L’energia cara colpisce soprattutto le imprese più piccole, che, in 4 casi su 10, non hanno una strategia

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La bolletta energetica italiana ad agosto è stata più salata del 41% rispetto a quella della Germania e del 26% rispetto a quella della Francia. Ed il suo peso si fa sentire soprattutto sulle piccole aziende che, nel 26% dei casi (contro il 19% delle medio-grandi imprese) dichiarano un aumento dei prezzi compreso tra il 50 e il 100%. Per entrambe le dimensioni ciò si traduce in una riduzione dei margini (69% delle imprese fino a 50 dipendenti e 75% delle aziende con 50-499 dipendenti), in un freno agli investimenti (13% per le piccole, 12% delle medio-grandi) e in una riduzione della produzione e del fatturato (5% per le Pmi, 7% per le imprese più grandi). Se l’aggravio per tutte le imprese di una bolletta “salata” è quindi consistente, il problema è che il 42% delle Pmi (contro il 18% delle medio-grandi imprese) non sa quale strategia adottare per contenere i costi. E questo proprio in una fase delicatissima per l’introduzione dei dazi dagli Usa.

Lo mostrano le indagini di Unioncamere, col contributo del Centro studi Tagliacarne, che fanno da sfondo alla Conferenza nazionale delle Camere di commercio in corso a Cagliari, promossa da Unioncamere e Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica.

Favorire la messa a terra di tutte le opportunità offerte dalla transizione energetica è tanto più importante in questa fase storica, in cui il bacino del Mediterraneo, con i nuovi conflitti, ha riacquistato una fortissima centralità, per l’intreccio tra crisi globali (energetica, geopolitica) e opportunità economiche (rotte commerciali, energia verde, infrastrutture), che lo trasformano da margine dell’Europa a snodo strategico globale”, ha sottolineato il presidente di Unioncamere, Andrea Prete. “Le Camere di commercio, nell’ambito della collaborazione con il Ministero dell’Ambiente, stanno realizzando campagne di comunicazione e informazione, investendo soprattutto nella promozione delle comunità energetiche rinnovabili (CER), finalizzate a realizzare impianti fotovoltaici di ultima generazione anche per piccole comunità. Sappiamo bene – ha aggiunto il presidente di Unioncamere – che il peso di queste infrastrutture non stravolgerà il mix di approvvigionamento energetico del nostro Paese, ma il nostro obiettivo è favorire quella cultura e quella consapevolezza sulle energie rinnovabili che ancora oggi sconta un divario di informazione nei nostri territori.

Secondo Eurobarometro, il costo dell’energia è la seconda barriera agli investimenti per le nostre imprese (lo dichiara il 24% delle aziende, la prima barriera è la burocrazia), in netta crescita rispetto al 13% di cinque anni fa. Il Fondo monetario internazionale certifica del resto che nei primi 8 mesi del 2025 il prezzo degli energetici è ancora superiore di circa il 30% rispetto alla media del 2019. Il nostro Paese, che dipende per l’80% da fonti energetiche estere di origine fossile, dovrebbe investire – secondo il PNIEC – 174 miliardi di euro in tecnologie, processi e infrastrutture per la trasformazione del sistema energetico.

Le analisi Unioncamere mostrano che le problematiche di approvvigionamento energetico riguardano un’impresa manifatturiera su cinque. Il segmento delle piccole imprese è però quello dove c’è maggiore incertezza nell’adottare misure di reazione: il 42% delle imprese con meno di 49 addetti non pensa di adottare una strategia al riguardo, contro il 18% di quelle tra 50 e 499 dipendenti.

Bisogna quindi spingere sulle opportunità ma evitare i rischi di appesantimento. Quasi la metà delle imprese italiane vede nella transizione energetica un’opportunità (47,2%), ma per un terzo circa (31,7%) rappresenta un aumento dei costi e un appesantimento burocratico.

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