Mercato del lavoro italiano: più occupati, ma qualità e produttività restano fragili

È stato pubblicato il nuovo Rapporto annuale dell’ISTAT, che offre un quadro dettagliato e articolato sullo stato di salute del mercato del lavoro in Italia. Il documento evidenzia una crescita occupazionale per il terzo anno consecutivo, ma allo stesso tempo mette in luce criticità strutturali che compromettono la qualità dell’occupazione, la valorizzazione del capitale umano e la produttività del sistema economico italiano.

Nel 2024 il numero di occupati è cresciuto dell’1,5%, pari a 352 mila unità in più, portando il tasso di occupazione al 62,2%. Tuttavia, l’Italia resta fanalino di coda in Europa in termini di tasso di occupazione, con 15,2 punti percentuali in meno rispetto alla GermaniaLa crescita occupazionale è trainata quasi interamente dagli over 50 (+12,5% rispetto al 2019), mentre continua il calo degli occupati tra i 35 e i 49 anni (complice anche l’evoluzione demografica).

«I dati confermano una dinamica demografica inesorabile, ma anche una fragilità sistemica nella capacità di integrare i giovani nel mercato del lavoro», commenta Francesco Seghezzi, presidente dell’associazione ADAPT. «La persistente incidenza dei NEET, la sovraqualificazione dei giovani laureati e il basso tasso di occupazione giovanile indicano un disallineamento tra formazione, domanda di lavoro e sistema produttivo».

Il rapporto segnala anche una crescita dell’occupazione permanente, con 16 milioni di lavoratori a tempo indeterminato (+3,3% rispetto al 2023), mentre i contratti a termine sono in calo (-6,8%). Tuttavia, persistono situazioni di fragilità contrattuale, che colpiscono soprattutto donne e giovani: oltre un terzo dei giovani tra i 15 e i 34 anni e quasi un quarto delle donne lavora con contratto a termine o in part-time involontario.

Un ulteriore punto critico riguarda la produttività del lavoroin calo del 2% nel 2024. Un dato che si inserisce in una tendenza negativa di lungo periodo: dal 2000 al 2024, il PIL per occupato è diminuito del 5,8%, in netta controtendenza rispetto agli altri principali Paesi UE.

«La bassa qualità della domanda di lavoro e la debolezza degli investimenti in innovazione e competenze stanno rallentando la capacità del Paese di valorizzare il proprio capitale umano», sottolinea Jacopo Sala, ricercatore ADAPT. «Interventi integrati su lavoro, formazione e tecnologia sono indispensabili per stimolare l’innovazione, favorire l’allineamento tra domanda e offerta di competenze e rafforzare la competitività del sistema produttivo».

Sala e Seghezzi concludono che «Per affrontare queste sfide è necessario un ripensamento delle politiche industriali e formative, che coinvolga imprese, sindacati, istituzioni educative e attori sociali, puntando su strumenti come l’apprendistato duale, gli ITS Academy e l’innovazione nei modelli organizzativi».

Immagine di creativeart su Freepik

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