Leader del futuro: generalisti o specialisti?

 Leader del futuro: generalisti o specialisti?

“Il banco di prova di un’intelligenza di prim’ordine è la capacità di tenere due idee opposte in mente nello stesso tempo e, insieme, di conservare la capacità di funzionare”

Francis Scott Fitzgerald

 

Una delle classiche domande a cui molti hanno cercato di dare risposta è quella che riguarda il profilo che il leader ideale dovrebbe possedere: da un lato c’è chi preferisce un professionista con un’eccellente visione d’insieme che gli consenta di coordinare le diverse parti di un’azienda e utilizzare al meglio le competenze del suo team, mentre dall’altro la preferenza va a un individuo con un elevato livello di specializzazione e di esperienza in un settore specifico. Sono state fatte molte considerazioni sui loro reciproci vantaggi e svantaggi, su come un profilo sia più appropriato dell’altro in determinati contesti lavorativi o congiunture economiche. In particolare, il concetto di generalista è stato spesso criticato e considerato negativamente e deve una parziale rinascita al libro “Range”, in cui l’autore americano David Epstein spiega come la specializzazione sia nella maggior parte dei casi l’eccezione e non la regola, usando esempi illustri del mondo dello sport e degli scacchi. Ma è davvero così facile stabilire con certezza se una delle due opzioni è preferibile all’altra? Quali variabili relative ad un’azienda o a un settore dovrebbero essere prese in considerazione per scegliere il leader giusto?

I fattori specifici della leadership

Prescindendo per un momento dalla natura e dal livello di competenze tecniche di un individuo, il fattore che principalmente caratterizza la capacità di un leader di guidare un’azienda in modo efficace è il suo approccio al cambiamento, la sua attitudine al rischio e la strategia che adotta per motivare il proprio team così come il modo in cui affronta il processo decisionale, le sfide imprenditoriali e la risoluzione di problemi. Questi sono tutti fattori strategici pressoché universali che vanno oltre le dinamiche di settore o aziendali, e sono invece strettamente legati alla personalità e all’esperienza passata dell’individuo, al suo stile di leadership, alla sua visione di lungo termine, e più in generale a come si pone nei confronti del contesto socio-economico attuale.

La volpe e il riccio

Un punto di partenza spesso utilizzato per riflettere sulla validità di approcci differenti e sulle caratteristiche tipiche di generalisti e di specialisti è la famosa frase del poeta greco Archiloco: “la volpe sa molte cose, ma il riccio ne sa una grande”. Nonostante sia una teoria semplicistica per descrivere due modi di pensare che sono in realtà molto complessi e diversissimi tra loro e lasci ampio spazio ad interpretazioni differenti del suo significato, ci aiuta a riflettere sul tema della leadership e su come, anche se il quadro generale in cui le analizziamo sia in continuo cambiamento, le osservazioni di Archiloco siano ancora estremamente rilevanti.

Secondo il pensatore greco, il riccio rappresenta la stabilità e la fermezza di convinzioni e di idee, interpreta il contesto che lo circonda e filtra le informazioni che riceve attraverso un’unica visione centrale che guida anche le sue decisioni e i suoi comportamenti. Al contrario, la volpe si contraddistingue per la sua versatilità, curiosità e flessibilità, è fortemente caratterizzata dalla sua abilità di riconoscere la complessità delle situazioni e l’importanza di adottare strategie diverse nonché comprendere e promuovere prospettive, idee e approcci innovativi. I vantaggi – e gli svantaggi – dei due profili sono piuttosto evidenti e sono spesso stati utilizzati per spiegare il successo di certe figure storiche o contemporanee. Il filoso Isaiah Berlin, per esempio, prese spunto dalle idee di Archiloco per descrivere i più celebri pensatori e scrittori della storia; secondo la sua interpretazione famosi ricci sono Platone, Proust, Dostoevskij e Nietzsche mentre tra le volpi troviamo Shakespeare, Aristotele e Goethe. A questo punto viene spontaneo chiedersi come possiamo applicare questa teoria alla società moderna e più specificatamente al settore della piccola media impresa?

Un’interpretazione moderna

In quest’analisi ci aiuta il professore di marketing e scrittore olandese Jan-Benedict Steenkamp. Nel suo ultimo libro “Time to Lead: Lessons for Today’s Leaders from Bold Decisions that Changed History”, introduce quattro profili di leader che si basano sulle idee di Archiloco e di Berlin ma che presentano due nuove metafore: quella dello struzzo e dell’aquila. Quest’ultima in particolare è di grande rilevanza per spiegare il successo di molti conosciutissimi leader della storia; l’autore infatti usa sedici casi studio su personaggi come Roosevelt, Washington, Mandela, Thatcher e Alessandro Magno per dimostrarci come ognuno di noi possa sviluppare e applicare determinate caratteristiche che ci aiutano a ricoprire ruoli di leadership con ottimi risultati. L’aquila racchiude in sé le caratteristiche migliori del riccio e della volpe e ognuno di noi grazie alla consapevolezza delle proprie capacità e dei propri limiti, e al continuo sviluppo personale può creare un mindset che sappia scegliere quale approccio adottare in base alla situazione. Impariamo così come innovare, pensare criticamente e adattarci, a volte comportandoci da ricci, a volte da volpi.

Perché servono più aquile alla guida delle nostre PMI?

Quello che molto spesso abbia fatto è credere che un approccio escluda l’altro e che il modo in cui un’azienda viene gestita debba rimanere statico per garantire stabilità e continuità, ma in realtà la tesi di Steenkamp dimostra che l’approccio generalista e quello specialista possono e devono coesistere nel leader del futuro. In ognuno di noi c’è una un po’ di entrambi, e possiamo imparare a sviluppare le caratteristiche che ancora non possediamo. Le nostre aziende cambiano rapidamente da un giorno all’altro e richiedono approcci differenti in frangenti diversi, il ciclo decisionale non ha più cadenze regolari, tutti i giorni siamo esposti a cambiamenti di rotta tanto necessari quanto improvvisi e inaspettati. Solo una flessibilità di pensiero e di azione ci possono aiutare a navigare questa situazione in un contesto VUCA quindi non ha più senso pensare che un unico profilo specifico possa bastare per navigare l’incertezza e il cambiamento. Dobbiamo incoraggiare la preparazione di leader poliedrici con una grande apertura mentale e che, come descritto nel profilo dell’aquila, combinino insieme il meglio dei due approcci e una comprensione di cosa funzioni meglio in un determinato contesto, spesso dovendo destreggiarsi tra contraddizioni e necessità contrastanti.

Da competenze a “I” a competenze a pettine

Questo approccio ibrido può essere incoraggiato dalle aziende formando leader che abbiano delle competenze a pettine: una solida conoscenza da generalista con più competenze specifiche approfondite. Sicuramente, non è facile sviluppare un profilo di questo tipo perché richiede uno sforzo maggiore rispetto ad altri approcci ma la complessità del nostro contesto lo richiederà sempre di più, quindi chi prima vi si adeguerà, ne trarrà un vantaggio competitivo enorme. Il leader del futuro (aquila) deve quindi combinare la profondità di conoscenza del riccio in alcuni ambiti di particolare rilevanza (continuando a perfezionarla e approfondirla il più possibile) con la curiosità, l’adattabilità e l’apertura mentale della volpe per poter identificare le opportunità di cambiamento e di innovazione. Solo così le nostre aziende continueranno ad essere al passo con i tempi e potranno competere su scala globale.

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Molto spesso quando si parla dei diversi profili di un leader, si considerano anche i vari stili di leadership.

Il prossimo articolo in questa serie dedicata ai principali aspetti della leadership del futuro e all’importanza di formare una nuova generazione di individui che sappiano guidare le PMI in questa fase di cambiamento esplorerà i tipo di leadership più conosciuti e il loro utilizzo in contesti aziendali differenti. Inoltre, fornirà uno spunto di riflessione su come questi stili siano in continua evoluzione e su come debbano essere messi in discussione per promuovere crescita e innovazione che beneficiano i leader, le loro aziende e i loro team.

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