Quando i numeri non tornano: 5 domande per chi vuole agire davvero

Oggi molti imprenditori si stanno chiedendo come far quadrare i numeri in azienda. In molte attività il margine operativo che misura la vera salute del business, l’EBIT è basso o addirittura si sta assottigliando anno dopo anno.

Non è solo un dato tecnico: è un segnale vitale.

Quando i numeri non tornano, troppo spesso l’imprenditore è tentato di reagire con la ricetta più semplice (e più pericolosa): tagliare un po’ di costi e sperare che basti.

La verità è che un EBIT scarso non è un problema contabile: è una spia rossa che segnala strategie inadeguate, modelli di business che invecchiano, scelte commerciali timorose, costi fuori controllo o inefficienze radicate.

Ecco allora 5 domande che si pongono imprenditori e manager che vogliono agire davvero:

  1. Sto misurando i margini per cliente e prodotto, o navigo a vista?
  2. Ho il coraggio di rivedere i prezzi e lasciare clienti che erodono valore?
  3. La mia struttura di costi fissi è sostenibile per i volumi attuali?
  4. Il mio capitale sociale e patrimonio netto trasmettono affidabilità alle banche?
  5. Sono disposto a mettere in discussione il mio modello di business prima che lo faccia il mercato?

Ma ci sono 8 ”bucce di banana” mentali che ci trattengono:

  1. Cullarsi nella tradizione: “Ho sempre fatto così e ha funzionato”. Si continua con strategie datate, ignorando che mercati e costi sono cambiati.
  2. Paura del rifiuto dei clienti: “Aumentare i prezzi è impossibile, i clienti scapperebbero”. Si sacrifica margine per non affrontare un approccio commerciale più strategico.
  3. Illusione del “quick fix- rattoppo veloce”: In fondo, tagliare i costi basta per risolvere tutto”. Se si riduce la struttura senza innovare il modello, si diventa più fragili.
  4. Spostare la colpa all’esterno “Il problema è la banca che non ci finanzia”. Si ignora il peso di rating e capitale proprio nella percezione di affidabilità.
  5. Ottimismo ingiustificato: “Prima o poi il mercato si riprende”. L’immobilismo nella strategia porta al rinvio delle decisioni più scomode.
  6. Orgoglio ferito: “Non voglio ammettere che l’azienda non rende abbastanza, che ho fatto scelte sbagliate.  Si nega il problema per non mettere in discussione il proprio ruolo.
  7. Autosufficienza difensiva: “Meglio tenere tutto in famiglia, niente consulenti, niente fusioni o integrazioni con altri. Non si coglie l’occasione di avere pareri oggettivi, oppure di fare rete o integrarsi con altre realtà, per timore di perdere potere e autorità.
  8. Evitare i conflitti: “Non posso intervenire sui miei dipendenti. Si mantengono strutture inefficaci pur di non affrontare decisioni impopolari.

Ecco alcune strategie che stanno adottando gli imprenditori che hanno il coraggio di affrontare la frustrazione di risultati non adeguati agli sforzi di ogni giorno.

  1. Guardare in faccia i numeri (senza ingannare se stessi)

Molti imprenditori conoscono il fatturato a memoria ma faticano a rispondere a domande essenziali, come:

  • Il margine lordo copre davvero i costi fissi?
  • Quali clienti e prodotti ci costano di più di quanto valore ci portano?
  • Quanto capitale è bloccato in scorte e crediti?
  1. Ricavi:il coraggio di alzare l’asticella

L’istinto porta a tagliare. Ma un EBIT debole spesso nasce sui ricavi, non sui costi.

Le domande giuste sono:

  • Sto vendendo al giusto prezzo?
  • Ho il coraggio di lasciare clienti che non mi fanno guadagnare?
  • Posso offrire qualcosa che valga di più (servizi, personalizzazione, consulenza tecnica)?

Un’azienda metalmeccanica che lavorava con margini risicati ha introdotto un servizio di consulenza tecnica per i suoi clienti industriali: stesso impianto, stesso team, ma ricavi a valore e margini raddoppiati.

  1. 3. Rendere più leggera e veloce la macchina aziendale

Se la struttura dell’impresa è rigida, l’EBIT soffoca. Significa snellire e digitalizzare di più, concentrare energie dove si produce valore: più automazione, processi chiari, KPI condivisi.

  1. Capitale sociale: la leva nascosta dell’affidabilità bancaria

Molti imprenditori vedono il capitale sociale come una formalità, il minimo legale per costituire la società. Eppure, agli occhi delle banche è un segnale rilevante. Anche se non basta per ottenere credito, è il primo indicatore di quanto l’imprenditore crede nel suo business.

Perché le banche lo guardano con attenzione? Per queste ragioni:

  • Rafforza la solidità patrimoniale e migliora gli indici di capitalizzazione.
  • Dimostra la capacità di assorbire perdite senza ricorrere subito a nuovo debito.
  • Comunica impegno e fiducia dell’imprenditore nel progetto.
  • Migliora il rating creditizio: molti algoritmi interni lo premiano.

Quando il capitale è irrisorio rispetto ai volumi d’affari, il messaggio del sistema bancario è: “Se gli stessi soci rischiano quasi nulla, perché dovremmo farlo noi?”

Quindi, se vuoi crescere o rinegoziare condizioni con la banca, chiediti prima quanto sei disposto a rafforzare il capitale sociale. È un segnale di credibilità.

Inoltre, la gestione del circolante è spesso sottovalutata. Negoziare con fornitori e istituti di credito, ridurre scorte e crediti clienti, liberare cassa: non è solo un compito di chi lavora in amministrazione, è ossigeno per l’EBIT.

  1. Ripensare il modello di business

A volte non basta limare: bisogna cambiare pelle. Quando il settore è diventato una guerra di prezzo, se la tecnologia ha spostato il valore altrove, dobbiamo chiederci: “Quello che vendo oggi sarà profittevole fra tre anni?”

La risposta può fare paura, ma ignorarla significa erodere l’EBIT fino alla crisi.

  1. Mentalità imprenditoriale: uscire dalla comfort zone

La comfort zone del “abbiamo sempre fatto così” è il peggior nemico della redditività. Oggi occorre chiudere attività non redditizie, cambiare strategia commerciale, cercare nuove alleanze, magari con gli stessi concorrenti di ieri.

La vera sfida è accettare la realtà senza alibi, avere il coraggio di porsi domande scomode: È il momento di smettere di “sentire” l’azienda e iniziare a misurarla, partendo dai numeri essenziali.

La frase su cui riflettere

“Se lo puoi misurare lo puoi gestire”, Peter Drucker- padre del management moderno.

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