Le storie dietro i brand, quando un logo vale più di mille parole

 Le storie dietro i brand, quando un logo vale più di mille parole

La freccia “sorridente” di Amazon, l’ovale rassicurante di Barilla, l’inconfondibile “N” rossa di Netflix. Dietro ogni logo si nascondono storie di successo. Con la pubblicazione dell’ultima infografica dell’Università Niccolò Cusano, la facoltà di Scienze della Comunicazione ci accompagna in un viaggio alla scoperta di aneddoti e curiosità sulla nascita di alcuni dei più celebri simboli che hanno contribuito, spesso in maniera determinante, a costruire la fortuna di aziende nazionali e internazionali. Immagini spesso semplici e immediate che, però, celano messaggi più profondi. Con quel pizzico di genialità nel design che le permette di conquistare premi e accattivarsi le simpatie del pubblico.

Non sarà infatti un caso se negli ultimi anni è esplosa una passione degli utenti Apple e Android per i quiz su loghi, aziende e retroscena da scaricare sul proprio smartphone. La più ricercata? “Logo quiz” con quasi un milione e mezzo di download.

INSTAGRAM

Fra i social più popolari e diffusi in questo momento c’è sicuramente Instagram, unione felice fra “Instant camera” e “Telegram” che ben spiega le sue finalità: condividere foto, video e storie catturate sul momento.

AMAZON

Inizialmente l’immagine del brand era rappresentata dalla lettera “A” con, al centro, una strada bianca a indicare le nuove vie che l’azienda voleva percorrere. Da allora la multinazionale americana ha sperimentato e lanciato diversi loghi fino ad approdare alla moderna: il nome di Amazon è accompagnato da una freccia arancione. E qui l’intuizione e l’accattivante gioco grafico: la freccia, unendo la “A” alla “Z”, vuole indicare che sul loro sito si trovano tutti i prodotti di cui una persona necessita. Inoltre quel simbolo trasmette positività e amicizia andando a disegnare un bel sorriso.

NETFLIX

Netflix è la combinazione della particella “net” e “flix”, entrambe abbreviazioni delle parole “internet” e “flicks” (in americano sinonimo di film). Una prima trasformazione del logo originale, datato 1997, avviene nel 2000 con evidenti cambiamenti in stile e tonalità. Il rosso si lega al colore del sipario e del celebre “red carpet”: non a caso l’iconica “N” sembra srotolarsi quando appare ricordando proprio la famosa passerella delle Star hollywoodiane.

MERCEDES-BENZ

Siamo da sempre abituati ad associare la storica azienda automobilistica tedesca al tridente. Ma cosa significa davvero? Le tre punte della stella indicano le vie della mobilità (aria, terra e mare), mentre la corona d’alloro è il simbolo della vittoria. Il logo doveva esprimere la capacità della casa automobilistica di produrre motori adatti per ogni auto, barca o aereo e venne mantenuto anche dopo la fusione con Daimler-Benz, lasciando il posto al cerchio che oggi rende più semplice ed appetibile il logo al mercato.

FEDEX

Il gioco di contrasti che nasconde il vero significato di un logo lo vediamo anche con la società di trasporto express statunitense. Non salta subito all’occhio ma tra le lettere “E” ed “X” c’è una freccia formata dallo spazio vuoto compreso all’interno delle due lettere. Questa freccia simboleggia la velocità e la precisione, due principi guida dell’azienda.

BARILLA

L’evoluzione del logo ha seguito le trasformazioni aziendali: da piccola impresa locale a multinazionale. La prima icona storica vede un piccolo garzone richiamare con lo sguardo l’attenzione dell’osservatore mentre versa un uovo nell’impasto.

Nel dopoguerra, con la crescita dell’alfabetizzazione in Italia, viene sostituito con il logotipo. Lo stile dei grafemi per vent’anni subisce varie trasformazioni, rispondendo ai gusti estetici contemporanei. Nel 1954 arriva la scritta attuale di “Barilla” che nella propria semplicità nasconde il valore per cui è nota l’azienda. La genuinità della casa si rivede nel collegamento alla materia prima rappresentata dall’ovale che circonda la parola “Barilla”: l’uovo con il suo “chiaro e rosso”.

Infografica rivoluzione dei consumi portata dal Covid

Infografica a cura dell’Università Niccolò Cusano

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