Perché le aziende familiari hanno superato la prova della pandemia

 Perché le aziende familiari hanno superato la prova della pandemia

Le aziende familiari italiane hanno affrontato la crisi pandemica del 2020 meglio di quanto avessero fatto con la crisi di origine finanziaria del 2009, è quanto emerge dal XIII Osservatorio AUB, promosso da AIDAF (Associazione Italiana delle Aziende Familiari), Cattedra AIDAF-EY di Strategia delle Aziende Familiari dell’Università Bocconi, UniCredit e Cordusio, con il supporto di Borsa Italiana, Fondazione Angelini e Camera di Commercio di Milano Monza Brianza Lodi.

I principali risultati della più completa rilevazione sulle aziende italiane a controllo familiare saranno al centro del convegno “Le imprese familiari italiane alla prova della pandemia Covid-19”, in programma oggi in Bocconi e che potrà essere seguito anche da remoto all’indirizzo che troverete nel programma in attach.

L’Osservatorio quest’anno ha analizzato i bilanci di tutte le 11.803 aziende familiari italiane con fatturato superiore ai 20 milioni di euro, pari al 65,7% delle imprese italiane di quelle dimensioni.

Solidità e resilienza 

“Nel 2020 le aziende familiari hanno subito una caduta del fatturato simile a quella delle aziende non familiari, mentre nel 2009 avevano sofferto in misura molto maggiore”, afferma Guido Corbettatitolare della Cattedra AIDAF-EY e coautore dell’Osservatorio con Fabio Quarato. “Inoltre, nel primo semestre 2021 le imprese familiari quotate hanno dimostrato una ripresa dei ricavi pari a quasi il doppio delle imprese non familiari (26,6% vs. 14,1%) e una redditività pari al triplo (Roa 5,4% vs. 1,8%)”.

L’Osservatorio indica due ragioni per la buona performance delle aziende familiari. A livello di contesto, la crisi del 2020 ha mostrato un andamento a V, con un forte calo dei fatturati seguito da un secco rimbalzo e una crescita altrettanto forte. Le aziende familiari, però, hanno avuto il merito di presentarsi all’appuntamento con una solidità patrimoniale nettamente migliore rispetto a dieci anni prima. Nel 2009 le imprese familiari con indicatori di solidità critici erano il 30,9%, mentre nel 2020 solo il 21,8%. A conferma di tale andamento, nel biennio 2020-2021 l’incidenza delle imprese familiari entrate in procedure liquidatorie o concorsuali è stato pari al 1,7%, meno della metà della incidenza nel biennio 2009-2010 che fu pari a circa il 4%.

In un panorama meno buio di quanto si potesse ipotizzare anche solo un anno fa, l’Osservatorio individua le aziende familiari che hanno ottenuto la più forte crescita dei ricavi, tra quelle con fatturato superiore ai 100 milioni di euro.

Denominazione Provincia Tasso di crescita 19-20 Ricavi 2020 (€mln) Settore 
ItalpreziosiArezzo153,8%6.881,9Commercio all’ingrosso
Alliance Healthcare ItaliaRoma150,5%1.076,5Commercio all’ingrosso
Copan ItaliaBrescia115,2%304,4Gomma e plastica
Engineering 2KMilano81,1%367,7Servizi alle imprese
Newlat FoodReggio Emilia73,5%469,8Alimentare e bevande
Gruppo Società Tarricone HoldingPotenza72,3%919,7Holding diversificate
SicuritaliaComo69,9%508,0Altri servizi
GVSBologna59,7%363,2Altro manifatturiero
Cereal DocksVicenza54,6%817,9Alimentare e bevande
Medial FranchisingRagusa53,7%203,7Commercio all’ingrosso

Segnali contrastanti 

Dall’analisi della governance delle aziende familiari arrivano segnali contrastanti. Da un lato, si assiste a una crescente apertura a leader e membri del consiglio di amministrazione non familiari, soprattutto nelle aziende relativamente più grandi. In dieci anni, dal 2010 al 2020, l’incidenza dei leader familiari si è ridotta di cinque punti (dall’81,7% al 76,5%) nelle aziende tra i 20 e i 50 milioni di fatturato e di otto punti (dal 75,8% al 67,6%) in quelle oltre i 50 milioni. In modo simile, i cda composti solo da familiari sono diminuiti dal 50,7% al 44,8% tra le imprese più piccole e dal 38,1% al 29,8% tra quelle più grandi.

Il segnale critico riguarda l’età dei leader e dei consiglieri di amministrazione. La presenza di under 40 tra i leader, in 10 anni, è crollata: dal 16,9% all’8,7% se si considera il leader più giovane dei team di vertice, addirittura dal 9% al 3,3% se si considera il più anziano. Il 73,1% dei cda delle imprese più piccole e il 71,4% di quelle più grandi non comprende neppure un under 40, in netto peggioramento dal 52,9% e 54,1% del 2010. Il progressivo invecchiamento delle aziende familiari è un brutto segnale, che diventa ancora peggiore nel momento in cui il Paese si appresta a investire le risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza soprattutto in nuove tecnologie.

“In Italia la proprietà familiare delle aziende costituisce un tratto distintivo del tessuto produttivo ed economico”, sottolinea Stefano Vecchi, Head of Wealth Management & Private Banking Italy UniCredit. “Il rating del nostro Paese è cresciuto dopo 20 anni, i nostri clienti imprenditori hanno mostrato una grande capacità di reazione dopo la pandemia, guardando al futuro con fiducia. Come UniCredit vogliamo affiancare questo percorso di trasformazione dell’economia e di riforme del Paese, sia sul lato degli investimenti privati sia di sostegno alle imprese con una grande attenzione alla next generation. In tal senso, con i nostri banker e i nostri specialisti offriamo alla clientela un red carpet caratterizzato da servizi e prodotti orientati alla gestione di temi delicati quali la governance familiare o il passaggio generazionale, mantenendo sempre un elevato focus sulla sostenibilità.”

Francesco Casoli Presidente di AIDAF, afferma: “Le aziende familiari italiane devono essere parte attiva del cambiamento in un momento di grande ridefinizione del futuro del nostro Paese e del mondo, caratterizzato dagli imminenti investimenti e politiche legate al PNRR. Sono aziende che, grazie alle loro caratteristiche distintive, hanno mostrato di saper resistere al periodo più critico e complesso della pandemia ma che soprattutto hanno dimostrato di saper reagire, contribuendo alla ripresa economica nazionale con solidità patrimoniale, visione di lungo periodo e proattività. Sono tutte caratteristiche che fanno parte del DNA delle imprese familiari italiane che intendono avere un ruolo chiave nella ripresa economica e nella definizione dell’agenda del Paese, per poter portare l’attenzione su temi strategici, come la maggior presenza dei giovani tra i leader e nei cda.”

“Le imprese familiari rappresentano tre quarti delle imprese quotate in Italia e continuano ad essere protagoniste del listino anche nel mercato primario con una quota del 87% sul numero totale di imprese che si sono quotate nel 2020-2021”, afferma Barbara Lunghi Head of Equity Primary Markets, Borsa Italiana, Gruppo Euronext. “I dati degli anni recenti e le imprese che stanno lavorando alla quotazione nel 2022 ci indicano un numero crescente di imprese familiari, dalle PMI ai leader globali, che guardano alla Borsa per accelerare la crescita, finanziare investimenti in innovazione e internazionalizzazione, aumentare la competitività e mantenere l’asset all’interno del patrimonio familiare.” 

“Dall’Osservatorio AUB emerge chiaramente il valore che una corporate governance moderna e strutturata riveste per la crescita, a maggior ragione in un contesto di instabilità come quello in cui stiamo operando” commenta Sergio Marullo di Condojanni, CEO di Angelini Industries. “All’interno del nostro gruppo industriale, negli ultimi anni abbiamo disegnato una nuova governance che ha l’ambizione di combinare insieme le best practice del mercato e la visione di lungo periodo propria delle aziende famigliari.”

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