L’efficienza energetica è un’opportunità per le PMI

 L’efficienza energetica è un’opportunità per le PMI

L’efficienza energetica è uno dei temi più sottovalutati e al contempo più importanti per il futuro del Paese. Nel nostro Paese la strada da fare è ancora molto lunga. Per raggiungere davvero i traguardi stabiliti in sede nazionale e comunitaria, vanno coinvolte le piccole e medie imprese. Come fare? Lo abbiamo chiesto a Patrizia Malferrari (nella foto sopra), consigliere delegato di Seaside, un’azienda di Bologna – recentemente acquisita da Italgas – attiva nel settore dell’efficienza energetica e della digital energy per le PMI, con forte orientamento all’innovazione.

La diminuzione dei consumi energetici è, almeno sulla carta, la classica strategia win-win: fa bene ai bilanci delle imprese e ai consumatori privati, che possono sostenere costi meno elevati in bolletta, ma è positiva anche per la società nel suo complesso, che beneficia della riduzione delle emissioni associate alla produzione di energia. In linea teorica, dunque, gli investimenti in efficienza dovrebbero essere naturali e diffusi, mentre invece la realtà ci consegna un quadro molto distante da questa condizione ideale. Il gap è dovuto a ragioni di tipo culturale (i vantaggi non sono sempre chiari e sono poco conosciuti) e, soprattutto, di tipo economico: spesso le aziende non hanno un’adeguata disponibilità finanziaria per avviare degli interventi di efficientamento, oppure preferiscono destinare queste risorse alle attività ordinarie. Spesso quello che manca è la presenza in azienda di figure professionali in grado di applicare concretamente soluzioni innovative alle diverse realtà produttive. Tuttavia, l’espandersi delle tecnologie abilitanti di Industria 4.0 ha avuto forti impatti sull’efficienza energetica, accelerando l’implementazione di software di predictive analytics per dare risposte concrete in termini di efficienza, e di cognitive analytics per sfruttare la potenzialità predittiva e prescrittiva, grazie ai Big Data. Le soluzioni digitali stanno influenzando in maniera consistente l’intera filiera dell’uso dell’energia, dall’acquisto al suo utilizzo nei processi produttivi.

Riscontra la presenza, in Italia, di una vera cultura energetica?

Una forte spinta alla diffusione della cultura dell’efficienza energetica in Italia è arrivata dall’obbligo della diagnosi energetica ad opera di soggetti come ESCo (Energy Service Company) o Esperti in Gestione dell’Energia (EGE). L’idea alla base è che le diagnosi possano costituire un’opportunità per le imprese per individuare le aree di miglioramento negli usi energetici e avviare una riduzione del fabbisogno, accrescendo la propria competitività. Non tutte le imprese italiane sono sottoposte a questo obbligo, bensì soltanto quelle grandi e quelle energivore: di conseguenza, centinaia di migliaia di piccole e medie imprese non sono state interessate dall’obbligo di diagnosi, anche se il decreto che le ha introdotte prevede il cofinanziamento dei programmi attuati dalle Regioni per incentivare le PMI a sottoporsi ad audit.

Per le piccole e medie imprese, l’efficienza energetica non rappresenta solo un’opzione di investimento secondaria, ma un’opportunità. Può spiegarci perché?

Molto spesso le realtà più ridotte hanno difficoltà a comprendere le potenzialità di questi investimenti, anche per la poca conoscenza del modello ESCo. Grazie a questo modello le imprese sono esonerate dall’investimento diretto che realizza invece una Energy service Company come Seaside. L’impresa potrà quindi ottenere un saving energetico senza impegnare asset economici. È soprattutto alle PMI, infatti, che gli auditor energetici si rivolgono oggi: l’applicazione di tecnologie di analisi dei consumi energetici è sicuramente un volano di crescita anche per le piccole e medie imprese, per consentire loro di valorizzare i dati di produzione e ottimizzare la propria produttività. Ma l’efficienza energetica non è solo una voce di risparmio nel conto economico delle imprese. È anche un asset per la gestione dei processi industriali in ottica predittiva e dunque per la espressione di una reale “corporate climate responsibility”. Assicurare minori emissioni e maggiore attenzione all’ambiente rappresenta inoltre un’esigenza e un’opportunità per le realtà italiane che collaborano come fornitori con le multinazionali, che riservano una sempre maggiore attenzione alla sostenibilità dei propri partner.

Esiste, oggi, una disciplina finanziaria adeguata a sostenere gli investimenti dei privati nel settore dell’energia?

Il principale strumento di sostegno alla diffusione dell’efficienza energetica nel nostro Paese è quello dei Titoli di efficienza energetica (Tee), noti anche come Certificati Bianchi. Sostanzialmente si tratta di titoli negoziabili che certificano il conseguimento di risparmi energetici negli usi finali di energia: un certificato equivale al mancato consumo di una tonnellata equivalente di petrolio (TEP). Le aziende si rivolgono alle Società di Servizi Energetici, come Seaside, per realizzare dei progetti di efficientamento al proprio interno che, una volta completati, vengono presentati all’ente preposto, il GSE, la società statale dedicata alla promozione dello sviluppo sostenibile, anche in materia di efficienza energetica. Verificati i requisiti, il Gestore dei servizi energetici rilascia i Tee a cui si ha diritto. Questi ultimi non sono dei semplici attestati, ma dei certificati con un valore economico, più o meno variabile nel tempo. Dunque, l’azienda che ha messo in campo l’intervento di efficientamento non soltanto gode della diminuzione dei consumi, ma riceve anche un contributo economico correlato al valore dei Certificati Bianchi. Seaside, società del gruppo Italgas, è una delle prime Esco in Italia per numero di certificati bianchi prodotti.

Spesso e volentieri, non solo le imprese non sanno dove trovare i dati necessari per predisporre una corretta pianificazione energetica che tenga conto di costi e benefici, ma in aggiunta non hanno nemmeno una conoscenza approfondita dei loro consumi e dell’impatto che essi possono avere sul territorio. Con quali strumenti si può ovviare a questo problema?

Innanzitutto, è necessaria una fase di diagnosi energetica per acquisire la consapevolezza delle aree aziendali che possono raggiungere i maggiori risultati di efficienza. Per realizzare questa fase è possibile avvalersi di software di predictive analytics che permettono di analizzare i dati raccolti e tradurli in un maggior risparmio energetico e in minor costi. Grazie all’uso di tali piattaforme è possibile contabilizzare i consumi sotto forma di report grafici che consentono di effettuare un’analisi per individuare gli sprechi energetici normalmente non visibili, riconducendoli ai fattori di utilizzo caratteristici dell’azienda, quali per esempio le vendite, la produzione, o a fattori esterni, quali per esempio i dati metereologici. In questo modo, si può effettuare una normalizzazione dei consumi secondo i dati tipici dell’azienda e in riferimento agli obiettivi industriali e al modello di business prefissato. Il machine learning rappresenta una rivoluzione copernicana nella analisi di grandi quantità di dati, dove la capacità della macchina di apprendere (machine learning appunto) diventa centrale ed è al servizio della componente umana. L’obiettivo è individuare i fattori caratteristici della azienda che maggiormente guidano e aiutano a prevedere i consumi ideali, in modo da rendere questi modelli più affidabili man mano che “crescono” in termini di apprendimento automatico.

La cosiddetta economia comportamentale può essere l’approccio giusto per lavorare a fianco delle piccole e medie imprese?

L’economia comportamentale può senza dubbio essere d’aiuto nell’approcciare le piccole e medie imprese. Attraverso un modello di business H2H – Human to Human – si sostituisce il calcolo economico razionale e si sviluppa un approccio più umano. In questo modo, è più facile comprendere sia i bisogni che i timori delle PMI, soprattutto riguardo ai costi e ai ricavi che un ingente investimento nelle tecnologie dedicate all’efficientamento energetico potrebbe comportare. È necessario persuadere le PMI ad effettuare investimenti a lungo termine, come l’efficientamento energetico, che rendano i loro business più sani e redditizi. A tal fine, sarebbe opportuno fornire alle piccole e medie imprese degli incentivi per spingerle ad adottare soluzioni di efficienza energetica. Infine, non va dimenticata l’importanza di corrette abitudini da parte dei singoli cittadini, che possono essere favorite attraverso modelli di economia comportamentale come il nudging. Sulla base dell’esperienza matura da Seaside i saving energetici di natura comportamentale possono raggiungere anche il 20% dei costi energetici totali dell’impresa

Quale percorso l’azienda deve intraprendere per poter valutare azioni di efficientamento energetico?

Sicuramente, è necessario affidarsi a delle figure professionali che siano in grado di valutare la gestione energetica di partenza e fornire soluzioni di efficientamento energetico compatibili con le necessità tecniche ed economiche delle imprese. Ci sono alcune aziende, rivolte a settori specialistici, che offrono il ruolo dell’open innovator: si tratta di consulenti che ricercano le migliori soluzioni innovative per un determinato settore aziendale. Dal mio punto di vista si tratta di un ruolo molto stimolante. Per quanto riguarda invece l’analisi dei dati, che è il comparto in cui noi operiamo di più, viene richiesto un percorso di crescita e di trasferimento di competenze che parte da noi per arrivare al cliente stesso, e così facendo genera propensione ad innovare. Gli energy manager si recano presso le aziende per aiutare il personale ad una corretta interpretazione dei dati in chiave strategica. Indubbiamente queste figure professionali, che vanno dal data scientist all’open innovator, sono ancora poco presenti sul territorio nazionale, ma le imprese si sono già attivate per intraprendere un percorso finalizzato a colmare le competenze che oggi si presentano come nuove, ma che saranno sempre più richieste nei prossimi anni.

Cos’è una diagnosi energetica?

La diagnosi energetica serve a documentare periodicamente l’efficienza dell’organizzazione del sistema di gestione del risparmio energetico, in modo da stabilire dei parametri per le misurazioni da effettuare. Il primo step prevede un sopralluogo per capire quanti strumenti di misura installare e dove. Il secondo step prevede il passaggio più importante, ovvero assistere il cliente nell’implementazione di un software di predictive energy analytics (come il nostro Savemixer), che permette l’interpretazione e l’analisi dei dati. Tali software, attraverso l’utilizzo di algoritmi statistici regressivi e di machine learning, stabiliscono in maniera semplice ed efficace le azioni di efficientamento, per raggiungere il consumo ottimale e senza sprechi. L’obiettivo è di capire in che modo l’energia viene utilizzata, quali sono le cause degli eventuali sprechi ed eventualmente quali interventi possono essere effettuati tramite un piano energetico che tenga conto della fattibilità tecnica ed economica delle azioni proposte.

Cosa sono e cosa fanno le ESCo?

Si tratta di imprese formate da professionisti con elevate competenze specialistiche nel campo dell’efficienza energetica in grado di fornire tutti i servizi necessari per la realizzazione di un intervento di efficienza energetica, assumendosi l’onere dell’investimento e il rischio di un mancato risparmio, a fronte della stipula di un contratto (i cosiddetti Energy Performance Contract). Questi ultimi sono legati, in quota variabile all’accordo tra le parti, all’efficienza generata per i clienti e ai risparmi ottenuti a seguito dell’intervento. Il vantaggio per le imprese utenti è proprio l’esonero dall’investimento diretto, che rende possibile ottenere un aumento di efficienza senza impegnare asset economici. Tuttavia, non si tratta soltanto di un supporto di tipo finanziario: la ESCo deve infatti possedere le adeguate competenze tecniche e le disponibilità economiche necessarie per realizzare quanto loro commissionato, offrendo anche la giusta dose di flessibilità.

Per risparmiare energia e quindi anche denaro, quali strategie possono adottare le piccole e medie imprese?

In ambito industriale è possibile ottenere un’ulteriore diminuzione dei consumi attraverso l’impiego di tecnologie già oggi pienamente operative: motori di ultima generazione, impianti a LED, sistemi di cogenerazione, strumenti software per il monitoraggio e controllo. L’interpretazione di big data e analytics in chiave strategica rappresenta poi un processo molto rilevante per ottimizzare le performance economiche, ma anche ambientali, di un’azienda. In questo caso innovazione vuol dire mettere l’intelligenza artificiale al servizio dell’azienda, dando indicazioni su come efficientare il processo produttivo, ma anche suggerendo le buone pratiche da adottare in un’ottica di efficienza energetica. In quest’ottica, Seaside e altre aziende ESCo stanno effettuando investimenti in Ricerca e Sviluppo e stanno progettando software che permettono alle aziende di definire con certezza i consumi ottimali di una determinata produzione industriale e, di conseguenza, di individuare ogni eventuale scostamento, per poi suggerire come migliorare l’efficienza sia da un punto di vista processivo, sia di abitudini gestionali, al fine di ottenere risparmi anche importanti.

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