capitali. Anche il ciclo degli investimenti in costruzioni risulterebbe in ripresa dopo 6 anni di flessioni consecutive (-27% la contrazione cumulata in volume nel periodo 2008-2013). Per il 2016 si attende un ulteriore rafforzamento della crescita degli investimenti totali (+3,8%).

Export al traino del commercio mondiale
L’evoluzione favorevole delle esportazioni di beni e servizi, osservata a partire dal secondo trimestre del 2013, è attesa proseguire anche nell’anno in corso. Nel 2014, le esportazioni totali sono attese aumentare del 2,7%. Nel periodo di previsione, la nuova composizione della domanda internazionale spingerebbe gli esportatori italiani a riposizionarsi nelle aree di tradizionale destinazione delle merci. Nei mercati dell’Unione Europea, tale processo ha avuto inizio a partire dalla seconda metà dello scorso anno, quando le esportazioni dell’Italia sono cresciute a ritmi superiori a quelli dei principali competitors europei.
Nel biennio 2015-2016, il consolidarsi della domanda internazionale e l’atteso deprezzamento del tasso di cambio dell’euro porterebbero a una crescita delle esportazioni complessive (pari rispettivamente a +4,2% e +4,4%).
Dopo due anni di contrazioni consecutive (circa il 10% di riduzione nel biennio 2012-2013), le importazioni di beni e servizi tornerebbero a crescere, sostenute dalla ripresa della spesa per consumi privati e, soprattutto, degli investimenti produttivi e delle esportazioni (che rappresentano le componenti a più elevato contenuto di beni importati). Le importazioni complessive crescerebbero del 2,4% nel 2014 per poi accelerare nei due anni successivi (+4,2% e +4,4% rispettivamente) allineandosi ai tassi di crescita dell’export. L’evoluzione favorevole delle ragioni di scambio favorite dalla riduzione dei prezzi all’import, è prevista attenuarsi mentre il saldo della bilancia dei beni e servizi continuerebbe a registrare un avanzo, attestandosi intorno al 3,0% del Pil nel periodo 2014-2015 e raggiungendo il 3,5% nel 2016. Al saldo positivo concorrerebbe, in particolare nel 2014, la riduzione del deficit della bilancia energetica, dovuto al moderato andamento dei prezzi delle materie prime e all’apprezzamento dell’euro. L’avanzo commerciale contribuirebbe al miglioramento del surplus di parte corrente della bilancia dei pagamenti .

Mercato del lavoro ancora in sofferenza
Le condizioni del mercato del lavoro sono previste rimanere deboli nel periodo di previsione. In particolare il recupero dei livelli occupazionali rispetto a quelli precedenti alla crisi è previsto essere graduale. Nell’anno in corso, la riduzione dell’occupazione, che ha registrato una caduta significativa a partire dalla seconda metà del 2013, sarebbe attenuata dall’atteso miglioramento del ciclo economico. Nella media del 2014, l’occupazione, misurata in termini di unità di lavoro standard, continuerebbe a contrarsi (-0,1%), ma in misura nettamente più contenuta dell’anno precedente (-1,9%), per tornare a crescere nel 2015 (+0,6%) e nel 2016 (+0,8%). Le indicazioni positive sul livello dell’occupazione per il primo trimestre del 2014 non avrebbero impatto immediato sul tasso di disoccupazione a causa del possibile aumento delle forze di lavoro. Il tasso di disoccupazione in media d’anno si stabilizzerebbe a quota 12,7% (5 decimi in più rispetto al 2013). Un lieve miglioramento dell’indicatore è atteso avviarsi nella seconda metà del 2014, in linea con la ripresa degli investimenti da parte delle imprese. Conseguentemente nel 2015 il tasso di disoccupazione è previsto raggiungere il 12,4%.
Sulla dinamica del tasso di disoccupazione nel periodo di previsione influisce il fenomeno dei disoccupati di lunga durata (le persone in cerca di occupazione da un anno o più), per i quali sono minori le possibilità di reimpiego. Nel 2013 in Italia, la quota dei disoccupati di lunga durata è risultata la più elevata tra i principali paesi europei, con un crescita rispetto all’anno precedente di circa 6 punti percentuali. Tale componente è cresciuta significativamente (circa il 56,4% del totale dei disoccupati, erano il 45,1% all’inizio della crisi), sia nel Mezzogiorno, la ripartizione territoriale tradizionalmente più colpita da questo fenomeno, sia nel Nord-Est dove la situazione occupazionale è relativamente migliore (figura 2).

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In un contesto caratterizzato da tassi di disoccupazione storicamente elevati e da una ripresa molto graduale della domanda di lavoro, le retribuzioni per dipendente continuerebbero a mostrare incrementi modesti (+1,3% nel 2014, +1,5% nel 2015, +1,6% nel 2016), anche a causa del previsto perdurare del blocco retributivo nel settore pubblico. Nel complesso, la produttività del lavoro tornerebbe su valori positivi nell’anno in corso, supportata da una dinamica contenuta delle unità di lavoro e dalla ripresa dell’accumulazione di capitale.

Inflazione su valori storicamente bassi
In uno scenario internazionale caratterizzato dal prevalere di fattori che concorrono alla diffusione di spinte disinflazionistiche, l’inflazione italiana si è notevolmente ridotta, scendendo dall’autunno scorso su valori inferiori all’1%. La discesa ha avuto luogo nonostante l’introduzione in ottobre dell’aumento dell’aliquota ordinaria dell’Iva (dal 21 al 22%). La debole fase congiunturale ha, infatti, fortemente limitato la traslazione dell’incremento dell’imposta sui prezzi finali. Nel primo trimestre del 2014, la dinamica annua dei prezzi al consumo per l’intera collettività nazionale è ulteriormente diminuita (+0,5%) ma ha registrato un lieve incremento in aprile (+0,6 %). L’inflazione si è attestata su livelli analoghi a quelli della fase recessiva del 2009, guidata da elementi di natura esogena. Tuttavia, a differenza della precedente esperienza, il contributo alla disinflazione proveniente dalle componenti di fondo (prezzi dei servizi, dei beni non alimentari e beni industriali non energetici) è risultato molto più accentuato.
Le prospettive per i prossimi mesi delineano una moderata ripresa dell’inflazione, che tuttavia dovrebbe mantenersi inferiore all’1% per gran parte dell’anno. Sul finire del 2014, la risalita si farebbe più apprezzabile e sarebbe imputabile a un’inversione nella direzione delle spinte provenienti dall’esterno, nel quadro di un deprezzamento del cambio dell’euro. Il rafforzamento della fase ciclica vi contribuirebbe in misura limitata: in presenza di un andamento moderato delle componenti interne dei costi e di margini di capacità produttiva inutilizzata, le pressioni sull’intero sistema dei prezzi rimarrebbero contenute. Nella media di quest’anno, l’inflazione risulterebbe inferiore al punto percentuale, con un aumento del deflatore della spesa delle famiglie residenti pari allo 0,7% (in riduzione di 6 decimi di punto percentuale rispetto al 2013). Nel 2015 si dovrebbe concretizzare una ripresa relativamente più significativa della dinamica dei prezzi, con una crescita del deflatore della spesa delle famiglie pari in media d’anno all’1,3%. La tendenza proseguirebbe anche nel 2016.

Incertezze dello scenario di previsione
Lo scenario di previsione è condizionato dalle ipotesi relative all’evoluzione del quadro internazionale, all’andamento del tasso di cambio, agli effetti macroeconomici delle manovre di finanza pubblica e alle condizioni di erogazione del credito e di incertezza.
Nel quadro presentato si ipotizza un moderato deprezzamento dell’euro nei confronti del dollaro nel biennio 2015-2016. Un deprezzamento ulteriore del tasso di cambio pari al 5% rispetto allo scenario base produrrebbe un incremento delle esportazioni pari a un punto percentuale per ogni anno del periodo di previsione, con effetti positivi sulla crescita economica di 0,1-0,2 punti percentuali. Viceversa una contrazione della domanda mondiale di un punto percentuale avrebbe un effetto di riduzione dell’export, determinando una contrazione del Pil pari a 0,3 punti percentuali rispetto allo scenario base.
Il quadro di finanza pubblica alla base della previsione include le informazioni desumibili dal Documento di Economia e Finanza 2014. Le ipotesi incorporate prevedono una limitata riduzione dei consumi pubblici per l’anno corrente congiuntamente a un effetto positivo sui consumi privati derivanti dall’incremento delle detrazioni per i lavoratori dipendenti. L’effetto di tali provvedimenti è previsto avere un lieve impatto positivo sulla crescita economica nel periodo analizzato.
La dinamica degli investimenti nello scenario di previsione si basa sul mantenimento delle ipotesi di evoluzione positiva del mercato del credito e di riduzione dei livelli di incertezza. Un miglioramento più graduale delle condizioni di accesso al credito produrrebbe, rispetto allo scenario base, una riduzione del Pil pari a un decimo di punto percentuale.

Revisioni
Analizzando le differenze tra l’attuale quadro di previsione e quello presentato a novembre 2013, il tasso di crescita del Pil italiano è stato rivisto al ribasso per un decimo di punto nel 2014. Tale differenza implica un andamento più contenuto del commercio estero, in parte legato alle revisioni dei dati diffusi dalla contabilità nazionale, e per i deflatori. I contributi alla crescita delle diverse componenti del Pil rimangono invariati, mentre la previsione della variazione delle scorte è stata rivista al ribasso per un decimo di punto del contributo delle scorte.

Fonte: Istat

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