Post Pandemia e PMI: quali prospettive per un Welfare sostenibile

 Post Pandemia e PMI: quali prospettive per un Welfare sostenibile

La pandemia da Covid-19, che faticosamente stiamo provando a lasciarci alle spalle, ha certamente avuto pesanti ripercussioni sulle dinamiche organizzative delle aziende e la gestione del capitale umano.

Diverse le criticità che le aziende – di grandi medie e piccole dimensioni – hanno dovuto affrontare per quel che concerne le politiche retributive: dal supporto alle persone interessate dalla Cassa Integrazione (CIG), alla gestione dei sistemi di retribuzione variabile, per arrivare al welfare.

Rispetto a quest’ultimo tema in particolare, l’aspetto più incoraggiante è, se vogliamo, l’anticiclico sostegno che le aziende hanno dimostrato nei confronti dei loro dipendenti e collaboratori.

Si conferma infatti la tendenza per la quale le aziende, nonostante l’eccezionalità della situazione, abbiano dato un peso significativo alla componente welfare, sia perché consente di aumentare il potere d’acquisto delle persone ma, soprattutto, perché intercetta le loro esigenze di personalizzazione dei servizi legati alla salute e al benessere.

Durante la pandemia, molti erogatori della sanità pubblica e privata hanno introdotto servizi digitali rivelatisi preziosissimi in una fase in cui, la paura del contagio, ha prodotto uno “svuotamento” dei Pronto Soccorso e degli ambulatori medici.

Soluzioni a costi accessibili che gli imprenditori più lungimiranti hanno utilizzato come leva di employer branding e di retention delle risorse.

Al pari della salute, altro caposaldo del welfare – sia pubblico che integrativo/aziendale – è rappresentato dalla protezione.

In questo caso, l’Italia è purtroppo fanalino di coda in Europa nella protezione dei rischi derivanti da infortuni, malattie professionali, premorienza, invalidità, non autosufficienza.

Lo fotografa l’indagine Prometeia per Elipslife sulle tutele dei dipendenti: https://www.google.com/search?q=indagine+elipse+lige&rlz=1C1GCEU_itIT819IT819&oq=indagine+elipse+lige&aqs=chrome..69i57j33i10i160.4609j0j15&sourceid=chrome&ie=UTF-8

Qualche evidenza tratta dall’indagine:

  • € 3.500 – rendita media assistenze garantite dal welfare pubblico (ipotesi reddito lordo annuo di € 50.000);
  • € 5.900 – indennità di accompagnamento su base annua;
  • 3% livello di protezione da rischi biometrici (eventi a bassa frequenza e ad alta severità, quali decesso o invalidità);
  • asimmetria livelli di copertura integrativa tra figure apicali e altre categorie di dipendenti.

I livelli di copertura garantiti dal welfare pubblico rispetto ai sopraccitati rischi non sono sufficienti e, se paragonati a quelli di altri paesi europei, devono far riflettere.

Serve maggiore consapevolezza da parte dello Stato ma anche delle imprese, per fronteggiare adeguatamente le conseguenze derivanti da eventi rari ma potenzialmente devastanti, al di là delle straordinarie testimonianze di solidarietà.

La risposta la offre il cosiddetto “secondo pilastro” integrativo al welfare pubblico, che però stenta ancora a decollare definitivamente, malgrado incontri la galoppante domanda di salute e protezione da parte delle persone alimentata dalla pandemia.

Il welfare del domani si caratterizzerà per servizi sempre più focalizzati sulla persona e non potrà trascurare temi come la job security o il benessere organizzativo, strumenti essenziali di tenuta dell’employability.

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