Persone, il fulcro dell’identità d’impresa

La marca scavalca il compenso, per attrarre talenti i soldi non bastano più.
L’ultimo studio in ordine cronologico è proprio di questi giorni, compiuto da NetConsulting cube sulle imprese italiane del mondo ICT (CIO Survey 2022).
Il 73,3% degli intervistati nel 2022 e l’85,7% nel 2021 crede che sia la reputazione dell’impresa il valore principale che li orienta nella scelta di un nuovo posto di lavoro.
Lo stipendio di buon livello è in fondo alla classifica insieme ai piani di carriera definiti. Questi dati confermano quanto iniziato negli Stati Uniti nel 2020, all’inizio della pandemia da COVID-19. La cosiddetta Great Resignation ha visto più di 19 milioni di lavoratori statunitensi – e oltre – lasciare il lavoro dall’aprile 2021, un ritmo record che ha sconvolto le imprese ovunque (McKinsey 09/2021).
Lo stesso studio conferma che i dipendenti bramano investimenti negli aspetti umani del lavoro. Vogliono uno scopo rinnovato e rivisto per il loro lavoro. Chiedono connessioni sociali e interpersonali con i loro colleghi e manager. Cercano un senso di identità condivisa.
Sì, retribuzione e vantaggi sono ancora importanti, ma desiderano sentirsi apprezzati dalle loro organizzazioni e dai loro manager.
Non è un caso che il problema principale di molte aziende riguardi la grave difficoltà nella ricerca del personale, a qualsiasi livello e su qualsiasi competenza.
Molte imprese italiane, in particolare le PMI, hanno fino a oggi trascurato l’importanza di creare una reputazione di marca che fosse basata su altri elementi oltre alla qualità del prodotto. La cultura dell’impresa, i suoi valori, la sua identità, argomenti ignorati che ora pesano per la loro assenza.
Capita che le aziende, impegnate a rincorrere la clientela, gli ordini, i fornitori, perdano di vista lo scopo originario dell’impresa stessa. Si scordano chi sono, perché sono nate. Si focalizzano sulla vendita dimenticandosi delle ragioni profonde che le hanno originate e, soprattutto, non si preoccupano di comunicarle.
I dipendenti, così come i talenti da attrarre, sono i primi stakeholder ai quali l’organizzazione dovrebbe rivolgersi condividendo obiettivi, progetti e iniziative.
Il digitale con i suoi canali come il sito web, le intranet, i social media e il Metaverso, può e deve essere il primo punto di contatto per la diffusione della cultura aziendale verso quegli stakeholder che non sono in contatto diretto con l’impresa.
Solo una comunicazione costante, che porti al centro l’identità dell’azienda, può accrescere la fiducia verso la marca, stimolare il senso di appartenenza e partecipazione, coinvolgere quei talenti che non guardano solo al compenso mensile ma cercano un allineamento di scopo, visione, missione e valori.
Definito da Going Global UK: “Massimo esperto in strategie di marketing digitale internazionale”.
Tra i 5 maggiori marketing influencer italiani secondo Digitalic. Autore di “Strategie web per i mercati esteri”, Hoepli 2016 e “The Marketing Distinguo: differentiation on three steps”, Amazon 2019.
Ha il deato il Visual Communication Planner, il marketing canvas scaricato da quasi 20.000 aziende e professionisti nel mondo.
L’unico italiano a completare il master MIT Digital Business Strategy sulla Digital Transformation.
Premiato tra le tre Best 2019 Marketing Innovation al DES 2019 di Madrid con il progetto Marketing Distinguo.
Ha già collaborato come docente per Exportiamo Academy, 24ore Business School, Università di Bologna, Università di Trento, Università Internazionale di Roma, Ninja Academy.
È l’unico consulente di BPER Banca per l’Export Digitale.
Fa parte della commissione UNI per la definizione della normativa relativa alla professione dell’Export Manager e del Digital Export Manager.
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