L’inflazione raffredda la crescita italiana, ma non andremo sottozero

 L’inflazione raffredda la crescita italiana, ma non andremo sottozero

Gli indicatori congiunturali relativi ai primi mesi del 2023 segnalano la possibilità di un primo semestre con crescita molto bassa, ma non negativa, per l’economia italiana: per l’intero anno Prometeia prospetta una crescita di +0,7%.

Clima mite e risparmi di gas hanno evitato il razionamento e calmierato i prezzi dell’energia, scongiurando il rischio di una vera e propria recessione; dall’altro lato, però, inflazione, rialzo dei tassi di interesse e, più di recente, rischi finanziari, si stanno diffondendo nell’economia. Senza dubbio è in atto un rallentamento del ciclo economico: il quesito è quanto intenso e quanto duraturo.

Tuttavia, se in passato il rientro dalle fiammate inflazionistiche e dal conseguente rialzo dei tassi di interesse aveva comportato una recessione, o quantomeno un rallentamento di attività economica più marcato di quello attuale, questa volta potrà andare in un altro modo? Sembrerebbe di sì: l’inflazione potrebbe rientrare senza sperimentare una vera recessione – a livello europeo ed italiano – con tassi di interesse di policy che, nello scenario Prometeia, nell’area euro arriveranno al 4% a giugno (con due ulteriori rialzi da 25 punti base ciascuno) per poi ridiscendere già a inizio 2024, subito dopo l’avvio dei tagli da parte della Federal Reserve, che invece si ferma all’intervallo target di 4,75-5%.

La corsa dei prezzi alla fine si arresterà, anche se l’incremento dei tassi di interesse attuato fino ad ora dalla Bce in realtà potrebbe avere effetti contenuti (pochi decimi) in termini di minore inflazione per l’Italia, riducendo l’attività economica di circa un punto percentuale nell’orizzonte fino al 2025. Risultato non sorprendente, dato che si tratta di inflazione da costi: la politica monetaria, da sola, difficilmente potrà sconfiggerla, se non al prezzo di maggiori costi reali.

A livello europeo, gli effetti della persistente alta inflazione, della restrizione monetaria, dell’incertezza prospettica e del rallentamento del ciclo mondiale freneranno la crescita media annua del Pil dell’Eurozona nel 2023, in linea con il livello italiano: +0,7%, pur con una forte eterogeneità tra Paesi. La Germania, ad esempio, è prevista chiudere in negativo (-0,1%).

Lo scenario Prometeia prevede dunque un rientro dell’inflazione verso il 2% dal prossimo anno (per qualche mese alla fine del 2023 si potrebbe andare anche sotto questa soglia) e un rallentamento al +0,6%-0,7% di crescita del Pil nel biennio 2023-2024.

Questo sarà possibile al verificarsi comunque di alcune condizioni:

  1. Se il prezzo dell’energia rimarrà su livelli molto inferiori ai massimi e in linea con quelli ora prevalenti sui mercati, l’inflazione potrà scendere nel corso del 2023, togliendo pressione ai costi e al potere d’acquisto, e frenando la discesa dei consumi. L’assenza di shock internazionali permetterà al ciclo industriale di ripartire, mentre gli investimenti finanziati dal PNRR contribuiranno a colmare il vuoto creato dal venire meno del bonus edilizio del 110%, in un contesto nel quale la politica di bilancio dovrà occuparsi di rientrare dagli elevati livelli di indebitamento, una volta che dal 2024 sarà di nuovo operativo il Patto di Stabilità e Crescita, per quanto riformato.
  2. Se verranno rispettati gli obiettivi del PNRR, nonostante le molte difficoltà di attuazione che stanno emergendo mese dopo mese. Nello scenario Prometeia il PNRR attiverà investimenti, pubblici e privati, per circa 40 miliardi di euro quest’anno e il prossimo: un pilastro fondamentale, quindi, a sostegno della crescita.
  3. Se il risparmio accumulato da famiglie e imprese, specialmente durante la pandemia, fungerà effettivamente da “cuscinetto” per superare gli aumenti di prezzi e costi. Il risparmio accumulato dalle famiglie nel corso del 2020-2022 sarebbe una riserva, anche psicologica, che consente di aumentare la propensione al consumo per fronteggiare il taglio al potere d’acquisto. Per le imprese, anche le più colpite dall’aumento dei costi e con minori possibilità di traslarli a valle, il minore indebitamento e l’accumulo di riserve liquide consentirà un “sacrificio” temporaneo sui margini. Fondamentali lo stimolo fiscale e, soprattutto, gli investimenti trainati dal PNRR, che sosterranno la domanda interna permettendo di compensare con la tenuta del fatturato l’eventuale restringimento dei margini unitari.

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